Addizione al libro delle donne illustri di Boccaccio

Giuseppe Betussi

 

Capitolo I

ADDIZIONE DI M. GIUSEPPE BETUSSSI FATTA AL LIBRO DELLE Donne illustri dal tempo del Boccacio fino a' giorni nostri, con alcune altre state per innanzi.
Di Galla Placida figliuola di Teodosio Imperatore. Cap. I.
Benche l'animo mio sia di seguir solamete l'opera del Boccaccio, e ripigliandola, far memoria non di tutte, ma d'alcune donne le piu illustri, che sieno state dopo Giouanna Reina di Gerusalem, e di Cicilia fino a' giorni nostri, nondimeno il valor di costei e d'alcuna altra appresso m'ha sforzato, ch'io non la lasci fuor del numero di queste. Alla quale, quan to sia tenuto il bel nome Latino, chiaramente si potrà conoscere dalla degnità rimasa a quello, per mezzo suo.E se l'Autore non l'ha altrimenti ricordata, non può esser proceduto, che per difetto di memoria. Imperocche, si come ha donato all'eternità il nome d'Elena, che fu cagion della rouina di Troia, e di molt'altre prouincie, non è da credere che auebe lasciato indietro questa, che ha conseruato l'Italia. Galla Placida fu figliuola di Teodosio Imperatore chiamato il vecchio, e di Galla sua moglie, la quale nel CCCCXII. nel primo giorno d'Aprile che i Gotti presero Roma, che fino allora auea tenuto sotto il giogo tutto 'l mondo, piu con la fame, che con l'armi, fu allora, quando, come scriue San Girolamo, in quello assedio le madri furono sforzate da necessità man giare i figliuoli, presa insieme con alcuni altri prigioni, e bene dico alcuni. Perche la maggior parte era morta, e tuttavia trascorrendo quei Barbari popoli con occision grandissima per tutta terra di Lauoro, Basilicata, e Calauria, auuenne che Alacrio della famiglia de' Balti, nobilissima tra i Gotti, e primo loro Re infermò quell'anno istesso in Cosenza città di Calauria, doue morì: del quale non mi pare di tacer le superbe esequie. Imperocche i suoi fratelli fecero volgere altroue il fiume Bisento, e asciugarsi il fondo: e fatto seco, cauando molto in giu la terra, iui seppellirono in una bella sepoltura il corpo d'Alacrio, con infinito tesoro, e poi ritornarono il fiume al solito corso suo, ammazzando tutti quelli, che in quest'opera aueuano affaticato, acciocche non si sapebe mai in qual parte fosse stato il lor Re sepolto. A costui successe Ataulfo suo parente della medesima famiglia de'Balti, il quale, essendo bellissima Placida, la tolse per moglie, e in Imola celebrò le nozze molto sontuose, e magnifiche. La cagione, per la quale costei sia stata molto famosa, e meriti d'esser commendata, non è per questo, ma per quello, che ora m'apparecchio di dire. Im perocche Ataulfo, ebendo deliberato di volere in tutto rouinar Roma, e spianarla, con animo d'edificare iui una nuoua città, e chiamarla Gottia, lasciando che gli altri Re e Imperadori, che succedebero dal nome suo si dicebero. Ataulfi, come da Augusto si chiamauano Augusti, e già auen doui dato principio, Placida molto amata dal marito, tanto operò con bei modi, che gli leuò di cuor questa opinione, e di piu lo condusse a far pace col fratello Onorio, opera veramente degna di maggior eternità, che non è la penna mia, auen do conseruato quella principal città, della quale è uscito la nobiltà e l'eccellenza del mondo, e in cui era restata la dignità di tutti gl'Imperi. Stato Ataulfo tre anni Re di Visigotti, e in questo tempo rotta la pace tra Onorio e quello, Costanzo Conte nobile Romano, fatto suo Capitano, ridube a tal termine Ataulfo, che, fuggito di Nerbona, si ricouerò nell'ultima Spagna: doue volendo rifar l'esercito, fu da' suoi soldati ammazzato, non per altra, cagione che quando poteua per li prieghi di Placida no volle rouinar l'impe rio Romano, al quale costei hebbe tanto amore, e cotanto riuerì l'Italia. Intanto essendo stato Costanzo Conte già dichiarato Cesare, Onorio gli diede Placida sua sorella per moglie, de'quali nacque Valentiniano terzo, che ancora garzone successe ad Onorio, e fu fatto Imperadore. Ma morto il marito, ed essendo stato da i cittadini Romani ammazzato Onorio, ella insieme col figliuolo picciolo, non si tenendo secura, se ne fuggì a Rauenna: doue riceuuta con grandibimo onore, come trionfante, entrò nella città, la quale, si come era ornata di prudeza e magnanimità, cosi s'a doprò, che da tutti fu tenuta, e riuerita da Imperatrice, e di molti edifici ampliò la città, e aggrandì le mura di quella: dimaniera, che tutte quelle antichità, e di monasteri e d'altri edifici no tabili, che si veggiono in Rauenna, furono da lei ordinati, e tra gli altri quella superba chiesa ch'e ra appresso la porta che si chiama d'Artemedulo, col figliuolo Valentiniano, già creato Imperadore, fece fondare, adornandola di ventiquattro colonne di marmi preziosissimi, e di molte altre pietre, di non poco valore, consacrandolo al beato nome di San Giouanni Euangelista. In Costantinopoli medesimamente fece edificare di superbissimi edifici, e grandissimi tempy, ne meno si deue dire, che fosse Augusta, che santa. Infinite altre cose degne di memoria, e notabili in ogni grande Imperadore fece, le quali essendo manifeste, lascerò da parte, potendosi chiaramente da queste considerar la grandezza del valore suo. Morì in Rauenna ne gli anni del Signore CCCCXLVI. al tempo di Lione di questo nome Pontefice Romano primo, e iui fu sepolta.

Capitolo II

D'Ildegarda donzella d'Alemagna. Cap.II.
Douendo essere ad ogni spirito degno grate l'o pere virtuose, meritamente piu tosto sarò lodato, che biasimato, non d'auer con douuti meriti di parole adornato le virtù di costei ch'io son certo di non ne poter dire a bastanza, ma d'auere almeno ricordato anch'io il nome suo: Ildegarda di nazione Alemanna fu donna di grandibimo spirito, e molto letterata, ne solamente ebbe cognizione modestamente delle lettere tanto, ch'a sofficienza potesse intender le cose, ma ebbe molto profondità in filosofia e Teologia: nella quale quanto sia stata eccellente, oltre che si può anche vedere per lo conto, che ne tennero molti Pontefici, Imperadori, e principi al tempo suo, tra' quali fu Eugenio terzo, Anastagio quarto, Adriano quarto, e Alebandro terzo Pontefici massimi, che piu volte la pregarono e confortarono a scriuer sopra la sacra scrittura: e che molto l'onorauano, ne rendono chiaro testimonio molti libri pieni di Cattolica dottrina, da lei composti, e scritti. Si degnò delle lettere sue il beato Benedetto: diede risoluzione spedita sopra xxx. Questioni di Teologia. Scrisse le vite di molti eccellen ti, e valorosi huomini, che sono stati pien di virtù. Compose sopra il sagramento dello altare: fece l'annotazioni sopra cinquanta Vangeli. Oltre di ciò, in medicina scribe la natura de' semplici, e de' compositi di quelli, che giouano ad una infermità, e all'altra. Fece molte epistole, e versi in diuerse materie spirituali, per le quali molto risplendette di grandezza di stile, e nella purità del parlare: compose anche sopra la disciplina di Benedetto. Le quai tutte cose furono cosi ec cellenti, e senza difetto, che essendosi lette nel cocilio Treuerense, al tempo d'Eugenio terzo, quelle cose, che apparteneuano alla Religion Cristiana, col testimonio dell'autorità ecclesiastica, furono approuate: onde si mosse poi Corrado terzo, e Federigo primo imperadori a scriuere a questa Ildegarda con gran riuerenza. Riguardino ora questa femmina barbara, e straniera gl'inteletti Italiani, e cosi quelli, che solamente lodano l'antichità Romana, risguardino dirittamente costei ne piu sprezzar l'età nostra, che non credo, con buona pace d'ogn'uno, leggersi mai piu altra appo tanti Pontefici, e Imperadori, grandi principali di tutta Cristianità, essersi ritrouata. Risguardino pur quanto fanno. Se mai appo Latini o Greci hanno ritrouato donna di spirito cosi sa puto, che senza dubbio è dignibima di essere preposta a tutte l'altre. Ebbe anche questa grazia dal cielo, che fu come una Sbilla: predisse molte cose in generale, e particolare, che secondo i detti suoi, successero egualmente. Per tanto ho giudicato ebere stato opera lodeuole cosi breuemente del nome di costei auer fatto memoria.

Capitolo III

Di Geisilla, o ver Galla Reina d'Ungheria. Cap. III.
Gesilla merita, benche non sia giunta a la me moria degli altri questa famosissima donna, che venuta alla mia, non i stia senza ricordo, benche il nome suo da se sara sempre eterno: della qua le non voglio dar sentenza, che auanzabe tutte le altre, ma ben voglio dire, che di fede, bontà, prudenza, e Cristianità le pareggiabe. Geisilla o uero Galla illustrissima Reina, figliuola d'Ottone Duca di Sassogna, sorella d'Arrigo, prima Duca, e poi, di quel nome, primo Imperador Augusto, fu moglie di Stefano primo re d'Ungheria, dalla quale uscirono molte opere degne di memoria, e magnanimi fatti: tra i quali fu quel notabile, e glorioso, che ridusse il Re Stefano suo marito, e tutta l'Ungheria alla fede di Cristo: la cui Istoria, come che sia da piu diuersamente scritta, non dimeno in ciò ci sforzeremo di seguitar quelli, che con veri argomenti, e ragioni piu chiare, di questa Cristia nissima Reina hanno fatto memoria. Era questa Reina Geisilla, come fu anche Arrigo Augusto suo fratello, tra l'altre cose, d'ingegno cosi piaceuole, benigna, e piena di grazia diuina, che spesse volte, per amor di Cristo lasciaua la grandezza reale, e la dignità del grado: e quasi sempre ragionando verso i suoi sudditi della virtù, e parola d'Iddio con ottimi esempli, e con benefici, gli allacciaua, faccendosigli beneuoli, e parziali: e questo acciocche con piu ageuol mezzo potesse ridurre a buon fine il desiderio suo, tutto inclinato a Cristo. Ed essendo sapientissima, e da ognuno, come cosa diuina riguardata, non solamente appo il Re Stefano, ma anche da tutti i principi, ba roni, Signori, e gentilhuomi del Regno, era tenuta in grandissimo pregio. Onde incominciarono molti, ascoltandola, per la grandissima virtù, ch'era in lei, a mettere in esecuzion i comandameti suoi. E infiniti, presi dalla potenza della parola d'Iddio, che dalla bocca sua usciua, pian piano andauano con gl'ingegni loro dirizzandosi alla via della verità, e lasciar la cattiua opinione della religion gentile, se religione si può chiamare il non credere in Dio, la onde tanto finalmente operò con le sue dolci e vere parole, e marauigliosi esempli, che condusse il marito, e tutti gli Ungheri alla fede di Cristo, e cosi i popoli di quei paesi, che fino a quel tempo erano stati lontani dalla cognizion di Dio, per mezzo della grazia di Cristo, ch'operò in lei, furono ridotti al porto della salute. Fu oltre di ciò in questa sagratissima Reina un certo ingegno diuino, e una certa forza così marauigliosa dell'animo, che ognuno, dal parlare, e dalla presenza sua, era vinto, e restaua preso. Ed esso Re Stefano, poiche fu fatto Cristianissimo, essendogli già per innanzi, quasi tutto 'l suo reame, come stato usurpato, e appena godendone parte, ridube a sua obbedienza molti popoli, e genti barbare, e riportò vittoria dì infiniti signori, e prencipi di quei paesi. Indi col consiglio di questa generosissima donna, molte nazioni congiunse insieme, prouuedendo di saldo, e fermo legame alle cose, ch'aueuano a venire. E tanto questi ottimi Re Stefano, e Geisilla, dopo che si ridussero alla fede di Cristo, ampliarono il loro Imperio, che di gran lunga diuentò maggior l'Ungheria: imperocche, pabato il Danubio, aggiunsero al suo Rea me, e gli Schiaui, e i Bossinesi, e i Seruy, o vero Rasiani, che già si diceuano thribali o uero Misy, e i Valachi, parte chiamati Geti, parte Transilua ni, e infino i Poloni, e tutte queste nazioni piu senza armi, che per forza furono qsta diuinissima Reina soggiogate, la quale tra gli altri suoi figliuoli ebbe Emerigo, che successe al padre, e non po co conferuò, e ampliò lo stato, in tutte le azioni dimostrandosi Cristianissimo, e valoroso. Visse Stefano trent'otto anni, ma Geisella giunse alla uecchieza, e morì negli anni di Cristo cmxcviii. La cui memoria e infinito valore oggidì uiue ciarissimo, e riuerito.

Capitolo IV

Di Rosemonda figliuola di Comun do Re degli Zepidi. Cap. IIII.
Quanta dignità si perdesse, la presente fatica del nostro Boccaccio ne fara fede in parte questo Capitolo di Rosemonda, il quale non ad al tro fine hò posto dietro a questi tre, eccetto che per essere ricordato dall'autore nel capitolo di Brunichilde Reina di Francia, doue mostra d'auer fatto menzion di lei, e della Cirenese Arsione: e nondimeno, ne dell'una, ne dell'altra vi si contiene alcuna memoria. Di qui si puo chiaramente comprendere da quante mani sia stata l'opera sua, e da quante dissipata, di sorte ch'era venuta a tale, che non pareua piu sua, anzi non era tenuta, auendosi altri, dopo lui, usurpato il nome di quel lo. Ma ne sia per ora detto assai. Rosemonda fu figliuola di Commundo Re degli Zepidi, al tempo di Teodoberto Re di Francia, degna di ricordo piu tosto per le sue disgrazie, che per alcuno altro de gno fatto di lei. A costei per mano d'Albuino, Re de' Longobardi, fu in una guerra ammazzato il padre, e per piu superbia leuar la testa; e postala in cima d'una lancia, la portò alquanto per l'esercito, indi del teschio, di quella fece fare una tazza guarnita d'oro, nella quale a qualche gran conuito, e ne' solenni mangiari era usato di bere. Poi tolse Rosemonda giouane bellissima per sua moglie, e cosi, non vi essendo altri di quel cep po, restando gli Zepidi senza gouerno, s'estinse allora il nome loro. Pabato Albuino in Italia prese Vicenza, e Verona a patti, ed ebbe anche Milano, il quale sacheggiò. Ma, non se gli volendo render Pauia, vi pose l'assedio, il quale vi durò tre anni continui, al tempo di Papa Benedetto, che successe a Giouanni, nel xy.anno dell'Imperio di Giustino il giouane: alla fine, non potendo piu tenersi Pauia, fu finalmente presa, della qual vittoria Albuino si rallegrò molto e andato a Verona, doue auea posto la sua sedia, ordinò un solenne conuito, nel quale volle, che Rosemonda beuesse ad ogni modo in quella tazza, fattta della testa del padre di lei: di che ella s'attristò, e di maniera si dolse, che deliberò vendicare il padre. Era nella sua corte un certo bel giouane, e nobile longobardo, chiamato Elmechilde, molto fiero nell'armi. Costui amaua una donzella di Rosemonda: di che essendosi la Reina accorta, operò in modo, che colui si ritrouò a giacer con esso lei, in luogo della donzella: e datasegli a conoscere, l'esortò, che volesse, ad ogni via, ammazzare il Re, minacciandolo dall'altro canto, che se non lo faceua, l'accusarebbe d'auerla voluto sforzare. Per queste ragioni Elmechilde si lasciò condurre nella camera del Re, e ammazzò Albuino. Ma sforzandosi poi Rosemonda di far Re questo suo amante, non vi volendo ac consentire i longobardi, ma di piu auendo in animo di far morire amendue per lo meglio se ne fug gì con Elmechilde, e con una fanciulla detta Alsuinda, sua figliuola e d'Albuino, e con tutto il suo tesoro, a Ravenna, doue riceuuta da Longino gouernator di quella con molto onore, vi dimorò per alcun tempo quieta. Ma l'incostante donna per leuarsi anche Elmechilde dinanzi, e toglier forse Longino, che la tentaua, per marito, nell'uscire d'un bagno, che questo secondo marito faceua, gli diè bere d'un certo liquore auuelenato: il misero, beuuto che n'ebbe la metà, cominciando sentirsi a commuouer tutti gli spiriti, e auuedendosi, che l'avea attossicato., porse l'auanzo alla moglie: la quale ricusando quella beuanda, come che non n'auebe bisogno, egli la costrinse col pugnale e in mano a berla tutta, e cosi morirono amedue infelicemente in un medesimo tempo. Tale fu il fine di Rosemonda, per questa opera giunta alla memoria nostra, la quale se altro non auesse curato, che vendicar la morte del padre, e con piu degno mezzo meritamente se le conuerebbe piu degno ricordo.

Capitolo V

Di Bianca figliuola d'Antonio Rosso. Cap. V.
Fin qui per lecite cagioni, al giudicio mio, mi son mosso a far memoria, senza seguitar l'ordine, di Placida Ildegarda, Gisilla e Rosemonda, ma di costei vera pietà, e amore mi stringe e vuole, ch'onesto, non che lecito sia, che piu resti il merito della castità sua a volar per bocca de gli huomini, e a esser nuouo specchio di pudicizia alle Donne, essendo questa la principal virtù, non solamente che le rende onorate e illustri, alla quale son tenute: la onde, per ciò, tra tutte le Romane, il nome di Lucrezia durà eterno maggiormete che costei di pudicizia d'animo, non solamente aggua gliò, ma di gra lunga trapassò la figliola di Lucre zio Spurio, la qual cosa che cosi sia stata, il giudicio di chi leggerà, faccendo paragone dell'una, e dell'altra, ne darà la sentenza. Nel tempo ch'Ez zelino da Romano, crudelissimo Tiranno, che appresso l'altre scelerità, per questa anche puo dirsi che fobe figliuolo del Demonio, già tiranneggiaua tutta la Marca Triuigiana, e tutta via si diponeua d'acquistar l'Italia: e insignorito delle città, oltra Po, e sottoposto Trento, cacciò di Brescia, con l'aiuto d'Uberto Pallauicino Signor molto potente, tutti i guelfi, e assediò Mantoua: doue disperato di potere auerla, ritornandosene a Verona, e intendendo, che Padoua se gli era ribellata, con gran crudeltà fece morire dodici mila padouani, ch'auea seco; ritornando verso Padoua; peruenne a Bassano, terra posta appie della Brenta, pur di detta Marca, che fu l'anno MCCXXVI. doue fu una donzella chiamata Bianca figliuola d'uno Antonio de'Rossi giouane molto bella di cor po, e vie piu d'animo quell'anno stesso maritata in un Batista della Porta, da lei, piu che se medesima, amato. Ebendosi, come ho detto, non solamente Padoua, ma anche molte altre terre ribellate, Lassane si deliberarono, a persuasion del marito di costei, huomo di molto potere, di non riceuer dentro Ezzelino, tanto piu, che per innanzi v'hauea usato di mali portamenti: e come che' considerassero il luogo da se non esser bastante di poter resistere, nondimeno, la speranza che aueano, non bisognare ad Ezzelino, in cose di cosi picciol momento, perdere il tempo, e la fatica, fece che diedero effetto alla deliberazione. Ma giunto iui, auuenne tutto 'l contrario. Imperocche deliberando egli entrarui, incomincio con iscale, e altre macchine a fare che i suoi soldati salisser le mura, la onde il popolo spauentato, deliberò d'aprigli le porte, e chiedergli mercede. Bianca non come pau rosa femminella, ma quale ardito guerriero, tutta via combattendo, e gittando dalle mura, insieme col marito, e altri cittadini sassi, acque bollen ti con calcina, trementina, e simili altre cose, addosso de'inimici, udendo questo, con forte animo, e con tante ragioni leuatasi dalla parte dou'era, e andando d'intorno la terra, di maniera s'adoperò, che fece conoscere a' terrazzani, che se si arrendeuano, erano tutti mandati a filo di spada.Onde tutto quel giorno fortemente si tennero. Ma venuta la notte alcuni, che guardauano una porta tolsero dentro Ezzelino, e i nemici il quale, fatto pigliare Batista, e la Bianca, come capi, l'uno nel cospetto suo fece crudelmente morire, e volendo fare il medesimo dell'altra, tanto fieramente s'ac cese della bellezza, e valor suo, che cangiato l'odio in amore, deliberò di farsela amica. Ma tutti vani furono i pensier suoi. Imperocche, ne per prieghi, ne per minacce, non potè mai piegar l'animo castissimo della fedele, e dogliosa moglie, che tutta via dimandando la morte, si per conseruar la pudicizia, come anche per seguir il marito, no veggendo riparo da poter seruarsi contra il fiero tiranno, si gittò d'un 'altissimo balcone in terra, ne per ciò morta, ma fiaccatosi un braccio, e una spalla, fu da lui fatta raccogliere, e medicare, fac cendola con grandissima diligenza guardare, deliberato ad ogni via di adempir lo sfrenato desiderio suo. E partito il di medesimo, stette alcuni giorni a ritornare, indi venuto, e risanata gia l'ad dolorata Bianca, non giouando a lui via alcuna, per piegarla, deliberò per forza sfogar la sua lus suria: doue fatta legar la giouane sopra una tauola o altro che si fosse, adempì l'ingorde sue voglie. Fatto questo, la lasciò, ne mai piu vi ritornò. Imperocche partito per Lombardia, e leuatosi dall'amicizia, e lega sua Uberto Pallauicino, che s'era insignorito di Cremona, Piacenza, Pauia, Crema, e molt'altre terre, ferito, al ponte di Cassano fu fatto prigione, e condotto à Soncino, doue miseramente finì i giorni suoi. Ma ritornan do all'infelice Bianca, partito subito il fiero mostro, come la forsennata Ecuba battendosi il petto, graffiandosi le gote, e stracciando i capelli, chia mando continuamente il nome dell'amato marito, e tenendosi non piu degna di uiuere al mondo se ne corse alla sepoltura di quello, e iui, fatta leuar la pietra, vi si gittò dentro: e lasciatasi cadere sopra il puzzolente corpo, come se fosse anche stato con lo spirito, gli chiedeua perdono del commesso peccato a forza: ne schifandosi punto del puzzo, baciaua, e bagnaua di lagrime quello, gridando ad alta voce, e supplicando che non si sdegnabe d'accettare appo di se quel corpo, che il tiranno auea macchiato d'impudicizia. E tutta uia pregaua quanti le erano d'intorno, che le porgebero un ferro, con cui pagasse la pena del commesso peccato. Io sono stata cagione, diceua ella, che per serbar la libertà, tu sy andato nelle mani del tiranno, che crudelmente t'abbia ueciso stata son'io quella cagione, che tu mi sy stato tolto, e del peccato mio hai capito il non meritato supplizio. Non è possibile, che s'io non lauo il peccato col sangue, che la coscienza mia resti pur gata. Onde non veggendo altro partito di poter pagare il debito della sua coscienza da se leuando via, per forza quei puntelli, che tengono leuate le pietre che cuopionte sepolture, chinando ui sotto, e fra mezzo il capo tutto se lo schiacciò, e cosi rese l'anima al cielo, e il corpo alla terra, appresso quel del fedel marito. Tale fu la morte della casta, ed onestissima giouane, la quale no giu dico, che punto sia stata inferiore alla moglie di Collatino, ma certamente superiore. Imperocche Lucrezia per tema di morire con perpetuo nome d'infamia, si lasciò guidare a compiacere a Sesto Tarquinio con animo di lasciar dopo la morte sua, eterno nome di pudicizia. Bianca, senza questa ambizione, senza rispetto di marito, che già era morto, nelle mani di un cosi crudel tiranno, volle piu tosto gittarsi d'un balcone, che perder la castità sua, ch'ultimamente legata a forza, conuenne lasciare. Lucrezia, nel generoso suo atto, mostrò d'auer piu caro il lasciar di se buon nome, che morendo casta d'animo, e di corpo dar di se dubbioso pensiero. Bianca, cercando tutta uia la morte, diede indizio, che cosi d'animo, come di corpo, fobe casta. Lucrezia forse si condusse a darsi morte con animo, che ciò non faccendo la conscienza sua appo il uiuo marito, altrimenti non restabe purgata. Bianca, senza questo rispetto, di gran lunga, con minor rispetto, volle appo il morto marito restare. Il peccato di Lucrezia fu col corpo, e non con l'animo, quello di Bianca si puo dire che non fosse ne di spirito ne di corpo, perche l'infelici membra, e la ben nata anima, tra mille spade, non pauentò la morte, ma legata, non potendo difendersi, adempì le fiere voglie del immanissimo Nerone. Dall'altro canto, faccendo paragone della grandezza de'Romani, non è marauiglia, se tra le donne loro, che nasceuano con gli animi nobili, si trouasse una Lucrezia: mi marauiglio bene, che non ne fobero molte. Ma considerando a'tempi nostri, ne' quali ogni di piu le virtù mancano, e i vizy crescono, è bene stato miracolo, che si sia trouata una donna di tanta perfezione. Imperocche infinite aurebbon voluto, anche per ciò merito infinito di piu dell'altre, faccendosi scudo di questa ragione, che la forza, e la necessità è sottoposta ad ogni cosa. Misere quelle, che dirittamente non purgano la sua coscienza: perche la vera candidezza, e bontà d'animo, non consiste nell'apparenza de'giudicy altrui, ma nel piu interno del tuo cuore. Esamina nella tua coscienza tutte le cose, che conoscerai veramente le buone, e le triste. Ma il mondo è così corrotto, che non è marauiglia, se anche poco l'onore è apprezzato. Cosi costei, tanto piu è da commendare, e da esser tenuta illustre, quanto in simili azioni il numero delle pari sue è minore. Auessero cosi possa le parole mie di farti viuere nella memoria de gli huomini, e nel cuor delle don ne, come il tuo nome, tra quanti degni, e pregiati , sono stati dalla creazion dell'huomo, fin'ora merita il primo luogo: e come alle sacre ceneri, e alle reliquie di quelle beate oba si conuerrebbe al tra memoria, che di Mausolei. Specchinsi in te le donne del tempo nostro, che vedranno quanto sia da riuerire, e amare il nome della santissima pudicizia, quanto da esser tenuto caro, e piu d'ogni altra cosa stimato. Specchinsi con qual fede anche si debba amare, e fare onore a'mariti in morte, che si sono riueriti, e onorati in vita. Meritissimamente adunque m'è paruto, che sia stato onesto ricordare il nome di costei, e indegna cosa aurei fatto, non faccendo memoria di questa Bianca, veramente candidissima, e degnissima colomba, e pura Angioletta.

Capitolo VI

Di Batista Malatesta prima. Cap. VI.
Da costei, per seguir l'ordine mio proposto, donna al tempo suo molto Illustre hò voluto far principio: come che anche viuesse al tempo d'esso Boccaccio. Batista Malatesta, prima di questo nome, fu figliuola di Guido di Montefeltro chiarissimo signor d'Urbino, moglie de Galeazzo Malatesta signor di Pesero, e tra le donne di quel tempo, famosissima. Costei fu bellissima di corpo, e molto piu d'animo. Imperocche, oltre che fusse ornata, non di signorili, ma di reali costumi, ebbe non poco, a' cuore la religion Cristiana. Fu d'ingegno quasi diuino, e delle lettere molto capace: di maniera ch'ebbe un parlar cosi puro, e netto, si nel latino, come nel volgare, che fu tenuta di gran lunga trapassare ogni altro che si ritrouasse a quel tempo. Fece assaissime Orazioni Latine molto belle e piene d'artificio, e all' Imperador Sigismondo, e a molti Cardinali: delle quali, parte ella steba ne recitò, con tanta grazia sua e marauiglia d'ogn'uno, che fu tenuta un nuo uo Demostene. Ma di più, non fu ne anco senza cognizion di buona Filosofia. Imperocche di lei si truouano molti argometi fatti, per confondere al cuni che disputaron seco in Filosofia. Ebbe molto nel cuore i precetti diuini, e sopra la sacra scrittura, compose un Libro della fragilità umana, e uno della vera religione, latinamente. Scrisse an che molte epistole a diuerse persone, nelle quali si conosce la purità, e la pulitezza di quelle, e il va lor suo. Fece una orazione a Papa Martino, nel la quale magnificamente loda il suo pontificato, desiderato allor da ognuno, insieme con la felicità di quel sacerdozio, della quale fu tanto l'ornamento, che oltre che Papa Martino, e tutto il Col legio de' Cardinali, infinitamente la lodassero, egli stesso, in una sua epistola, ne fa ricordo. Scrisse anche questa illustrissima donna, molte altre cose, le quali mi par vano di ricordare: oltre che la maggior parte il tempo ne debbe auer consumato. Fu anche tenuta donna di gra giustizia, di non poca clemenza, e pietà, e auuezza a far di molti benefici. Da infiniti huomini dotti le furono scritte di molte epistole, a tutte le quali rispose. Molto fu riuerita dal Petrarca, che anche le scrisse un volume, nel quale l'esorta a continuar negli studi delle buone lettere. Poco si curò ella di ricchi vestimenti, ne d'andar molto pomposa, e in tutte le cose tenne la via di mezzo: perché in queste cose non giudicaua eber la dignità delle donne: ma il principal suo studio era nell'opere pie, e poi in riuolgere i libri, doue consiste la vera gloria del donnesco sebo. Con maggior prudenza gouernaua lo stato, e i sudditi, che il marito: di che fu sempre da quelli tenuta in gran riuerenza. Non ebbe altri figliuoli, che Isabetta, che fu poi maritata nel signor di Camerino. Dopo la morte del marito vibe alcuni anni onestamente, e pudicamente in vedouanza: finalmente si fece Monaca nel monaster di santo Urbano, dell'ordine di santa Chiara, doue finì il resto de'giorni suoi. Molti altri esempli fece di buon'opere, chè lungo sarebbe a raccontare. Per le quai cose meritamente questa Batista è stata dignissima d'auere onorato luogo tra le donne illustri.

Capitolo VII

D'Orfina moglie di Guido Torello. Cap. VII.
Orsina moglie di Guido Torello Parmigiano, signor di molte castella, per suoi degni fatti, e meriti, merauigliosamente da lei oprati, merita, che di lei sia fatta memoria. Costei prima mente ebbe origine da' Visconti, nobilissima fami glia, e Duchi di Milano: e fu donna assai bella, no puto inferiore a quelle, che per ciò hanno acquista to eterno nome: fu molto animosa, cosi in parole, come in fatti: molto benigna, umana, e senza termine, generosa, e magnifica. Era liberale, secondo le facultà sue, spezialmente verso le donzelle, che per non auere il modo, restauano di maritarsi: e molto aueua a cuore l' opere pie. Oltre di ciò non poteua sopportar d'udire, non che vedere le donne lussuriose, e impudiche, e cosi gli huomini lasciui, e di vili costumi, Odiaua e puniua grauissimamente i bestemmiatori, gli scelerati, e le altre inique persone. Operò continuamente degne cose d'una donna illustre, viuendo sempre con buone opere, e miglior nome, in grazia del marito, e de'suoi sudditi: di maniera, che in tutta la Lombardia s'acquistò chiarissima fama. Di questa valorosa donna si potrebbono scriuere assaissime cose, e quasi incredibili, le quali lasciando da canto non mi pare di tacere alcune da lei fatte, per difendere lo suo stato, e coseruare a'suoi quello di Milano. Imperocche nata una grandissima guerra tra' Veneziani, e il Duca di Milano Filippo Maria, l'armata Viniziana venne all'incontro del Po, fino a Brescello, famosibimo castello del marito d'Orfina, e per forza lo prese: nel quale messe le guardie, subito anche ando d'intorno un' altro castello, pur suo medesimamente, posto sopra la riua del Po, doue l'assediò. Intendendo questo Orfina, che allora si trouaua in un'altro suo castello, lontano dieci miglia, subito, come animoso e forte Capitano, fece un'esercito maggior che potè e de' suoi sudditi, e d'altre genti: e armatasi, montando a cauallo, parlò con queste poche parole a'suoi soldati. Amici e compagni siate forti e di buono animo, perché ho deliberato non mi spo gliar di quest'armi, chio son vestita, se prima da noi non sono rotti, e vinti questi nostri nimici. Così dette queste parole, con no minor grandez za d'animo, che si legge auer fatto semirami, Rei na degli Abiri, contra 'l popolo di Babilonica, che se l'era ribellato, Orfina andò a leuar l'assedio da quel suo castello: e azzuffata con l'armata Vinitiana, con tanto valore, e fortezza l'assalì, che in poche ore tutta la ruppe: nella qual battaglia morirono da cinquecento Schiauoni, si dimostrò costei, combattendo, molto valorosa, ora qua, ora la discorrendo, e dando animo a 'suoi. So no anche alcuni che affermano di sua mano hauere ammazzato, in questo conflitto, molti soldati. Imperocche, auendo veduto alcuni de' suoi morti, per man de' nimici gli volle vendicare: cosi allora, senza pietà, gagliardamente ne mandò molti a terra. Per la qual vittoria non solamente liberò il suo castel dall'assedio, ma anche ricuperò Brescello. Onde di ciò giunta la noua al Du ca Filippo, e al marito, ch'era seco, furono fatti per tutte le terre grandibimi fuochi, e allegrezze, affermando Filippo, che per la virtù sua, e per lo ualor, ch'auea dimostrato questa fiata, non poteua far piu cosa, che le succedesse mal fatta, che per ciò ella ne meritasse biasimo. Molte altre cose potrei dire di quella Orsina, le quali, desiderando d'esser breue, le lascio addietro. Ebbe due figliuoli maschi Cristoforo, e Pietro molto famoso in armi, e una figliuola chiamata Antonia, che poi fu moglie del Conte Pietro Maria Rosso, non punto inferiore alla madre. Imperocche leuatesi le parti, e sedizioni in Parma, quella si ribellò al Ducato di Milano, essendo Duca Francesco Sforza: onde Antonia, partita da'suoi castelli, venne in Parma con molti armati, e ricuperandola, la restituì a Francesco Sforza. Fu adun que questa Orsina, per queste, e per le altre azioni, che di lei si posson considerare, donna molto famosa, e illustre: visse lungamente, e morì nel MCCCCLI.

Capitolo VIII

Di Gianna donzella Francese. Cap.VIII.
Gianna donzella Francese di nazione di Lorena, nacque ne gli anni del Signore circa MCCCCXXIIII. di parentado babo, e umile, nondimeno, in tutta la vita sua, fu molto generosa, d'animo invitto, coperò, non marauigliose ma incredibili cose. Costei primamete fu figliuola d'un pouero montanaro, e fino a' sedici anni, continuamente non fece altro, che attendere, ed esser guar diana di pecore e armenti: tutta via mostrò sempre d'eber di non picciolo cuore, imperocche, in tutto quel tempo, sempre, secondo l'occasioni, s'esercitaua nel corso, nel lanciar dardi, in seguir lepri, cerui, e altri animali. Spesse volte montaua sopra i caualli, e pigliando un'asta, faceua pruoua di romperla ne gli alberi, e per dire breuemente, mai non fu veduta stare in ozio, e non si esercitar valorosamete. La onde per questi eser cizy, diuenne molto robusta, oltre ch'era di picciola statura, di volto rozzo, di capelli neri, ma di tutto 'l corpo gagliardissima, e sempre conseruò la virginità sua pura, e netta, e in se continuamente mostrò grandibima onestà. In quel tempo Arrigo Re d'Inghilterra auea mosso crudel guer ra a Carlo Settimo Re di Francia, nella quale gli auea leuato una buona parte del Reame, e assediato Orliens, prima città del suo Regno, co grandibima forza tenendola astretta, dimaniera che Carlo non vedeua rimedio di poter leuarui l'assedio, e meno di soccorrerla, e perciò essendo quasi nella perdita sua per mancare ogni speraza del sostegno della Francia, se ne staua non poco afflitto, e molto addolorato, non sappiendo ritrouar ragione ne consiglio che giouasse, ne aiuto che ui rimediasse, o soccorresse, Auuenne, essendo le cose in questi termini, che stando a pascere, secondo il solito, Gianna le sue pecore, e armenti, venuta una gran pioggia, si ritirò al coperto sotto un certo capitello, doue addormentossi: quel che si fosse, o vision d'Iddio, o altro, che le si appresentasse, suegliata, lasciato iui il suo gregge, sen'andò in campo a ritrouare il re Carlo, e giunta al suo alloggiamento, ricercò dalle sue guardie, che la intromettessero dal Re, al quale da parte d' Iddio auea da ragionar di cose di non picciol momento, ma, sprezzata da quelle, era tenuta come pazza, e fuori di se, rimordendola, che vile pastorella, auesse ardire turbare un tanto Re; nondimeno tanta istanza lor fece, che mossi i camerieri, finalmente la introdussero dinanzi a quello: al qual giunta la giouanetta Gianna chinata riuerentemente a lui, e salutatolo da Re, non come fusse auuezza tra luoghi selvaggi, ma nodrita nelle corti Reali, in presenza di tutti i suoi baroni, parlò in questo modo. Cristianissimo Re, io Vilferua tua, lasciato il gouerno del mio gregge, del quale come pastorella era capo, per coman damento d'Iddio sono venuta a darti aiuto, acioc che ricuperi il tuo Regno, e t'auuiso, per voler diuino, che tu comandi ch'io sia fatta generale di tutto l'esercito tuo. Ne ti marauigliar ch'io garzonetta pouera, rozza, e vile, fussi venuta dinanzi a te, ne ardissi ricercare tal carico, se a Dio non fusse piaciuto, eleggendo cose basse; debili, e sprezzate, con quelle abbabar l'alte, forti e temute. Grandi manda fu questa, grandissime parole, e incredibile effetto ebbero, se si deue credere a piu d'una degna memoria. Onde il Re, riuolgendo tra se la grauità di quelle parole, subito marauiglioso, e senza muouer parola, dirizzò gli occhi verso i suoi baroni, che non meno di lui erano, come fuori di se, considerando tra loro di molte cose. indi sciogliendo la lingua verso la don zella dibe. Giouane ti concedo, che Iddio ti abbia mandato in mio aiuto, ma essendo fanciulla, femmina, e dell'arte della guerra non ammaestrata, come ti da l'animo di pigliare il carico d'un tanto esercito? Questo non è uficio tuo, ne peso d'una giouenile età, ma gouerno d'huomini pratichi, e molto valorosi. Si che ti ricordo, che molto bene auuertisca a quello che tu dici. Con volto, non punto smarrito, rispos'ella. Potentissimo Re, non indugiar piu. Iddio, che m'ha mandata, darà consiglio al tuo bisogno: non perder tempo, se hai cara la salute del tuo Reame. E acciocche tu intenda il vero, manda da parte ogniuno, che intenderai quello, che di piu t'ho adire. Fatto questo, parlando da solo a solo, il Re restato confuso, e marauigliato, subito la pubblicò generale dell'esercito suo. Marauiglia infinita, non piu intesa, e degna di gran considerazione, considerando tanti Capitani tanti principi, tanti baroni, ed il Re stesso, pratichi della guerra, essersi sottoposti sotto il gouerno d'una fanciulla di sedici anni, au uezza a reggere armenti; e non a comandare ad eserciti, e pur vedersi tutta armata guidar l'esercito Francese. la onde subito il Re Carlo, dichia rata che fu generale, le appresento armi e tutte laltre cose necebarie: la quale armata, postosi l'elmo in testa, lasciando andari capelli disciolti giu per le spalle, montando gagliardibimamen te a cauallo, parue a tutti non donna, ma animoso guerriero, mandato dal cielo. Indi andata subito con una parte delle fanterie verso Orliens, per leuargli l'abedio, e accampatosi il Re con la caualleria, e l'auanzo dell'esercito appresso il Rodano, assalì animosamente il nemico, e combat tendosi gagliardamente dall'una parte, e dall'altra, in quella giornata fu morto il generale dell'esercito del Re d'Inghilterra, e dodici mila Inglesi, e nello spazio di tre ore, ricuperò tre fortezze inespugnabili de' nimici. la qual cosa veduta, il Re mosse tutto l'auanzo delle genti, per liberar la città dall'assedio, e in termine di quattro giorni, cacciato 'l nimico, con grandissima gloria di questa donzella, la città fu libera, cosa da tutti tenuta piu tosto diuina, che umana. Tra gli altri che scrivono questo fatto, ne lascia memoria un certo Guiglielmo Guasco, allora regio Cameriere. Dopo questa vittoria, in otto anni continui, sempre fu vittoriosa de' nimici, e tre volte fece fatto d'arme general con quegli, e sempre ne riportò vittoria faccendo prigione, con grandissima sua gloria, e onore, un valorosissimo general d'Inglesi, il quale diede nelle mani del suo Re. Fatte queste magnanime cose, entrò Carlo trionfante con esso lei in Remes, doue da' suoi baroni, e principi, secondo usanza, fu coronato Re, con infinita allegrezza d'ogn'uno, e no poco onore suo, e della donzella: imperocche anche non auea pre sa la corona e essendo costume ad ogni Re di Francia di pigliarla iui e non altroue: per esserui tut te le cose ch'a quelle cerimonie s'appartengono, e onde per essere stata quella città assediata, e non libera, non potè fino allora esser coronato. Auendo adunque questa Gianna ricuperato quasi tutto 'l Regno tolto alla corona di Francia, dopo alquanti anni, pronosticò la sua morte, quale doueua essere: e finalmente in una battaglia presa da Inglesi, e con violenza menata alla città di Roano, e dal suo Re, e da loro accusata di malie, incanti, e arte magica, condannata al fuoco fu abbruciata, negli anni di Cristo MCCCCLVIII: e dell'età sua XXIIII. Questo fu il fine di cosi fat ta donzella, e con questo crudelissimo tormento, una donna d'inaudita, e tanta virtù, indegnamen te fu morta. Dopo molti anni esso Carlo, ricuperata la città di Roano, in quel luogo, doue fu abbruciata, per ricordo, e memoria di questa donzella fece dirizzare una altibima croce di bronzo e dorata. Indi il Re Lodouico, che poi successe al padre, sopportando troppo malamente la morte di questa giouane, ottenne da Papa Pio secondo, di mandar due inquisitori in Francia, che ricercando diligentemente, inuestigassero se innocentemente, o a ragione debitamente, per tali pec cati, fube stata morta questa Gianna. i quali giun ti in Francia, ed esaminati molti testimoni, fatti prendere due di que'giudici, e consiglieri che l'aue uano condannata, ritrouarono, che falsamente era stata accusata, e a torto punita: onde quegli stessi, che l'aueuano sententiata, furono puniti di quella medesima pena, e abbruciati, e di piu, di due altri, che anche prima erano morti, furono cauate l'ossa sepolte, e dal fuoco consumate: e in questo luogo, doue questa valorosissima donna era stata giustiziata, de' beni di quei giudici confiscati, fu fatto, in memoria della Gianna, un bellibimo tempio, non si mancando di reintegrar l'in famia leuatale a torto. Per quegli meriti, e marauigliose opere, ho giudicato questa donzella Gianna, meritamente essere da nouerar tra le don ne illustri, auendosi acquistato eterno nome. De' fatti di costei lungamente, e a pieno, ne fa quattro libri in verso Eroico un certo Valerando Varanio, tratti dalle Croniche di Parigi.

Capitolo IX

D' Isabella Reina di Napoli. Cap.IX.
Isabella prima in quest'opera, di questo nome, illustrissima Reina, moglie di Renato d'Angiò inclito Re, morì, co grandibimo onor suo, in Napoli, ne gli anni del Sig. MCCCCXLIX la qual vera mete, fra tutte le done del suo tepo, fu primamen te bellissima, di grand'ingegno, e di non minor gra dezza d'animo, giusta, clemente, con tutti umile, e benigna, religiosissima, e non poco valorosa, del la quale era tanto il rispetto, e tale la presenza, de gna, di riuerenza, e onore, che da molti fu piu to sto tenuta diuina, che mortale. Ed ebendo d'infiniti altri beni dell'animo marauigliosamete ador nata, d'incredibile prudenza era tenuta chiarissimo esemplo: e tra l'altre azioni sue lodeuoli, s'acquistò immortale, ed eterna gloria nel ricupe rare il Reame di Napoli, e nel gouernarlo. Egli è di bisogno in questo luogo di sapere, che essendo mancato il detto Regno, il Re Lodouico, e la Reina Giouanna, subito i baroni, e principali del Reame, mandar ono in Francia a chiamare il Re, Renato marito della Reina Isabella, e fratello del morto Lodouico, stimando di ragione, leggittima mente la corona douer restare a lui. Ma il Re Alfonso d'Aragona, intesa la morte della Reina Gio uanna, auea deliberato possedere egli questo Rea me, per essere stato adottato, e sostituito da essa morta Reina, successor di quella, e suo erede. E acciocche meglio potebe conseguir l'intento suo, incominciò prima a sollecitar con lettere il Duca Filippo Belgaro, che gli era parente, a chiamare a se ebo Renato, il quale prima era stato suo prigione, come che fossero molti anni, e l'auea rilasciato libero, sopra la fede di soldato che fosse obbligato, senza eccezione alcuna, ad ogni sua richiesta, di ritornare nel poter di quello. Onde nello stebo tempo, che Renato, a prieghi dello Aragona, chiamato da esso Filippo Duca di Borgogna, era in viaggio, per appresentarsi, allora anche, da gli ambasciadori de' principi Napoletani, era solecitato, che venibe ad accettar la corona del Reame di Napoli. Non di meno l'onorato Re, volle piu tosto mantener la fede promessa al Duca , che andare ad entrar in posesso del Regno offertoli. E incontanente andò da esso Duca di Borgogna, doue, per compiacere al Re Alfonso, alquanto tempo fu ritenuto in onesta prigione. La qual cosa intesa dalla Reina Isabella, dona di gradissimo animo, subito in compagnia del figliuolo Giouanni, seguita da molti nobilissimi baron Fran cesi, in poco tempo giunse nel Reame di Napoli, con una grandissima armata. Doue senza interuallo, con non poca allegrezza di tutti, fu gridata, ed eletta, di con sentimento di Napoletani loro Reina, e assoluta gouernatrice di tutto ebo Reame. Acquistato a questo modo dalla Reina Isa bella il titolo e posesso di cosi gran Reame, e come prudentibima, piena d'antiuedere, che di ragione, non le parendo cosa onesta, se femmina sola amministrare e gouernar il tutto, e anche per farsi beniuolo il popolo, deliberò, col consiglio di molti nobili baroni, eleggere il Senato a parte del gouerno, e cosi de' primi, e piu stimati del regno, fece una scelta, i quali tolse come suoi consiglieri, e amministratori in tutte le cose, fino a tanto, che il Re Renato, liberato, venibe a pigliar la corona. Era in questa donna una certa incredibile umanità, una dimestichezza piena di riuerenza, e singolar bontà, si nell udir le ragion de'sudditi, come i consigli de' prencipi, nelle cose d'importanza, che da tutti era riuerita, e secondo il voler suo si disponeua del Regno: di maniera che negli effetti era assoluta Reina, e nondimeno in apparenza mostraua, che si reggebe per gli altrui consigli. Oltre di ciò cosi nelle auuersità , come nelle prosperità, sempre visse co grandibima modestia, e costanza, ne per quelle turbandosi, ne per queste innalzandosi, ne in effetti, ne in parole, temendo, e ringraziando ogni ora Iddio di tutte le cose. Fu adunque illustre questa Reina Isabella in tutte le azioni, e reale essemplo, degno di memoria d'ogni perfezione. Intendendo adunque il Re Alfonso il Re Renato essere detenuto, e la Reina Isabella da Napoletani essere stata coronata, e messa in posebo del Reame, con una fiorita armata, entrato in mare, subito incominciò con crudel guerra a mettere in iscompiglio, e saccheggiar tutto 'l Regno. Onde la Reina Isabella medesimamente fu costretta, con ardito animo, mettere all'ordine contra 'l nimico, non picciola armata. Perche faccendo guerra amendue insieme, spesse volte questa valorosa donna restò contra 'l nimico vincitrice. Nondimeno utimamente auendole Alfonso tolto tutta la Puglia, e la Lucania, ch'oggidi chia miamo Basilicata, al quanto smarrita, incominciò a metter sotto, e faticare tutti i Signor Francesi, che operabero con prieghi, o a qualche via, che il Re Renato fosse liberato di prigione dal Duca di Borgogna. Dalle cui preghiere mosso finalmente Filippo, lo rilasciò libero: il quale, senza dimora, subito venne a Napoli con buono eser cito, doue non longamente potè goder della sua carissima donna. Imperocche d'indi a poco, con grandibimo dolor suo e di quello stato se ne morì.

Capitolo X

 

D'Angela Nogarola donna dottissima. Cap. X.
Angela Nogarola Veronese, fu donna dottissima, al tempo di Papa Pio secondo. Ne so lamente fu tenuta illustre, e saggia donna nella patria sua, ma in tutta la Lombardia e per tutta Italia, fu molto stimata, e apprezzata: i cui meriti volendo io particolarmente spiegare, non ne verrei cosi in un subito a fine, essendo tra tutte le cose che innalzano l'huomo, non che la donna la virtù, la principale, e di questa essendone non poco ornata costei. Questa Angela figliuola del nobilissimo Caualiere Antonio Nogarola, fu moglie del signor Antonio d'Arco, Donna d'assai one sta bellezza di corpo: la quale, sopra modo illustrò, con le sue meravigliose virtù dell'animo. Fu principalmente donna piceuole, benigna, modesta, piena di buon costumi, ma sopra tutto ornata di singolar pudicizia, nella quale, non solamente fu castissima, ma tenuta la castità stessa, ornamento veramente debito, e fra tutto pregiato dal le donne illustri, che, perduta questa parte, o solamento macchiata, a me pare, che 'l sole stesso, che da lume a tutte le cose, se con ogni forza sua spendesse in loro il suo splendore, non le potrebbe illustrare. Ma aggiunta a questa principal parte la dottrina, nelle lettere fu tenuta quasi un'oracolo. Ne ragionare mostraua un sapere infinito, incitar gli esempli daua indizio d'auer veduto quanti libri si possono studiare: e nel render ragione delle cose, d'auer dato opera a piu d'una scienza. Grandemente si dilettò questa donna della sacra scrittura, i misteri della quale piu volte spiegò, parte in versi, e in ogni sorte di verso, cosa non poca merauigliosa in una donna, e tra gli altri virtuosi esempli, che ci ha lasciato, con tanto artificio fece alcune Egloghe, che senza ingiuria si potè paragonare a Cornificia Romana, che secondo, che scriue San Girolamo, scrisse in versi cose sacre, e diuine eccellentemente, e al tempo suo molto apprezzate, cosi costei e centone, e altre sorti di versi marauigliosamente compose. Nell'altre cose, e virtù, che spezialmente s'appartengono ad una nobilissima donna, oltre che molto ne potrei dire, si rimettono alla conseguenza dell'union delle dette. Visse lungamente a quel tempo da tutto 'l mondo riuerita, e morì lasciando di se memoria a' successori.

Capitolo XI

Di Maria Marchesana di Monferrato. Cap. XI.
Maria figliuola di Carlo signor di Fusi, e ni pote del Re di Nauarra, maritata in Guglielmo Marchese di Monferrato. Fu donna di tanta virtù, di tanto valore, e di tanta liberalità, e magnificenza, che impossibile sarebbe poter descriuere appieno il vero. Primamente fu donna letterata , e molto le piacquero gli studi delle lette re, maggiormente dilettandosi delle sacre le cui lezioni non poco le erano a cuore,e tanto le auea nella memoria,che, in tutti i ragionamenti suoi, daua saggio di vera santimonia,e perfetta religio ne. Fu così umana, così benigna, così clemente, e finalmente tanto liberale, che sino da fanciulla, per tutta la Francia, non si ragionaua maggiormente d'altro, che della liberalità sua, la quale era tale in lei, che d'altro non si curaua, parendo le solamente d' auanzare assai, tanto quanto poteua dimostrar la benignità sua. Era tanto la dol cezza de' suoi costumi, la domestichezza, e l'umil tà di lei, che tutti erano tenuti come suoi fratelli, o sorelle. Sempre fu auuezza di conuersare fin che si maritò, con altre donne, e di sorte era piacente, e umana, che pareua fosse non figliuola d'un tanto prencipe, ma serua d'huomo priuato. Non posso fare, che dall'esemplo di questa illustre donna, e in onor di lei, non mi vergogni in nome di molte da' giorni nostri: le quali uscite di basso, è vile luogo, tolte si puo dir delle ville, e del filar la na, ebercizio tra noi piu meccanico che ci sia, che giungendo, non per meriti, ne virtù loro, ma per disgrazia, e iniquità della fortuna, usata per lo più, adoperar cose contrarie ad ogni debito, a qual che grado di dignità, e onori, non solamente sdegnano le pari sue, non si ricordando piu quell' che sono state, ma non pur ringraziano Iddio, ne riconoscono le maggiori di se. Queste veramente, oltre che danno indizio chiarissimo della qualità loro, se potessero vedere, e udir quello, che per le camere, e per le piazze di esse si ragiona: e come la maggior parte di quelli che l'onorano, in presenza, di dietro fanno le canzoni, non in biasimo loro, ma in onor del vero, o come si spoglierebbon l'orgoglio, la grandezza, e la superbia, e si vestirebbono d'umiltà, di gentilezza, e di buon costumi. O come piu giouerebbe a queste tali cantar col Poeta, lasso che son, che fui. O che lucente speglio sarebbon loro queste note. Sempre l'umiltà fu lodeuole, sempre la gentilezza fu apprezzata, o quanto son riuerite e innalzate le lodi, ch'es cono dal cuore, e dalla bocca di terza persona: o quanto sono sprezzate, e abbassate quelle, che da se medesimi vengono usurpate. Non è già l'opinion mia, ma de'piu saggi, che l'huomo o la don na di dignità, e grado, da se venga, di maniera ad abbabarsi, che si auuilisca, ma sempre la strada di mezzo si dee seguire, ma il peggio è, che la mag gior parte segue l'estremità della superbia, e altez za. Cosa che tutto 'l contrario fece la valorosa Maria, la quale tanto era riuerita, e tenuta cara, che partendosi di Francia, per venir di qua da' monti nel Monferrato, essendo menata a marito, assaissimi la seguirono volontariamente, in modo di trionfo onde in tutto quel suo viaggio sempre fu tenuta, onorata, e auuta in grandissima riuerenza. Non si potrebbe dire quante lagrime, e quanta doglia auessero quei popoli, vegen dola partire, e lasciarli: maggiormente i poueri, a' quali fu madre, sorella, proccuratrice, e ricordeuole. Piangeuano, che si partiua loro ogni suo sostegno, quella che gli aiutaua nelle loro necessità, quella che solleuaua i calcati a terra: quella che porgeuea conforme effetto alle sue speranze. Ma dapoiche giunse in Italia, e che furono celebrate le sue nozze in Alba città del Marchese al lora chiaramente dimostrò la grandezza, e magnificenza dell'animo suo. Perche essendo per par tirsi tutti quegli signori, e gentilhuomini, che l'aueuano accomoagnata, e ritornare alle case loro, che erano circa quattrocento, secondo il grado d'ognuno, non lasciò ch'alcuno si partibe da lei, senza dono, o di gemme, o di monili, o di simili altre cose preziose, di sorte, che non le restò altro, che una picciolina catena d'oro al collo, la quale portaua così per modo d'ornamento, accioc che alcuno non si partisse senza dimostrazion della liberalità sua. O gran magnificienza di donna, o chiaro lume di cortesia, e nobiltà, che fino al di d'oggi nel Piemonte, e in Francia viene ricordata con grandissimo onor suo. Ma appo il marito, punto non fu minor la gloria di lei: imperoc che quella bontà, e quella carità, e amore, di ch'era stata ripiena donzella, piu tosto crebbe, che mancasse pigliando la protezion d'ogni pouero bisognoso, non le essendo mai offerta pregiera alcuna, che non fosse subito esaurita, o che nel suo cuore non fosse collocata. Mai non fu ritenuta da alcun piacere, ne allegrezza di sorte, che si scor dasse i bisogni d'altri. Sempre auea seco buona co pagnia, e di donne nobili, e d'ignobili. E tanta fu la prudenza sua che come donna saggia, e accorta, auendo nella corte sua di molti gentilhuomini, e gentildonne, di maniera, e con parole, e con effetti si portò, egualmente che alcuno non fu, che no si stimasse molto apprezzato e contento di lei: ne però alcuno si conobbe, che fosse piu dell'altro apprezzato. Auuedimento, senza dubbio, d'accor tissima donna, che conosceua quale era lo stato del le corti. Se cosi sapessero fare i signori de' giorni nostri, non si sentirebbero tanto rammarichi de' poueri cortigiani, i quali, oltre che seruiranno, un signore, o piu tosto un di quegli che hano il no me solo, tutto il tempo della vita loro, senza pre mio saranno costretti da disperazione di veder es sere apprezzata, in fatti o in parole persona nuo ua, e di niun merito a pianger continuamente la consumata giouentù, i beni loro gittati via, per onorargli, e ultimamente mendicare in disprez zo della virtù il pane. Visse questa Marchesana Maria solamente tre anni col marito, del quale ebbe due figliuole, la prima chiamata Margherita fu maritata nel Marchese Lodouico di Saluzzo, ma nel partori la secoda per lo dolor del parto, morì negli anni di Cristo MCCCCLXIII. Ancora giouanetta, e ragioneuolmente con gran doglia, non solamente del marito, ma della sua corte, e di tutto 'l popolo, che alcuno non fu, che tenebe per questa morte gli occhi asciutti .

Capitolo XII

Di Gineura di Gambara. Cap. XII.
Leggiamo che Gineura, donna molto famosa, di nazion Veronese, fu figliuola del Caualier Lionardo Nogarola, gentilhuomo di non picciolo valore al tempo di Papa Pio, di questo nome, secondo, la quale, per le virtù sue e non solamente in Verona in Brescia, e in altri luoghi di Lombardia, e d'Italia, ma anche appo tutti i successori, dopo lei s'acquistò eterno, e immortal nome. Fu maritata nell'Illustre Brunoro da Gambara de' primi gentilhuomini Bresciani, onde diuenne, per bellezza, prudenza, e liberalità a tutto 'l mon do palese: oltre di ciò fu molto benigna, e con tut ti piaceuole: di sorte, che per la rarità de gli infiniti meriti, che in poche sono marauigliosi e in erano molti, da ognuno era riuerita e apprezzata. Aueua in se una certa riuerenza nell'aspetto, che riguardata da chi si volesse, lasciaua troppo merauiglioso disio d' amarla, con ogni douuto rispetto, e si come nel core era piena d'umiltà, e cor tesia, cosi anche di fuori quel medesimo dimostraua. Mai non sopportò, che debito d'onor conuenuto da altri a lei d'esser dimostrato partorisse prima in quegli, che in se l'effetto. Nelle lettere non poco fu esercitata, anzi molto, per ciò fu chia rissima, e da eccellentissimi, e dottissimi huomini ne fu ammaestrata, di che in molte scienze diede del saper suo non picciol saggio a' piu degni spiriti di quel tempo: e di questo ne fanno fede l'epistole sue scritte copiosamente, e piene di dottrina e sentenzia, il cui stile è tenuto graue, puro, e pieno di dolcezza: del quale non una donna, ma ogni studioso spirito se ne potrebbe gloriare. Nelle altre azioni sue, cosi pubbliche, come priuate, si come in questo fu eccellentissima cosi nell'auanzo era perfettissima e compiuta. Ebbe molto a cuore tutte l'opere misericordiose: visitaua spesso gl'infermi: porgeua aiuto a poveri: soueniua i bisognosi: e in conclusione non lasciò mai cosa, che s'ap partenebe a vero Cristiano: per le quali opere, ben chè non si debba gloriare d'acquistar merito appo Iddio, nondimeno si dee auer per fermo, che gli sieno grate, e accette, essendo noi tenuti per zelo d'amore, e carità, e per mezzo della grazia sua essendo degli eletti, d'operar bene. E per non descriuer particolarmente tutte quelle cose, che s'ap partengono in una illustre donna, di tutte le quali ella n'era ripiena, e di lealtà, e di Pudicizia, egli si può stimare, che in tutto fusse piu che a bastanza adornata. Visse i debiti giorni, e con non poco dolor d'ognuno, si come era vissuta lodeuole, e apprezzata, morì, lasciando di se eterno nome a'succebori.

Capitolo XIII

D'Isotta Donzella Nogarola. Cap. XIII.
Isotta donzella Veronese de'Nogaroli, sorella della sopra nomata Gineura, giouane dottissima e saggia morì vergine in Verona patria sua ne gli anni MCCCCLXVI. Costei prima deliberata da se di voler serbar la virginità sua, sempre volle restar senza maritarsi, e come che fosse molto persuasa dal padre a pigliar marito, e da molti ricercata, nondimeno, tanto a cuore ebbe castità, che non vi fu rimedio di piegarla da questo lodeuole suo proposito. E per rimuouer da se affatto l'ozio, e ogni molestia di nozze, che mai le potesse venire in fantasia, non essendo maggiormente cosa che piu possa incitar l'huomo, e la donna a cattiui pen sieri, che l'ozio, si diede tutta agli studi delle lettere, nelle quali fece tanto profitto, che veramente si può dire, che ritornasse in pregio l'antica lingua latina, e che non picciola degnità le accrescesse. Imperocche non solamente fu tenuta tale, che tra pabasse ogn'altra dal tempo suo, ma veramente si può dire, che giostrasse a paro co'piu studiosi huomini di quell'età. Fu tenuta in gran riuerenza, per l'ingegno nobile, per la sapienza infinita, per lo splendore e chiarezza della pura virginità, e per li frutti, ch'usciuano da quel diuino intelletto: conferma quello, ch'io lascio addietro dell'incredibile valor suo, l'esemplo dell'orazioni ed Epistole sue recitate e scritte ad alcuni Pontefici Romani, cio è a Papa Niccola, e a Papa Pio secondo, spezialmente in quel concilio, che fu fatto in Mantoua. Imperocche persuadeua, ed esortaua co fortissimi argomenti, e confermazioni di ragioni, talora il Pontefice, talora particolarmente i Reuerendissimi Cardinali, e tutto insieme il Collegio, e i Principi Cristiani contra 'l Turco, che cercaua di mettere al fondo il nome Cristiano, e la santa fede. Di stile poi, e inuezione fu rarissima, e molto stimata, di maniera che Niceno Cardinal Greco, famosissimo a quel tempo, e dotto nelle lettere Greche, e latine, vedute alcune sue orazioni, si marauigliò di sorte, che non potè restare, come un'oracolo, di non voler conoscer questa valorosa Isotta con gli uni occhi, si come con gli altri della mente auea conceputo nell'animo suo l'infinito saper di lei. Cosi, partito da Roma, se ne ven ne fino a Verona, per conoscerla, e vederla in presenza. La quale veduta, e udita, non solamente si confermò in lui l'opinione, ch'auea, ma crebbe di sorte, che la giudicò ebere non mortale, ma diuina. Non ebbe sola cognizione d'umanità, ma di Filosofia, e della sacra Teologia non fu poco ammaestrata. Fece un certo Dialogo con Luigi Foscaro Capitano del gouerno della città di Verona, huomo dottibimo, nel quale proponeua, se Adamo primo nostro padre peccò piu d'Eua, preuaricando il comandamento di Dio, ed ella difendeua Eua, ed egli Adamo: la qual opera fu molto rara, piena di Teologia, e di bellissimo stile. Faticò non voco l'ingegno suo nel testamenco nuouo, e poicche, e oltre che lo trascorse tutto piu volte, mostrò anche d'auerlo benibimo inteso. Ebbe santo Agostino, e San Girolamo molto familiare. Veramente non potrei appieno dire i meriti delle virtù di costei, che furono tali, e tanti, che rare si sono ritrouate, che poi sieno giunte a quel segno. Mori ne gli anni dell'età sua XXXVIII. Ilustre, e onorata, non solamente appo quell'età, ma anche molto ammirata da quegli, che sono dappoi venuti.

Capitolo XIV

D'Isabella Reina di Napoli. Cap. XIIII.
Fu Isabella Reina di Napoli, di questo nome, seconda, nipote del principe di Taranto, fu moglie del Re Ferdinando; e donna molto notabile, e ornata d'infinite virtù, la quale il Re Alfonso, per confermar meglio il Reame al figliuolo, co ogni diligenza, cercò di congiugnere col figliuolo, tratto dalle bellezze, e valor di quella, che non poco in quel tempo era apprezzata. Era primamen te bellibima di corpo, di presenza reale, e talmente si rappresentaua ad ogniuno, che senza altro era tenuta dignibima d'impero. Era benigna, pie na di cortesia, affabile, e a tutti gratiosa. Molto si dilettaua d'huomini dotti, e bene accostamati. Auea molto a cuore le donne sagge, e da beue, e non picciolo luogo aueuano nella grazia sua. Dalla sua corte erano cacciati gli huo mini ignoranti, scelerati, e di cattiui costumi, ma prima ripresi, tentando ogni via, s'era possibile, di fargli cangiar vita, cosa che tutta in contrario s'opera per lo piu al presente nelle corti, doue non solamente non sono ripresi, ne cacciati, ma hanno piu onorato grado: e quanto piu hanno per padre l'inganno, per madre la tristizia, tan to piu regnano appo quegli, che punto non sono dissimili di natura all'operazioni di questi tali. Ma la illustre Isabella, non solamente gli odiaua, ne curaua, anzi ricercando quelli contrari a questi, doue sapeua che fusse un' buom virtuoso, non riguardando a spesa alcuna, mandaua per lui, l'accarezzaua, e interteneua, e gli faceua conoscere quanto l'auea grato. Ne meno pouere donzelle, donne nobili d'animo, e di sangue, ma di beni della fortuna priuate, e pouere, erano raccolte da lei, souennute, e abbracciate: la religion diuina l'era a cuore, i buon costumi nell'animo, e negli effetti: la corte sua tenuta piu tosto un real tempio di castità, e santimonia, che stanza di lasciuie, e piacer carnali, come sogliouo essere non poche di queste dal di d'oggi, vestiua onoratamente: ma con ogni douuta onstà: in somma quello che si deue desiderare in ogni donna di sangue reale, e di costumi illustre, si trouaua in questa nobilissima Isabella. Costei prima, che in lei cadesse il nome di Reina, signoreggiò in Calauria col marito Ferdinando: ma poi che ebbe il nome di Reina, con maggior diligenza, incominciò, e cercò di conseruare il grado piena di bontà, e umanità, che non auea fatto dianzi: e si come prima non haueua lasciato opera virtuosa, senza abbrac ciarla, cosi poi, con ogni sforzo, dimostrò, che quanta in lei era cresciuta dignità, altrettanta, e piu magnanimità se l'era aggiunta. Dopo la mor te del Re Alfonso, Giouanni figliuol di Renato, venne di Francia, con un grandissimo esercito nel Reame di Napoli, per ricuperare il regno paterno, e auea seco per generale Iacopo Piccinino, huomo molto valoroso, e pratico di guerra, la qual cosa udita dal Re Ferdinando, subito fatto un'esercito, andò contra 'l nimico, e per non l'aspettare in casa, fornito delle cose necessarie alla guerra, s'accamparono l'uno contra l'altro. Ma la cura del gouerno di Napoli la lasciò nelle mani della sua carissima moglie, la quale tolta la 'mpresa della città, per ispazio quasi d'anni sei, con tanta prudenza, con tanta quiete, pace, e amore de' cittadini la rebe, che ancora fin'oggidi ne uiue la memoria: fece molti esempli di giustizia, ne perdonò mai a malfattore, ne scelerato alcuno: e con cosi forte animo, che mai non vi fu, ombra di tumulto, non che discordia alcuna. Sempre tenne il marito di buona voglia, dal cato suo bene, e spebo auuisandolo, che si pigliasse cura solamente dell'esercito, e che doue ella era, non v'auebe alcun dubbio. Della bontà, fede, e religione, e pietà mai se ne scordò, ne per trauaglio, ne per quiete, ne poco, ne assai. E hauendo grandissimo bisogno il marito per l'esercito di danari, ne sappiendo deue rivuolgersi, la Reina Isabella di modo seppe adoprarsi, l'ultimo Giouanni, che fu Cardinale, le femmine, Leonora, ed era amata da'cittadini, che senza aggrauargli altrimenti, da loro medesimi si mossero a trouar quantità di moneta, bastante a supplire al bisogno, la quale incontanente mandò al marito. Fra pochi giorni auuenne poi che anche per opera del Prencipe di Taranto suo zio, che lungo tempo fauorì alle cose del predetto Giouanni d'Angiò da questa sua nipote pregato, le cose del Re Ferdinando incominciarono ad auer miglior luogo, e a ridursi a buon termine, ridotto in migliore e piu tranquillo ebere, il Reame di Napoli. Imperocchè regnò da indi in poi con maggior gloria. Perche Papa Pio secondo, confermò il Regno, e coronò Ferdinando. Cosi acquetato lo stato, la Reina Isabella donna di gran virtù continuò sempre a mostrar la qualità sua in tutte l'opre lodeuoli, le quali furono senza numero. Quanto poi fosse grata al marito, vano sarebbe tentar di discri uerlo. fece grandissimi edifici, del suo, ebbe lettere di Teologia, e si faceua continuamente leggere, negli anni dell'età sua XLI cadde in una infermità, la quale, per vergogna mai non volle scoprire a' medici, anzi la sopportò con fortibimo animo, e di quella se ne morì, ne gli anni del Signo re MCCCCLXV. con grandissimo dolore di tutto 'l Regno. e fu sepolta magnificamete in Napoli nella Chiesa di san Pietro Martire, soprauuibero a lei cinque figliuoli, tre maschi, e due femmine: il maggior d'anni il Re Alfonso, che poi, cacciato da Carlo Re di Francia, morì in Cicilia: il secondo Federigo, che dopo la morte d'Alfonso ebbe il Reame che fu moglie d'Ercole primo, di questo nome, Duca di Ferrara, che non men della madre, come narreremo al suo luogo, fu valorosa: l'altra fu Beatrice Reina d'Ungheria, della quale for se in parte diremo i meriti suoi. Queste cose ho voluto addurre, acciò maggiormente sia piu lunga la memoria di quella Illustrissima Reina Isabella.

Capitolo XV

Di Buona Lombarda valorosa in armi. Cap. XV.
Trouiamo, che Buona Lombarda, fu di Valle Tellina del territorio della città di Como, posta appresso il Lago Lario: la quale posta nella Lombardia è di giurisdizion dello stato di Milano, fu donna di vile, e bassa origine, e nacque di pouerissimi e ignobili parenti, come diremo al suo luogo, ma non senza cagione s'acquistò eterno nome, e ha meritato per l'opere valorose, e per lo nobilissimo, e valoroso animo suo d'ebere nouera ta tra le donne illustri. Costei prima fu tenuta per concubina, è poi tolta per legittima moglie da Pietro Brunoro Parmigiano, valorosissimo caualiere, e huomo nell'arte della guerra molto instrut to, la quale veduta da lui, che conduceua uno eser cito per quella Valle Tellina, chiamata da gli antichi Retica, giouanetta, pascer le pecore, per quei campi, d'aspetto rozzo e diforme, di color nero, di statura picciola, ma molto gagliarda, con altre sue compagne, che pasceuano altri greg gi, giucare, e mostrare in se una certa viuacità, e fierezza, per forza la fece pigliare, e seco la condube, faccendola spesse volte per piacere, e ricreazion dell'animo, cangiar d'abito, e vestirsi di vesti da huomo, menandola alla caccia, faccendola caualcare, e far simili altri esercizy, ne' quali molto si dimostraua atta: e come che paresse, ch'egli la tenesse, quasi per sollazzo, nondimeno ella si pose a seruirlo con amore, e diligenza incredibile, di sorte, che tutte le fatiche, trauagli, necessità, e bisogni, egualmente, quanto esso Pietro Brunoro, col corpo, e con l'animo sopportaua volentieri, e ogni suo disconcio le rincresceua, e sem pre con lui in ogni viaggio, come suo Signore, fu ad ogni pericolo, ne mai l'abbandonò seguendola a'piedi a cauallo, per piano per monti, per terra, e per acque, con amorevol seruitù, senza mai mostrare, che punto le rincrescebe, col quale anche andò ad Alfonso Re di Napoli. imperocche in quel tempo Pietro Brunoro guerreggiaua sotto Francesco Sforza, allora conte, contra Alfonso Re di Napoli. Ma il Re Alfonso oprò di maniera co Pie tro, che abbandonò lo Sforza, e s'accostò a lui, e cosi ella se n'andò seco. Nondimeno il Brunoro dappoi mutatosi anche d'opinione, deliberò di lasciare il Re Alfonso e ritornar ad accostarsi al Conte Francesco. Cosi stando in apparecchio, deliberazion de fuggirsi, non puote la cosa esser segreta, di sorte che il Re di Napoli, non se n'auuedesse, il quale segretamente fece pigliar Pietro Brunoro, e metterlo in prigione, doue lungo tempo, senza speranza di libertà, lo ritenne. Ma Buona moba a compassion di quello, che no poco amaua, e riueriua, piena di pietà e misericordia, amado di perfetto, e maritale amore; come Ipsicratea già Reina di Ponto, e moglie di Mitridate, seguitandolo, deliberò a qualche modo liberarlo dalla prigione e seruitù del Re: e acciocche l'effetto potesse succedere, volle tentare ogni difficultà, non temere alcuna fatica, ed entrar sotto ogni fiero pericolo. Onde per ciò, senza alcun riposo, se n'andò da tutti i Prencipi, e potentati d'Italia, dal Re di Francia, e signor della Borgogna Filippo, da' Viniziani, e da molti altri, da' quali ottenne lettere, e prieghi per lo Brunoro. Per le quali sforzato quasi il Re, trabe di prigione Pietro Brunoro, e lo donò a quella valorosa giouane Buona, la quale riceuutolo, co tanta difficultà, per render maggior beneficio al suo signore, operò di sorte col Senato Viniziano, che Pietro Brunoro fu tolto da quello con prouuisione di piu di venti mila ducati a' suoi seruigi: e fatto condottiere di cosi potentibimo Dominio. Per li quali benefici Pietro auen do conosciuto la fede, la virtù e 'l valor di costei, non gli parendo piu onesto di ritenerla; come sem pre auea fatto in vil pregio, e come serua, la tolse per legittima moglie, faccendo sempre grande stima di lei, e in tutte le cose di momento consigliandosi seco, ed ebendosi attenuto secondo il valor suo a molti consigli di lei, s'acquistò in breue grandissimo nome appo i Viniziani, per esserli tutte l'imprese succebe prospere. Sempre questa Buona fu veduta nelle occorrenze, armata gagliardissimamente, e quando era il tempo di condur gente a piedi, continuamete si vedeua innanzi a tutti adoprarsi da magnanimo guerriero: fu modestissima in tutte le cose, ne gli assalti che si dauano a terre, a castelli, e a rocche, sempre era la prima, ch'entraua inanzi, che scherniua le difese degl'inimici, e che con loro s'affrontaua. Nell'arte della guerra era molto pratica, e esercitata, e molte volte lo dimostrò, e maggiormente nella guerra de' Vinitiani contra Francesco Sforza allora Duca di Milano, si fece conoscere, quando perduto il castello Pauono, del territorio di Brescia, tanta fu la virtù, e valor suo, ch'ognuno se ne marauiglio Imperocche armata di tutt'armi, con la rotella in braccio, e la spada in pugno, per la ricuperazion di quell'animosa, piu d'ogni altro fu cagione, che, datoui l'as salto si riauesse. Marauigliosa, e rara cosa in una picciola donna, e di tanto animo operò, e condus se a buon termine infinite altre degne, e onorate imprese: fu tra la moltitudine di soldati, di capitani, e d'eserciti, sempre pudicissima, ne si hà, che conoscesse mai altro huomo che toccasse il cor po suo, ecetto il marito Pietro Brunoro, cosa non men lodeuole dell'altre, e che con non poca considerazione, debbono riuolgere, nelle menti loro quelle tali, che dicono ebere impossibile, che la con uersazione tra gli huomini, non contamini i cuo ri delle donne se costei, nel mezzo de gli eserciti, femmina si puo dir libera, vibe castamente, contenta del solo Pietro. Di qui si puo chiaramente considerare la donna nobile nascere con l'animo ca sto, e pudico, ne a calcar gli appetiti loro, essere bastanti quante guardie, che si potebero porre, tutto che io mi creda, che gl'influssi de' cieli sieno quelli, che reggano gli appetiti, ma di questo non più. Ultimamente auendo il Senato Viniziano gran fede in Brunoro, e nel consiglio, e valor di questa donna, lo mandò alla difesa, guardia di Ne groponte, contra, Turchi, doue oltre le fortificazioni, che vi fecero, mai il Turco, mentre vi furono, non ebbe ardire di dar loro noia. Finalmente morto il suo caribimo marito Pietro, nella città di Calcide, e iui sepolto onoratamente, Buona, ritornando addietro, per venire a Vinegia, e vedere di far cofermar la prouuision del padre a due suoi figliuoli, ch'auea hauuto col marito, infermatasi di mal di flusso, venutole per le fatiche, e caualcare, giunse in Modone città della Morea, doue stando ammalata, e crescendo ogni di piu l'infermità, fece fare una sepoltura di non picciol valore, la quale co' propri occhi volle vedere prima che moribe, e iui nell'anno MCCCCLVIII. la valorosa donna, ordinate le cose sue, se ne morì, e fu sepolta. La quale piena di tanto valore, e marauigliosa virtù, ho giudicato essere onesto d'esser nouerata meritamente tra tante donne illustri, auendosi col proprio animo acquistata chiarissima nobiltà, benche nascebe di babi, e vili parenti, a paragone dell'altre uscite di ceppo, e sangue reale, perch'ella accrebbe non splendore al legnaggio suo, ma eterno nome e nobiltà a se stessa, e anche i successori, si come le maggiori d'origine, bene, e spesso oscurano i loro natali con l'opere indegne. Molte altri particolari fatti ritrouo di costei, i quali, per non esser piu lungo, lascio addietro, ebendo questi soli da se bastanti ad auerla illustrata, e di far considerar con l'animo, quali fossero l'altre azioni sue.

Capitolo XVI

Di Bianca Maria Duchessa di Milano. Cap. XVI.
E stata Bianca Maria unica figliuola di Filippo Maria Duca di Milano, e moglie medesimamente di Francesco Sforza Duca poi di Milano, fu donna di gran valore, e di marauigliosa prudenza, e morì l'anno stebo, che la predetta Buona, cioè nel MCCCCLXVIII. In Marignano, e ne gli anni dell'età sua XLIIII. con grandibimo dolor di tutta la Lombardia. Fu donna veramente in ogni parte perfettibima, di buon costumi, piena di castità, e degna d'ogni riuerenza. Di cor po, e di volto fu bellissima, quanto dir si poba, auea un parlar dolce, e graue, una maestà regia, e gli effetti a tutte queste parti conformi. Tanta fu la benignità, e la clemenza sua, che da tut ti i popoli, e sudditi suoi, era amata, e molto riuerita. Non sopportò mai d'essere pregata in cose, ch'altrui potesse giouare, ne solamente che fos sero in poter suo, ma che anch'ella potesse impetrar da terza persona, o prencipe, o altro gran personaggio: in somma, per non ricordare in costei a parte a parte tutte quelle grazie, e virtù, che conuengono essere in tutte le donne illustri, e che erano unite in lei, egli si può credere, che non vi si potesse giugnere, ne desiderar cosa, che non fosse in quell'animo, e nobilissimo corpo. Fu in buona parte cagione, anzi sola fu quella, che rimediò, e vietò, che presa Piacenza, e saccheggiandosi, data in preda de' soldati, i monasteri, e luoghi sacri furono riguardati, e non ebbero offesa alcuna. Ebendosi nella ruina di cosi nobil città, tanto crudelmente portato l'animo bestiale, e tirannico di Francesco Sforza suo marito, che maggior crudeltà non aurebbono usato i Turchi, in una città presa da loro. Fu soprammodo liberalissima, e nata piu a beneficio d'altrui, che di se steba, da tutti i Prencipi d'Italia fu molto, per de bito di riuerenza, rispettata. Onde auuenne, che mortole il marito Duca Francesco Sforza, come che a Viniziani paresse d'auere alcuna lecita cagione, e ragione di muouer guerra allo stato suo, per alcuni sospetti di qualche importanza, nondimeno per amor di lei, mentre vibe, s'astennero di turbarla, e darui noia. Anzi molto benignamente l'esortarono ad auere speranza in essi, che non erano per mancar mai, ne a lei, ne a cosa che giouasse allo stato suo. Onde conoscendo i circonuicini l'animo di Viniziani, medesimamente anch'essi s'astennero di far tumulto alcuno contra di lei: nelle azioni sue sempre usò grandissimo riguardo, e non poca considerazione. Ella voll'eber quella, che continuamente amministrasse i suoi figliuoli, dandogli quelle istituzioni, che forse la Filosofia, non aurebbe potuto. Piu potrei dire, ma l'auer solamente accennato queste cose, sarà a bastanza, per illustrare ad eterna memoria cosi nobil donna.

Capitolo XVII

Di Gostanza moglie d'Alessandro Sforza. Cap. XVII.
Gostanza figliuola del Signor di Camerino, e di Lisabetta sua moglie, maritata in Alessandro Sforza signor di Pesero, donna molto saggia fu certamente, prudentissima al par d'ogni altra del tempo suo, e dirò cosi, fermo sostegno dello Stato, e patria sua. Della quale, fino da fanciulla, fu tale la speranza, e la prudenza, tanta la facondia, e 'l valor d'animo, tanta la pietà, la giustizia, la gran bellezza, la cognizion delle cose umane, e diuine, e tutti i beni del corpo e dell'animo, che continuamete crebbero con gli anni, che senza dubbio si può dire, che fosse non nobilissima, e illustre donna ma quasi diuina. in lei era tale lo spirito, che non fu cosa cosi difficile ne alta, di chi ella non ne fusse capace, e atta di mandarla a memoria.Continuamente diede opera a tutte le scie ze, senza aiuto di precettore, e tanto potè negli studi di quelle, che all'improuuiso, o pensatamente, che ragionabe, o di Poesia, o d'orazioni, o di Filosofia, o di cose diuine, fusse interrogata, era giudicato, che non solamente auesse veduto, o imparato quelle cose, ma ch'ella stessa le auesse composte, e scritte. Per lo piu aueua nelle mani l'opere d'Agostino, Girolamo, Ambrogio, e di Gregorio, non lasciò di farsi molto familiare Seneca, Cicerone, e molti altri padri della lingua latina. Fu cosa marauigliosa da vedere, quanto fobe ammaestrata nella prosa, e nel verso: fece molte orazioni, ed Epistole a diuerse persone, ed essendo d'acutissimo ingegno, e auendo bellissimo stile, imitò molto i piu famosi Poeti in tutte le sorti di versi, e maggiormente Eroici, nella qual poesia veramente non è stata inferiore ad alcuno. E come, che questa cognizion di lettere, appena sia usata di vedersi nelle donne, si come a lei, mentre visse, diede non picciolo nome: cosi anche morta, apportò maggior gloria ad una sua figliola, della quale parleremo dappoi. Di pudicizia, e castità, fu sopra modo adornata, e di tutte l'altre parti, che s'appartengono a donna illustre. Ebbe col marito due figliuoli, che a lei soprauuissero Gostanzo, e Batista femmina, morì ne gli anni MCCCCLX.in Pesero, e dell'età sua XL.

Capitolo XVIII

Di Batista Duchessa d'Urbino. Cap. XVIII.
Batista, di questo nome, seconda, famosibima donna, figliuola d'Alebandro Sforza e della predetta Gostanza, e carissima moglie di Federigo Duca d'Urbino, pronepote della detta dianzi Batista prima, donna dottissima e saggia, si può dire, che per eredità succedebe nelle virtù, e meriti di quelle. nelle quali, non solamente conseruò la dignità , e l'onore, ma anche accrebbe col valor suo, maggiore splendore a nomi di quelle. Morta Gostanza madre di costei, che ancora era fanciulla, il padre Alebandro la fece morire, e alleuare con grandissima diligenza, e sotto buon costumi. Onde ammaestrata anche ne gli studi delle buone lettere, e piena di molte altre virtù, col tempo s'ac quistò famosissimo, ed eterno nome. Imperocche infino da fanciulla, mentre apparaua Gramatica, incominciò a recitare orazioni, con tanta grauità, e bel modo, e con tanta ageuol pronunzia, ch'ogn'uno si marauigliaua della virtù di questa donzella, come poi giunse all'età piu compiuta, fece tanto profitto nelle lettere, e nell'eloquenza, che a quel tempo non fu Oratore alcuno, col quale ella non auesse ardire di far proua di se, e del valor suo: onde s'accrebbe non picciola fama. Era di picciola statura, ma molto bene formata, dimostraua nella presenza, una certa gradezza d'animo, che la rendeua amata e riuerita da ogniuno. Fu molto liberale in tutte le l'azioni sue, amò grandemente gli huomini dotti, e letterati, desiderando sempre o in presenza, o da lontano auer cognizione, e pratica di quelli. Dopo che fu maritata, quasi sempre ella fu quella, che gouernò lo stato del marito, il quale per ebere su la guerra, non poteua auer questa cura. Ma di tal sorte sempre si portò, usando clemenza, e giustizia verso i popoli, ch'ogn'uno molto se ne lodò. Andò a un certo tempo a Roma, doue fece alcune orazioni a Papa Pio secondo, huomo dottibimo, e sapiente, il quale ebbe a dire, che giudicaua in Italia non esser donna, da potersi di sapienza, ed eloquenza paragonar con costei. Fu molto amoreuol de' poueri, ebbe grandibima memoria, di sorte, che quando il marito ritornaua nello stato, di punto in punto, con grandissimo ordine, gli rendeua conto di tutte le cose successe. Non vibe il debito tempo che aurebbe potuto: perche, senza dubbio, senza altrui ricordo, aurebbe lasciato di se memoria tale a' posteri, ch'ogni nobilissima donna, e anche ogni spirito famoso, molto piu la 'nuidierebbe. S'infermò di XXVI. anni, nel qual tempo della infermità sua, operò cose ad esemplo d'ognuno, cosi marauigliose, che mostrò la diuinità congiunta con quel mortal corpo: morì che non auea anche compiuti i predetti anni in Agobbio, città sua, posta nella Marca d'Ancona al tempo di Sisto quarto Pontefice Mabimo, il quale, per zelo d'amore, e de' meriti di costei, mandò da Roma fino iui Gio. Antonio Vescouo Campano, ad onorate, in nome suo, quel felicissimo corpo: il quale di commebion del Papa fu quelli, che nell'esequie fece una orazione, che fino oggi di si può vedere stampata. Partorì di Federigo prima otto figliuole femmine, senza alcun maschio: la onde il Duca Federigo se ne staua molto di malavoglia, senza speranza di lasciar di se erede, che succedebe nello stato suo. Di che la fedel donna incominciò a fare orazioni a Iddio, che ebendo per lo meglio esaudisse i prieghi suoi. Auuenne, che stando ella in questa fede, una notte le apparue dormendo di vedersi posta in cima d'uno altibimo albero, e partorire una Fenice di marauigliosa bellezza, la quale stata nel nido per ispazio di trentasei giorni, si leuaua col volo da se fino al cielo, e toccata la Spera del sole si abbru ciaua con la fiamma l'ali, ne piu si vedeua. Venuto il giorno nuziate queste cose al marito, s'in grauido, e al tempo debito partorì un fanciullo di bellissimo, e souauissimo aspetto, il quale fu Guido Ubaldo, che fu poi marito della Duchessa Lisabetta Gonzaga, del cui valore, al luogo suo diremo: ed ella indi a pochi giorni se ne morì. Molte altre cose potrei dire, ch'io lascio, essendo il nome suo senza anche queste, riferite, chiarissimo, e da se eterno.

Capitolo XIX

Di Margherita Reina d'Inghilterra. Cap. XIX.
Fu Margherita, illustrissima moglie d'Arrigo Re di Brettagna, o vogliamo d'Inghilterra, sorella di Renato Re di Napoli, fra tutte l'altre donne di sangue, di potenza, di magnanimità, e di costumi al tempo suo molto famosa. Fu certamente bellissima Reina, e molto da esser lodata, per l'amore, che portò al marito, che se non per altro, per questo s'acquistò eterno nome, come che anche, lasciando da canto lo splendor del ceppo, che appo 'l vulgo suole render le persone onorate, per benignità, per gentilezza, per magnificenza, liberalità, per la fedeltà, e molte altre virtù fosse non poco riguardevole, ma aggiugnendoui la grandezza d'animo, fu anche in armi molto valorosa: de'quali fatti sarà assai addurne un solo, bastante a dare indizio, e ad alzar gl'ingegni, a considerar da quello l'altre azioni sue. Intendendo una volta la Reina Margherita, il Re Arrigo in una battaglia essere stato vinto, e preso, subito fatto un grande esercito, con incredibile prestezza, volò con gran velocità, non che se n'andò con gran fretta, verso la città d'Eboraco, doue aspetto 'l nimico, che auea da passar di la, e iui appresso il rotto ponte d'Eboraco, accam patasi, e fermato l'esercito, fece il fatto d'armi contra nimici, di quelli riportò sanguinosa vittria imperocche, preso il generale del Re Odoardo, huomo valorosissimo in armi, subito in vendetta della presa del marito, gli fece tagliar la testa, e seguitando i nimici, che pur menaueno via il marito prigione, inispazio del viaggio d'un giorno, lontano da Longino, gli vinse, e mise in rotta, ammazzati infiniti di quelli, onde finalmente racquistò 'l marito sano, e saluo. Di che mostrò, quanto grandi fossero nel suo petto le forze del maritale amore, non auendo tema di pericolo alcuno, ne rispetto alcuno alla qualità ne al sesso suo, che senza altra considerazione, per amor del preso Re, entrò sotto grandissimo pericolo, donna, che per lo piu sono timide, che forse ardito guerrier non aurebbe fatto. Ma molto da poi, in un'altro conflitto apprebo Eboraco. Fatto con Odoardo, che pretendeua d'esser Re di quel Reame, affrontati insieme Arrigo, e Odoardo, lungamente dall'una parte, e dall'altra fu combattuto: ed essendo durata la battaglia, quasi XII. ore continue, l'esercito d'Arrigo fu rotto, e messo in fuga, ed esso Arrigo fuggito in un monasterio, e ritrouato da Odoardo, fu preso e ammazzato: la Reina Margherita fuggendo a Narbona dal fratello Renato scappò, senza offesa. In quella battaglia morirono piu di trenta mila huo mini, e quasi tutta la nobiltà degl'Inglesi. Non dubito questa Margherita, non ebere stata molto piu famosa, per altre operazioni sue. Le quali la lunghezza del tempo ha mandato in oblio. Morì al tempo di Papa Pio in età decrepita.

Capitolo XX

Di Riccarda moglie di Niccolò da Este Marchese di Ferrara Cap.XX.
Riccarda figliuola di Tommaso marchese di Saluzzo, moglie di Niccolò da este Marchese di Ferrara, fu donna da fanciulla, fino all'ultimo giorno dell'età sua, molto saggia, e accorta. Fu non poco dotata di beni del corpo, e molto anche arricchita di bellezze dell'animo. Oltr'à ciò osseruatrice, quanto dir si possa, della parola di Cristo, e della fede: liberale verso ogni persona, che meritasse, di sorte, che tanto le pareua auanzare, quanto ad altri donaua: amaua spezialmente tutti quegli, che sapeua in alcuna sorte di virtù essere eccellenti: faceua molto capital di loro, ne mai si partiuan da lei, che non fosse ro riconosciuti. Si poteua dir veramente, che costei fosse un Mecenate de' virtuosi: ebbe grate l'ope re virtuose, e dimostrò sempre con gli effetti il con to, che ne tenebe, fu veramente nobilissima, non solamente di sangue, ma di proprio animo. Imperocche nella liberalità non ebbe pari, ne era di na tura, come sono molti gran signori dal tempo no stro, i quali, come che abbiano nome di liberalissimi, nondimeno, a chi dirittamente considera, piu tosto si conuien loro il titolo di prodigalità, essendo auuezzi, per lo piu, a premiare i buffoni, i parassiti, e simili altre persone di tal natura, e nelle corti, e alle tauole loro accarezzargli, che i poueri virtuosi: i quali per premio delle virtù sue, o sono ricompensati di speranzeuoli parole, o poco graditi, e auuti in pregio. onde senza dubbio, se non fobe, che gli animi nobili hanno a schiuo di faticare i loro ingegni in esercizy, men che onoreuoli, e degni, ogni altra cosa sarebbe meglio far loro, che co' i sudori delle virtù stare alle speranze d'esser rimunerati. Cosi non faceua la nobilissima Riccarda: la quale, per contrario, gli abbracciaua, gli raccoglieua, ne sopportaua che mai partissero da lei, senza testimonio della liberalità sua, senza condurgli d'oggi in domane: l'altre sorti poi di persone, secondo i gradi de' meriti, e virtù sue accarezzaua. Fu molto paziente, e come che conoscesse piu volte dal marito essere violato il legame del matrimonio, nondimeno sempre infingendosi, sopportò pazientemente i voler suoi. Cosa, che delle mille l'una a' giorni nostri non farebbe, anzi piu tosto desidererebbono, veder quello che poi trouato le rincresce, e nuoce, e col pubblicare i fatti de' mariti, vergognano loro stesse piu tosto, che lasciar la cura a Iddio, che il tutto reg ge. Fu poi pudicibima, e onesta, quanto dir si pos sa: e come Terzia Emilia, moglie del grande Affricano, mai non mostrò che ella s'accorgesse delle concubine tenute dal marito, benchè si debba giudicare che le dolesse. Ebbe tre figliuoli maschi del marito Niccolo, che a lui soprauuibero, Ercole, e Sigismondo huomini di gran potere, e sin golar virtù: i quali, morto il padre, furono cacciati dal fratello non Legittimo Leonello, e mandati a Napoli. onde la magnanima donna, vedendo lo stato non essere in mano de' figliuoli, sdegnata, si partì di Ferrara, e andò a Saluzzo dal padre, col quale dimorò sino a tanto, che i figliuoli enrarono in Signoria, che fu quasi al termine de' giorni suoi. Imperocche per ispazio di trentadue anni dalla morte del marito, infin che Ercole primogenito suo, acquistò lo stato visse appo 'l padre a Saluzzo castamente, e pudicamente, ne mai volle dare orecchie a voler piu rimaritarsi, come che da molti, in questo tempo, per la bellezza e virtù sua, fobe richiesta, anzi sempre rin graziando Iddio, tutta l'età sua sopportò di consumar senza nuouo marito: onde chiaramente puote esser paragonata a quelle caste, e fedeli antiche Romane, che in giouentù, come abbiamo ue dute in molti luoghi, perdettero i lor mariti; Sem pre rispose con simili parole a quei, che di ciò le parlauano. Io ho ancora i miei mariti uiui, volen do inferire i figliuoli. Cosi anche rispondeua, ad infiniti prencipi, e Signori, che la ricercauano per sopra a una donna essere abai, l'auersi maritata una volta: nella casa del padre visse sempre onoratamente quanto dir si possa. Ultimamente, dopo trenta due anni, entrato nello stato il figliuolo Ercole, ebendo omai fatta vecchia, si vide questo contento: e venutu per lei Sigismondo il figliuol minore, ritornò con grandissima compagnia a Ferrara, doue riceuuta, con non picciol onore, e cotentezza di tutta la città, d'indi a poco, che Ercole tolse per moglie Leonora figliuola di Ferdinando Re di Napoli, onde anche ebbe questo contento, se ne morì, con grandissima doglia d'ognuno ne gli anni MCCCCLXXIIII. La magnificenza, costanza, bontà, magnanimità, virtù, e onestà della qual dona abbiamo toccato per esemplo delle altre si, acciocche apparino ad imitare i costumi signorili, come anche perché questo sia uno specchio di vera patienzia a quello, che di picciolo animo, e fuori di speranza non possono sopportare le auuersità, le quali alla fine Iddio, riguardeuole di tutte le cose, cangia in felicità prouato ch'egli ha la pazienzia nostra.

Capitolo XXI

Di Laura fifliuola di Niccolò Brenzoni. Cap. XXI.
Veramente il nome di questa valorosa donna, ricordato da piu d'un degno spirito per raro, e singolare, merita anche, che da noi non sia taciuto: e benche troppo auurei che fare a voler descriuere particolarmente tutti i meriti, e le virtù delle donne, che sono giudicate d'auer titolo illustre: nondimeno toccando breuemente alcuna notabil patre delle molte virtù loro, non paberò questa Laura, senza darle luogo apprebo dell'altre. Costei fu figliuola d'un Niccolò Brenzone Veronese gentilhuomo di quella città assai a sofficienza bella giouane, di buon costumi, e d'animo generoso: ma nelle lettere ebbe luogo onoratissimo. Imperocchè di questa Laura ritrouo marauigliose cose, e tra l'altre di dieci anni compose buona quantità di versi Safici, ne' quali aueua una vena , e lo stile sopra modo eccellente, e di questo auen done fatto lodeuole esperienza, medesimamente in greco, e in latino orazioni, ed Epistole compose: nella lingua volgare fu anche molto ammaestrata. onde auuenne, che orando costei dinanzi a Filippo Trono, figliuolo allora di Niccolò, Prencipe di Vinegia. marauigliatosi della virtù, e scienza di cosi ornata giouane, la diede per isposa ad un suo figliuolo; la quale meritamente douendo essere in pregio la virtù, ho giudicato douere auer luogo tra le donne illustri.

Capitolo XXII

Di Margherita Reina di Scozia. Cap. XXII.
Margherita figliuola di Cristene, famosissimo, e Cristianissimo Re di Datia, e moglie di Iacopo di Scozia, al tempo di Sisto quarto, Pontefice Massimo nell'Isola di Scozia, per la singolar prudenzia sua, per l'ingegno, e infinite virtù, fu in non picciola stima: a qual tempo morisse non lo ritrouo. Fu prima molto eccellente per la gran bellezza, e infinita castità. E parue, che, quando venne al mondo, che seco portasse un numero di rare virtù, che in lei mentre vibe, fiorirono, a quell'età, accrebbero splendore. Tra le altre donne occidentali, fu molto clemente, religiosa, e riguardeuole! e de' poueri. Verso i sudditi cosi ageuole benigna, che per la prudenza, e temperanza era piu riuerita, e apprezzata, che il marito, dando chiaro indizio a tutti, che molto meglio da lei era gouernato il reame, che dal Re Iacopo. Ma il marito, come insolente, sempre sprez zaua la virtù della donna: la quale per ciò molto nell'animo suo si contristaua: nondimeno, essendo saggia, e prudente, con infinita pazienzia cercaua di sopportare il tutto, ne restaua con dolci e amoreuoli parole, continuamente di mostrarsigli benigna, amandolo sempre con puro ed ardente zelo, ricordandoli spebe volte, che piu tosto volebe accostarsi alle virtù, che a' vizy. Tutta uia egli piu noioso continuamente da se la cacciaua, e sprezzaua tutti i suoi modi, e consigli: on de auueniua, che tutto 'l reame andaua per essere egli dissoluto, quasi in rouina. La qual cosa spiacendo molto a' suoi popoli, con consentimento del fratello, e della Reina, lo 'mprigionarono, per ridurre a miglior termine, e in buon ' essere il Reame, cosi mal gouernato: e acciocche ebo Re, lasciata la 'nsolenza, a quella fierezza bestiale, meglio dapoi reggebe le cose. E sempre, mentre fu tenuto in distretto, fu guardato Re, e tutte le faccen de del Regno, pabauano sotto titolo, e nome suo. Doue stato cosi alquanto tempo, giudicandosi che auesse lasciato quella pazzia, e insolenza, dal fratello fu ritornato in libertà, e datogli il gouerno del regno: la qual cosa fatta, perseguitando la Rei na con maggiore odio, che che non auea fatto prima, la cacciò da se, e la fece confinare in un luogo lontano da lui trenta miglia, ne mai mentre visse, ne dopo morte la volle vedere. La qual calamità, e mi seria, la Reina, per tre anni, con incredibil pazien zia, e come saggia, con animo tranquillo pazientemente sopportò, spendendo tutto quel tempo in opere virtuose, lodeuoli, e pie, ringraziando Iddio di tutto 'l voler suo. Fu donna molto casta: la quale si ritroua, che mai, viuendo appo 'l marito, come un'altra Zenobia Reina de' Palmerini, non volle congiugnersi seco, eccetto, per generar figliuoli, e ritrouandosi grauida, piu non voleua gustar gli abbracciamenti suoi fin dopo 'l parto. Ebbe col marito tre figliuoli, i quali sempre ritenne seco, ammaestrandogli, come si conueniua, e di tal sorte gli nodrì che il primo chiamato Iacopo, quarto di questo nome, succedendo al padre, fu uno di quei saggi Re, che sieno stati al ricordo nostro, huomo non solamete da gouernar lo stato suo, e i suoi sudditi, ma che poteua pabar piu oltre. Finalmente, dopo tre anni, dell'esilio suo, ammalata, di consentimento del marito, fece testamento, e chiamati i suoi figliuoli al letto, fatte che ebbe loro quelle ammonizioni, che le parue, riuolta a Iacopo figliuol maggiore, verso lui parlò in questo modo. Iacopo figliuol mio, ormai piace a Dio, secondo il giudicio mio, ch'io, per misericordia sua, lasci questo mondo, e ne vada a lui: omai mi sento uicina alla morte. Ricordati figliuol mio, e fallo, per la riuerenza, che a me, che pur son tua madre, dei portare, che prima di tutte le altre cose tu ami, e tema Iddio, e secondo il voler suo, a quel lo sy obbediente, che sempre t'adopri in tutte le buone operazioni: che tu ami i tuoi fratelli, e che gli abbracci quanto te stesso. E succedendo al padre tuo nel reame, ama con tutto 'l cuore i tuoi sud diti, portati verso tutti giusto, clemente, e liberale. Fa che tu sy piaceuole, e umano udire ognu no. Auertisci di tenere in unione, pace, e concordia tutti i tuoi popoli, conseruare il reame in tran quillità: fa che in tutti i tuoi giudicì, e sentenze l'auarizia non vi abbi luogo. Habbi caro il buon nome, e la vera fama. Non lasciar volare il tempo indarno, ma piu tosto mostrati auaro di quello. Non prestar l'orecchie a' cianciatori, i quali ageuolmente seminano discordie: ma come mortal peste, e crudel veneno fuggi loro, e le sue parole, e da te scacciargli. Non è minor gloria a giustamente, e modestamente gouernare, e amministrare gli stati, di quello che sia l'acquistargli. Maggior fatica è il conseruar le cose, che il ritrouarle, e pobederle. L'essere amato da'popoli sono le chiaui delle città, le fortezze de' prencipi, e la sicurta de' regni, la tirannia sono gli assedì, e le rouine. Queste, e simili altre cose ricordò la saggia Mar gherita al suo figliuolo, e poi se ne morì: la qual veramente possiamo dire, che sia stata lume ed esem plo di pazienzia, di fede, pudicizia, e di bontà: sopra la quale potrei molto discorrere, e far paragone da questa a quelle, che piene di sdegno, d'alterezza, e di superbia, riceuuto un torto dal marito, in altro non aurebbono il pensiero, che a leuarsegli o con veneno, o per mezzo d'adulteri, o d'altra scelerata via dinanzi.

Capitolo XXIII

Di Violantina Genouese. Cap. XXIII.
Questo nome d'illustre, dal principio della presente opera, nelle donne ha incominciato a prender forza, e hauer luogo, o dalla nobiltà di sangue congiunta, con l'opere virtuose, o dal le bellezze dell'animo, o da alcuna degna operazione cagionata da grandezza di spirito, auendo anche meritato di quelle, che nelle scelerità, sopra modo si sono dimostrate inique luogo d'eterna memoria: la qual cosa io non hò voluto però, con questo ordine, continuare, anzi mostrandomi d'opinione, in questo, contraria al Boccaccio, quelle, che io hò conosciuto essere state, ed ebere degne d'eterno ricordo le hò voluto obbligare a piu stretto nome, e solamente giudicar nobili, e illustri quelle, che operando cosa degna di lode, e d'onore, da se si sono nobilitate, ouuero nobili, hanno accresciuto splendore al ceppo, di che sono uscite. Ma perche anche la bellezza del corpo non è solamen te dono di natura, ma d'Iddio, maggiormente qua do è congiunta con quella parte di castità, che deue esser nell'intrinseco della donna, non ho voluto restare per ciò di porre nel numero di queste il nome d'una, ch'a' giorni suoi fu un esemplo di Natu ra angelico, e diuino, come che di lei poco altro ritroui, che questo. Violantina Genouese, della fa miglia de Giustiniani, fu cosi bella di corpo, e di volto, che non solamente per tutta Italia, ma in tutta Cristianità il nome di costei fu celebrata, di sorte, che non fu mai dipintore eccellente, che potesse a perfezione dipingere l'imagine sua, che ne a quella viuacità, ch'era in lei, ne a quel viuo colore, compiutamente si affrontabe, e di piu paragonandola con quante immagini d'antiche, e moderne, che si ritrouarono, fu tenuta di gran lunga molto piu bella. E tale fu al tempo suo la fama di lei, che molte principebe partite di lontani paesi, e cosi anche molti gran signori, andarono fino a Ge noua, per vederla, i quali contentati gli uni, e gli altri occhi di quello, che prima s'aueuano immaginato, e che poi alla presenza aueuano voluto ve dere, ritrouando la donna piu marauigliosa, ed ec cellente, che non s'haueano immaginato, restaron confusi, e giudicauano essere un'esemplo angelico, e diuino, piu tosto che donna umana, e grandissimo acquisto gli pareua auer fatto, potendo di lei auere ogni minima assomiglianza. Però si puo dir costei di gra lunga auere auanzato Elena, e Faustina, delle quali fin'oggi di dura il rumor grande delle lor bellezze e tanto piu la Violantina dee auer maggior nome, quanto di pudicizia fu tutta ripiena, e quelle, non pur mai la conobbero. Imperocche fu maritata, e con tanto amore seguì il marito, che interuenutogli alcune disgrazie, ella di sorte se ne attristò, che cotinuando la passion sop portata, per l'auuersità del marito, infermata se ne morì, della qual considerando questo secondo affetto, congiunto con la bellezza infinita, mi pare, che degnamente il nome suo meriti con l'altre memoria.

Capitolo XXIV

D'Isabella Reina d'Ispagna. Cap. XXIIII.
Isabella Reina di Spagna, unica figliuola del Re Arrigo, e della detta di sopra Margherita, nel MCCCCLV. Si maritò in Ferrando, nobilissimo figliuolo del Re d'Aragona, i quali regnarono, e vissero lungamente amendue ne i reami de' padri. Costei veramente, non solo per la maestà,e dignità reale, fu molto illustre: ma per l'eccellenza d'n finite virtù, da tutto il mondo fu riuerita e apprebo i successori, tenuta in grandissima memoria. Onde, e in Ispagna, e tra tutti i Cristiani dura anche il ricordo della grandezza, magnanimità, pru denza, fede, religione, onestà , cortesia, e liberalità sua. E lasciando da parte lo stato, la dignità, gli onori, i beni di natura, de' quali molto era ador nata, hò giudicato piu per le cose valorose, e magnanime da lei operate, essere stata creata da Iddio, per beneficio della republica Cristiana: e per ciò auer conseguito eterno nome. Fu illustre, senza paragone, per molti meriti, ornata di marauigliosa, suprema, e incredibil virtù, per costantissimo animo, per pudicizia, per giustizia, per gra uità, e per grandezza d'animo molto riguardeuole. Per le quai cose, insieme col marito, giudico che meriti con lodi d'essere innalzata fino al cielo, e pe rò se nei meriti suoi sarò alquanto lungo, essendo la materia ampia, e spaziosa non sarà marauiglia auendo per fermo, che non sarà noia ad altri leggere, e udir quello, che ora scriuo, e in parte hò trouato di lei. Questa valorosa Isabella, dopo la morte del padre, ottenuto che ebbe, con gran fatica il regno del padre di Castiglia usurpatole, prima cacciati tutti i familiari Prencipi suoi nemici, che le poteuan dar noia, e di quelli restata vittoriosa, ridusse tutto quel suo reame in pace, e unione, onde perdono a tutti, assoluendoli, e liberandogli da ogni sospetto che poteua hauere in essi. La onde per ciò subitò s'accuistò appo d'ognuno un nome d'infinita clemenza, e umanità, e tutti in cominciarono ad amare il marito, e lei con grandissima affezione. Fatto questo, e prosperamente es sendole succebe le cose, come donna di grand'animo, ripiena di zelo diuino, sopportando malamen te, che i Mori Macomettani tenebero occupata quella parte d'Ispagna, che noi chiamiamo Betica, ouuero Granata; tra se incominciò a pensare, a qual partito potesse liberarla dalle lor mani, essendo fino allora corsi secento, e settantacinque an ni, che essi la possedeuano. Onde consigliatasi col marito Ferdinando, e molti altri Signori, e prencipi del suo regno; finalmente fu concluso di far quella 'mpresa, non solamente per aggrandire il suo reame, ma per innalzare anche la fede Cristia na, e per fermar meglio la religion diuina. Onde fatto un grande esercito per terra, e per mare, prima se n'andò verso Almasa, città fortissima, posta fra terra, e dopo molto auerla combattuta, al fine la prese, e subito, entrata in loro potere, vi fece ordinar gli ufici diuini, già tanto, tempo iui. per innanzi non celebrati. Auuta questa vittoria cosi felicemente, rifatto nuouo esercito, cominciò a saccheggiar tutto 'l regno di Granata, e infino a' confini d'essa città, mettere ogni cosa a ferro, e a fuoco per le quai cose, molte città fortissime, smarrite, e temendo il valor suo, parte per forza parte volontariamente s'arresero. Tra le quali fu Allora, Sentinillo, Cochino, Romda, Marbelia, Cartania, Carazabonella, e poi Loxia, e Veelsmalachia, famosissime città per li porti, e molte altre appresso. Ne restò di prendere con grandissima vittoria Mochilino, Monte freddo, Illora, Cambillo, Columera, e molti altri fortissimi, e inespugnabili castelli, che lungo sarebbe a ricordare: i quali ridusse al gouerno della religion Cristiana. Fatte queste cose nell'anno MCCCCLXXXVIII. intendendo la valorosissima donna, e 'l marito Ferrando, i Morì auer condotto in Malega, dopo Granata rele città, prima città e felicibima, per traffichi e mercatantie, tutto 'l fiore delle genti ed esercito lo ro, e iui essersi fortificati d'huomini, e d'ogni forte d'artiglierie; di nuouo fatta un'altra massa di gente per terra, e per mare, con una fortissima armata di quattrcento galee, e infiniti altri legni minuti, con un esercito per terra di quindici mila caualli, e sessanta mila fanti, con otto mila carrette, per l'artiglierie, e per condurre l'altre munizioni, e vettouaglie, che s'appartengono alla guerra, s'appresentò con fortissimo animo, e cuore all'assedio e a combattere la detta città: la quale, come che cosi in un subito non potessero pigliare, nondimeno la tennero per tre mesi continui assediata e stretta di sorte, che quegli di dentro, mancando loro ogni sostanza, erano sforzati a mangiare ogni sporcizia, e ogni trista cosa; eppure ne auessero auuto: alla fine non vi potendo piu durare, non auendo speranza alcuna di soccor so, ne di tenersi, s'arresero a' prefati Re. Cosi presa la città di Malega, ricchissima di tutte le cose, tutti quei Mori, che ricusaron di battezzarsi, furono tenuti per ischiaui, i quali si dice essere stati intorno di venti mila. Poi, prima che la Reina di la si partisse, per mostrar che da Iddio riconosceua tutta quella vittoria, fece sopra tutte l'altissime torri piantarui lo stendardo, e la 'insegna della Croce, e illustrò tutta quella terra, tanto tempo già calcata da i piedi degli infedeli. Morì, con grandissimo trionfo, Questa città è antichissima, e per molte cose notabili. Ne contenti di ciò i vittoriosissimi Re, non riposarono mai, infino che ebbero in lor potere la città di Granata, lungo tempo da quegli assediata, la quale ottennero a patti da Granatesi negli anni di Cristo. MCCCCXCI, vinto il Re di quella, e i fieri Barbari. Per li quali degni, ed eccelsi fatti, certamen te, senza ingiuria, si può dire, piu deue a questi Re la Cristanità, che a se stessi, si per la virtù loro, come anche per lo zelo della fede. Simili imprese dourebbono, con diritto occhio riguardare i Principi Cristiani, e il zelo della religione e della fede muouergli contra 'l Serpe d'Oriente, che se bramano Tefori, Regni, prouincie, e ricchezze infinite, iui è il fiore che vi portò e lasciò Costantino, e tanti altri Imperadori Cristiani , anzi tutte le ricchezze: ma che; piu tosto contra se stessi riuoltando le punte de i ferri, danno spazioso, e largo campo a gli infedeli d'accrescer l'Imperio suo. Soli quei Cristianissimi Re di Spagna, non solamente mostrarono che la republica Cristiana fos se loro, a cuore. ma lo fecero con effetti conoscere. Ebbe quattro figliuole femmine, non meno sag ge, e prudenti di lei. Due furono Reine di Portogallo: la terza abbiamo veduto Reina di Spagna, e madre di Carlo Quinto Imperadore: la quarta d'Inghilterra, e moglie d'Arrigo ottauo, tutte da lei ammaestrate in quegli studi, che debbono essere propri, e necessari alle donne nobili, e Illustri. Mol te altre cose potrei dire di questa religosissima Isabella, le quali lascio, parendomi che molto bene si possa da queste opere conoscere, quanto sia stata Illustribima e rara. Non voglio già tacere queste due parti, nelle quali consiste, si può dire, tutta la vita attiua, e contemplatiua, che a lei furono mol to a cuore, e di che merita appo noi, d'essere, ricor dandole, lodata. Ogni giorno era ordinato, per conto suo, cento ducati douer darsi a' poueri bisognosi, appesso l'altre limosine, ch'ella, con le pro prie mani faceua: oltre di ciò, dopo il conflitto di queste guerre, fece ordinare quattrocento carrette, per condurui i feriti, co' medici da lei prouuisionati, e con tutte l'altre cose necebarie, che furono chiamate lo spedale della Reina: lo quale poi fece fare nella città e gouernar sempre ogni bisognoso: e perche, ragionando de' meriti suoi infiniti, d'uno in altro mi trasporta la penna, di sorte, che cosi tosto non verrei a capo, essendomi posto quasi in un bellissimo giardino pieno di vaghi, e odorati fiori, che cogliendone uno, mille mi s'appresentan piu belli; troncherò il filo del cominciato lauoro suo, lasciando la cura alla considerazion di chi leggerà questo poco, che di lei ho scritto maggiormente hauendone altri prima di me piu a pieno parlato.

Capitolo XXV

D'Ippolita Visconte moglie del Re Alfonso. Cap. XXV.
Ippolita, figliuola di Francesco Sforza Duca di Milano, fu moglie d'Alfonso secondo di questo nome Re di Napoli: la quale meriteuolmente tengo douere esser nouerata, non solamente per sangue, quanto per le virtù sue tra l'altre donne illustri: fu questa Ippolita, per bellezza e per castità, quasi, un lume ed esemplo del donnesco sebo: da fanciulla diede opera all'arti liberali, nelle quali fece tanto frutto, quanto abai si puote co noscere bastare alla grandezza, e maestà del Reame ch'ell'era per pobedere . Fu bellibima di corpo, quanto d'animo, e piena di graui, e modesti costumi, di sorte, che in lei si poua vedere una certa benignità, e grandezza, congiunta con una grazia, e mansuetudine, ch'ogn'uno sempre mag gior cose, che naturali, potea sperare. Fu molto affabile, ed ebbe non poca cognizione delle lettere umane, e delle diuine. Sprezzò sempre i vizy, e gl'imitatori di quelli: abbracciò continuamente con tutto 'l cuore e con l'animo le virtù, e gli spiriti amatori di quelle s'ingegnò sempre d'acquetar le discordie de' popoli, mettendosi in mezzo le ribe, e inimicizie particolari: la religione, e la temenza d'Iddio continuamente era riposta nel suo petto; liberalissima verso i virtuosi, e misericordiosa de'poueri di maniera, che tutte le gioie, e cose preziose, che auea portato seco dalla casa del padre, venendo a marito, che passauano la valuta di piu di cinquanta mila ducati, tutte le distribuì a virtuosi, e per aiutar poueri. Aueua in se una certa prudenza, e saper naturale, che d'ogni affare e quasi di tutte le Storie latine sapeua render ragione. Era ammaestrata, ed auea in cognizione tutti i costumi delle genti, delleterre, de' luo ghi, e d'ogni paese: discorreua di tutte le cose con profondissime ragioni: sapeua come i Reami, e i popoli si douevano gouernare. Mai non sopportò, ch'alcuno da lei si partisse, senza cosa, che lecitamente le fusse dimandato. In somma tutto quello, che a nobilissima, e illustre donna si conuenga, costei dal cielo, dalla natura, e dall'industria ebbe in dono. Visse fino alli XLII anni dell'età sua, ultimamente, venutale una postema nel capo, morì negli anni di Cristo MCCCCLXXXVIII in Napoli con grandissimo dolore di quanti la conobbero. Ebbe due figliuoli maschi, e una fanciul la; il primo morì, innanzi che la madre, il secodo fu chiamato Ferdinando, che poi fu Re di Napoli, di questo nome, secondo: la figliuola Isabella fu moglie di Gio. Galeazzo Duca di Milano donna molto valorosa, e illustre che punto non tralignò dalla Zia, ne dalla madre. Questo sarà bastante ad accennare il valore della chiarissima Ippolita.

Capitolo XXVI

Di Leonora d'Aragona Duchessa di Ferrara. Cap. XXVVI.
Leonora d'Aragona nacque di Ferdinando Re di Napoli e della di anzi nomata rara Isabella, e fu moglie d'Ercole primo Duca di Ferrara, di questo nome. Morì negli anni MCCCCXCIII, e del l'età sua quarantaquattro, in Ferrara, con grandissimo dolore, e danno di tutto 'l suo popolo. Questa donna, per l'innata prudenza sua, per la gradezza dell'animo, e per la fede, e religione, ho giu dicato dignissima da esser posta nel numero dell'al tre donne illustri ed ebendo stata, non voglio dir maggiore, ma eguale di meriti, e virtù ad ogni nobilissima donna, merita non essere ingannata; non delle douute lodi, conciosia che sarebbe impossibile a dirne il tutto, ma d'alcuna particella, dalla quale faccendone, come un tronco, si poba per coghiettura considerare il restante de'rami, frondi, e frutti, che da lei debbono ebere usciti. Fu prima questa Leonora di mezzana statura di corpo, ma a sofficienza bella, e benissimo formata, tutti gli atti, e gesti della quale spirauano una grandezza e leggiadria troppo incredibile, e a considerare marauigliosa. Venuta a marito, con grandissima pompa, conoscendo il Duca Ercole la marauigliosa prudenza, e l'acuto ingegno di questa gio uane, atto a gouernare maggior Regno, che lo stato suo quasi di tutte le cose, e pubbliche, e priuate, non voglio dire che a lei lasciasse tutto 'l carico, benchè con verità quasi lo potrei dire, ma seco continuamente si consigliò, e secondo il voler suo ne dispose: la quale s'acquistò tal nome di benignità, liberalità, e giustizia, che fino oggidì dura chiaro e sempiterno. Secondo i bisogni usò sem pre la clemenza e la giustitia. Fu molto ricordeuol de' benefici, e si dimostrò continuamente gratissima verso tutti quegli, che infatti, o in parole se le dimostrarono affezionati: con gran costanza seruò la giustizia, e senza termine amò l'innocenza: l'opere pie molto le furono a cuore: biasimaua fuggiua l'avarizia, come mortal veleno. E per conchiudere in poche parole, questa pudicissima, e castissima donna, ebbe tanta grazia, e fu di tanto ingegno e sapere, che nel gouerno dello stato suo, tra le inuidie, e malignità de' popoli, e sudditi che ch'oggi di viuono, i quali per gli odi, ed iniquità loro vorrebbono veder i principi, e maggiori suoi in rouina, mai non s'udì, ch'alcuno si dolesse, ne si rammaricabe, come che impobibile sia quasi amministrar giustizia, senza che alcuno, in contrario, se ne doglia. Ebbe grandissima cura nel far nutrire, e alleuar tutti i suoi figliuoli in tutte le scienze, e costumi, che s'appartengono ad illustre Principe, massimamente Alfonso maggior d'anni, il quale douendo succedere al padre, volle che fosse atto a gouernar gli altri, e sapergli comandare, come fu veramente poi. E come che que sta Leonora fosse in tutte l'azioni sue donna di singolar merito, e virtù, medesimamente in quella grandibima, e pericolosissima guerra de' Viniziani, contra 'l marito si dimostrò d'animo forte e inuitto. Imperocche auendo il Senato Viniziano fatto un'esercito contra lui, e toltoli molte castella, saccheggiando, e trascorrendo tutto 'l territorio Ferrarese, di sorte che per essere infermo il Duca, tutta la città incominciaua a temere, la Ducheba Leonora, ebendo, com'era, di grand'ani mo, non per ciò si smarrì niente, ma prima ricorsa a Dio, e poi chiamati a consiglio, con gran fede, e speranza, tutti i suoi cittadini, e i primi gentilhuomini fece loro una orazion breue, ma piena di spirito, ricordando loro, che douessero ricordarsi della casa d'Este, e di quegli illustri Signori, che da quella erano usciti, e che con tanto amore, carità, e giustizia, tanto tempo gli aueuano gouernati, e maggiormente del marito suo, sappiendo quanto sempre da lui erano stati onorati, e stimati: e che ciò non solamente con parole, ma con gli effetti l'aueuano conosciuto, la cui infermità molto piu le dorrebbe, se non conoscesse se, la moglie, e i figliuoli eber molto apprezzati, e amati da loro. Ma che vedeuano lui, e tutto lo stato essere in gran pe ricolo, per lo potentissimo esercito de'Viniziani: onde che, se non si disponeuano a dargli aiuto, e a mostrarsi amoreuoli di quello, andaua dubbio, che non cangiassero signore, e entrassero sotto noua ser uitù, dando loro a uedere, che la suggezione di quel popolo col marito non era seruitù, ma fratellanza, e che quella obbedienza, che a lui prestauano, era volontaria, e per bontà loro, e non costretta, ne sforzata, con queste e altre simili parole, la sag gia donna, operò di sorte, che il popolo incitato a pigliar l'armi, e a difendere il suo signore, e loro medesimi, conuenne insieme, e mandato a parlare al general dell'esercito Viniziano, si discostò alquanto dal territorio Ferrarese, e indi a pochi gior ni accordatisi co' Viniziani, per mezzo di questa Leonora, le cose incominciarono a ritornar di turbate tranquille, e quiete. Molte altre cose in parti colare degne di memoria potrei dire di questa illustre donna, le quali, si per esser note, come per non trapabar l'ordine mio, lascio addietro. Ebbe sei figliuoli, quattro maschi, e due femmine. Il primo Alfonso, che fu Duca, succebe al padre: il secondo Ferdinando, che fu consiglier di Carlo ottauo Re di Francia: il terzo Ippolito Arciuescouo di Strigonia in Ungheria, e Cardinal di Ferrara: il quarto Sigismondo, che visse appo il padre. Le figliuole, la prima Isabella moglie di Francesco Gonzaga Marchese di Mantoua, donna di grandis simo valore: la seconda Beatrice, che fu felicissima moglie di Lodouico Sforza Duca di Milano, im perocche vide tutti i suoi figliuoli, e figliuole collocate in non piccioli gradi. Alla fine questa Leonora infermata, nel tempo, e dell'età ch'abbiam detto di sopra, con grandissimo cordoglio di tutto 'l po polo, se ne morì. Tale fu la vita dell'onoratissima Leonora.

Capitolo XXVII

Di Gineura moglie di Giouanni Bentiuoglio. Cap. XXVII.
Gineura moglie di Giouan Bentiuoglio signor di Bologna, fu figliuola d'Alessandro Sforza signor di Pesero, chiarissima donna veramente tra l'altre illustri, e di non picciol merito. Imperocche costei al tempo suo, regnando i Bentiuogli in Bologna, fu un lume, e specchio d'ogni virtù, non sola mente iui, ma in tutta Italia, ricordata. Fu magnifica, splendida, e liberale quanto dir si poba, donna di grandissimo giudicio, e molto auuenuta, d'animo, tra laltre cose, inuitto, e generoso, mai non s'innalzò, per prosperità alcuna, e meno si abbabò per alcun trauaglio del mondo. Ebbe due ma riti, col primo fu sterile, ma con Giouanni, che fu il secondo, hebbe molti figliuoli. In tutte l'azioni sue fu molto considerata, e auuertità: non era ma ninconica di natura altrimenti, anzi lieta, e festeuole, nondimeno la solitudine l'era molto grata: non per altro, che per poter dirizzar la mente, e l'intelletto suo alle contemplazioni, e conseruar quelle cose, che solo l'intelletto astratto da ogni al tra materia, puo capire. Ebbe molto caro, che le fosse fatto spesso ricordo di tutte le donne illustri, per opere virtuose, non ad altro fine, credo io; che per potere imitarle, se in se ritrouaua alcuna cosa degna non essere, che nelle altre si ritrouabe, infiniti meriti potrei dire che m'hano mosso a ricordar que sta Gineura, della quale altri auendone ampiamen te scritto, a me pare abai auerne accennata questo poco.

Capitolo XXVIII

Di Cassandra fedele Viniziana. Cap. XXVIII.
Meglio sarebbe al giudicio mio, solamente auer ricordato, il nome di costei, che dicendo poco del valor suo defraudarle il suo diritto, imperocche quanto sia stata la virtù sua, ella isteba ne hà dato chiarissimo testimonio al mondo: nondimeno piu tosto, per seguir l'ordine, che per dirne a bastanza, ricorderò costei. Cassandra Fedele Viniziana, fu figliuola d'Angelo Fedele, ed è sta ta un lume delle scienze, e un'ornamento delle Mu se, la quale si puo dir ch'abbia acceso, e reinegrato tutte le sorti delle scienzie estinte, e quasi abbandonate dal donnesco sesso, e con una certa ageuolez za di comporre, e attezza di pronunziare, fu giudicata trapassare, e Ortensia, e tutte quell'altre an tichissime, ed eloquentissime Romane: di maniera che tutti giudicarono in lei lo spirito esser piu che diuino. Ebbe non poca cognizion di Filosofia, e di Teologia, e con acutissime, e prontissime disputazioni, piu volte ne fece dimostrazione, con non pic ciola gloria sua, e onore di Vinegia, nella qual nac que cosi rara, ed eccellente donna. Da molti dottissimi, e studiosissimi huomini, con epistole, e uer si fu salutata, onde il testimonio di ciò fin oggi di chiaro si vede d'infinite epistole a lei scritte, e in molte opere, doue è celebrata e ricordata. Fu mol to saggia in tutte le cose, piena di buon costumi, e amò grandemente la castità. Fu benigna quanto dir si possa, e negli atti suoi modestissima, e discre ta: non ebbe solamente cognizione delle scienze, ma in tutte fu molto profonda: ne contenta solamente della lingua Romana, pose grande studio ad imparar la greca, e in tutte fu molto ammaestrata. Non mi par, che d'infiniti meriti suoi, per li quali meritamente hò giudicato questa Cabandra ebere stata nobilissima, e illustre, tacerne alcuno. Fu tanta la virtù, e 'l nome di costei, che al tempo d'Agostino Barbarigo, Doge di Vinegia, faccendo egli, secondo usanza, il secondo dì di Natale, un inuito a tutti gli ambasciadori, ch'erano in Vinegia, e a tutto 'l Senato Viniziano, vi fece, per gran dezza, e splendore di questa donna, che allora era giouane, inuitare anche lei, acciocche si conoscesse in effetto, come era, corrispondere il valor suo al comun grido. La onde venuta insieme col padre, dopo il superbo conuito, in presenza di molti oratori, filosofi, e Theologi, inuitati a questo effetto, la saggia, e dotta giouane, tinta di robor casto, e pudico, con tanta grazia, e con tanta facondia fece una orazion latina, che fin oggidì ne dura la memoria: e non poco è tenuta vaga, dotta, e piena di tutte quelle parti, che se le conuengono, ne bastando questo, propose delle quistioni, e sostentò co clusioni in Filosofia, e Teologia, con tutti quegli huomini dotti, e celebrati, che per ciò erano stati inuitati, di maniera che ne riportò incredibil nome, e onore. Taccio la sottigliezza, e argutie de gli argomenti, si in conformare, come in rifiutar l'opinioni, ch'ella usò, e fatta la disputa, di nuouo fece una orazione volgare a tutti quei Signori, non men bella nel grado suo, che la latina. Spesse volte lesse pubblicamente nello studio di Padoua, doue medesimamente, con grandissima marauiglia d'ogn'uno, con ragioni, e scienze, sostentò conclusioni, giudicandosi da tutti, che non la vedeano, e ne sentiuano dire il vero, non eber quasi possibile in una donna essere infuso tanto sapere. Nella Mu sica fu medesimamente senza paragone, le quali ar ti accompagnò con la virginità sua, la quale sempre conseruò candida, e pura, non volendo mai con giungersi con marito. Scrisse molte epistole latine e greche, compose un libro di suo ingegno, dell'or dine di tutte le scienze, nel quale fa memoria con bellissimo stile di molte sette di filosofi. Da molti fu celebrata, ed è stata onoratamente ricordata: tra gli altri Angelo Poliziano, con infinite lodi, fa memoria, ed esalta questa Cassandra Fedele Viniziana, la qual dice, auere adoperato in vece del la tela, i libri, per lo fuso, la penna, e per l'ago lo stile, e hauere scritto tante epistole latine. Cosi anche nel principio d'un'altra Epistola la ricorda co queste parole, a lei scriuendo. O donna onore, e lume d'Italia, che grazie eguali ti potrei riferire, che non t'abbi sdegnato nelle tue lettere d'onorarmi? Certamente tanta fede, e amore non poteua venir da altri, che da una donna: ma che dico io donna? da una donzella, e vergine di celeste merito, e di cosi infinito valore. Lascino la memoria gli an tichi secoli delle sue Muse, delle Sibille, e di Pytia, ne facciano piu dimostrazione delle lor femmine filosofanti di Pitagora, ne di Diotima, ne d'Aspasia, di Socrate, ne meno di quelle si chiare nella Poe sia, come fu Telesilla, Corinna, Safo, Anite, Brinua, Prasifa, e Cleobulina serbino piu ricordo. Cosi in molti altri luoghi di costei predica la gran uirtù. Ne contentandosi solamente dello studio, molto si dilettò di scriuere, e lasciar memoria della verita delle cose da lei truate: e per non ispender tem po a dire meriti suoi, i quali a me pare di non sapere, come vorrei ed ella merita, particolarmente dichiarare, mi contentarò, parlando d'alcun' al tra, lasciare a piu degno spirito di me, questa onorata impresa.

Capitolo XXIX

D'Anna Reina di Francia. Cap. XXIX.
Anna figliuola di Francesco Duca di Bertagna, e rimasta unica erede di quel regno, prima fu moglie, di Carlo Ottauo Re di Francia, dal quale ebbe tre figliuoli maschi, che, viuendo an cora il padre, fanciulli morirono. Ebo medesimamente, fatto prima l'acquisto di Napoli, e ricercata quasi tutta l'Italia, in un subito pabò, da qsta, all'altra vita, negli anni di Cristo MCCCCXCVII. e dell'età sua XXVIII. Morto lui si maritò dinuouo la Reina Anna nel duodecimo Luigi medesimamente, dopo Carlo, Re di Francia, huomo pieno di giustitia, e sopra modo benigno. Questa Anna fu donna di tanto valore, ch'ardirei dire, come molti altri hanno detto, essere stata piu tosto diuina che umana, ne minor di virtù, che di stato: e se di giustizia, clemenza, liberalità, e sanità di vita la vorremo comparare a i Re Carlo, e Lodouico, de' quali fu moglie, non la trouerremo punto inferior d'essi. Fu donna tanto magnanima, e di gran cuore, che veramente quasi impossibile, dicendone appieno il vero sarebbe a crederlo: misericordiosa, e fautrice de' poueri, quanto dir si pos sa: Amò molto i letterati, e huomini studiosi de' quali fece tanto conto, che mai alcuno dinanzi le s'offerse, che riceuuto benignamente da lei, donato non gli fobe. Fu religiosissima, e osseruatrice non poco della parola d'Iddio: la scrittura sacra le fu molto a cuore: onde spesse volte proponeua agli huomini ammaestrati di quella delle cose difficili, cercandone la risoluzione, non a fine di tentar le cose, ma per diuentare in quelle piu profonda, e conoscer meglio il senso, e la verità loro. Fu donna di grandissimo consiglio, e di non minor gouerno: lasciò in gran pianto, e duolo tutta la Francia, per la morte sua, ne gli anni MDXIII. la quale, quanto sia nociuta nel grado suo alla rep. Cristiana, bene lo sa piu d'un prencipe: non voglio passar piu oltre. Mori in Bles nel mese di Gennaio, e tanto fu il valor di questa Cristianissima , e generosa Reina, che piu d'una città fu a contrasto, per auer l'onoratissimo corpo suo, che mente visse, fu stanza, e degno albergo di cosi felice, e beata anima. Finalmente, per non si poter far altro, il cuor suo fu trasportatò a Nanes, e iui sepolto: le interiora rimasero a Bles, e con grandissimo ono re donate alla gran madre antica: il corpo fu portato nella chiesa di San Dionigi. Di qui si puo considerare quanta in vita fosse la bontà, e valor suo, se dopo morte nacque questa dissensione. Non cre do mai, che per la morte d'alcun'altro spirito di valore, e pregio, fobero tanto affaticati gl'ingegni de gli huomini dotti, quanto per costei: imperocche una infinità di compositioni si videro, e oggi di si truoano, delle quali se no fosse bisogno piu tosto di farne un volume; che un breue discorso, parte ne aurei qui citate. Si puo dir veramente, che il mondo venisse in contenzione per lei, come fin'ora anche dura il contrasto d'Omero: ma a me pare, che la gara sia stata partita a questo modo, che il cielo abbia auuto l'anima, il mondo la fama, e la francia il corpo. E per non ispendere piu molte parole, veggendo ch'io non ne dico quello, che potrei, e che dourei, piu sarebbe doluto anche la morte di questa magnanima Reina Anna, se non auebe di se lasciato due esempli di virtù, e lumi di bontà, Claudia, e Renata sue figliuole, delle quali forse ne diremo al luogo suo, l'una che fu moglie di Francesco primo Re di Francia di questo nome, suc cebor di Lodouico Duodecimo, e l'altra minor d'ani, Renata moglie d'Ercole Duca di Ferrara quarto, e di questo nome secondo.

Capitolo XXX

Di Carletta di Borbone contessa di Niuerna. Cap. XXX.
Carletta di Borbone figliuola dell'Illustrissimo Giouanni Conte di Vindocina, fu maritata nel gran Signor Engelberto di Clues, che fu Conte di Niuerna, e d'Ausege. Di costui partorì sette figliuoli, due de'quali, fanciulli morirono. Due figliuole medesimamente restarono morte e sepolte a Deisia citta di Francia. Soprauissero tre maschi, Carlo, Lodouico, e Francesco. Il padre di questi Engelberto seguì Carlo ottavo, andato all'impresa di Napoli, doue lasciò di se, e della virtù sua, tal testimonio, che da lui solo fu cagionata la salute di tutto il Regno, e solo diede tanto aiuto, e fauore al l'Imperio Francese, quato fece tutto l'auanzo dell'esercito. Imperocchè nel fatto d'arme del Tarro, apprebo Fornouo, veggedo rotta la testa della battaglia del Re Carlo, e tutto il resto dell'esercito da ogni parte tolto in mezzo, con tanta prudenza, e valorosamente ridirizzò all'ordine la prima testa della vanguardia, che ritornò l'animo e le forze a'soldato Francesi, che gia disperauano la vittoria, e la fuga Onde con gran valore, e potere, fat ta una certa testa di valorosi soldati, piu che non fece Catilina, tutti ristretti insieme, cacciarono gl'inimici d'intorno a Carlo, che a schiera a schiera l'aueuano intorniato. Non poco mi duole, che le virtù e le storie di così famosi Eroi stieno sepolte. Ma perchè non è di mio disegno parlare ora del valor degli huomini, ne conueneuole all'incominciata opera, ci riserberemo ad altro tempo, auendone appieno trattato nel libro degli huomini Illustri, che uscito dal mio pouero ingegno, arricchirà forse le memorie de' piu degni spiriti. Morto questo Valoroso Prencipe Egelberto, la moglie Carletta, quattordici anni dopo lui, visse vedoua dieci, serbando la debita vedouanza, e quattro dappoi, essendosi rinchiusa in un monasterio. La vita di costei fu tanto lodeuole e onesta, che a volere appieno darla ad intendere altrui, so che in vano m'affaticarei. Tra l'altre cose fu donna mol to saggia, ne mai operò cosa indegna di lei: continuamente uisse non in quella grandezza, ch'aureb be potuto, secondo il grado suo, ma qual donna pri uata, cercando continuamente con tutte l'oppre pie, di giouare al prossimo: l'animo suo mai non si lasciò leuare all'ambizione: ebbe costumi santissimi, e onesti: ma da poi, che il marito passò da que sta all'altra vita, per dieci anni continui, mostrò grandissimi segni del valore, e bontà sua, non solamente fece benefici a persone che le fossero vicine, ma anche, doue giunse alle orecchie sue il bisogno d'altrui lontano, ella medesima andò a rimediarui: Ultimamente stata a questo modo dieci anni, non ispinta dall'ambizione, ne per coprire sotto i veli di santimonia i cattiui pensier dell'animo, come molte oggidì fanno, che credendo d'ingannar Iddio, e'l mondo, se medesime dannano; andò in un monasterio, non per acquistar, con le astinenze, digiuni, e orazioni il paradiso, come molti si danno ad intender di fare, per simili azioni, ma per far la vita sua piu tranquilla, e solitaria, dirizzando la mente alla contemplation diuina. Visse, dopo che si rinchiuse iui, solamente quattro anni, e morì negli anni di Cristo MDXX, la quale, per molte sue virtù, e per l'infinito Valore, come che ne ab bia detto poco, m'è paruta degna d'essere annouerata tra l'altre Illustri.

Capitolo XXXI

Di Damigella Triulzia. Cap. XXXI.
Fu damigella Triulzia donzella Milanese, dell'antichissima, e nobilissima famiglia Triul zia, e fu figliuola di Giouanni Triulzio Senator di Milano, e gran Signore, e d'Angela Martinenga potentissima famiglia di Brescia, donna non poco letterata: Questa fanciulla nodrita fino a'sette an ni da'padri, si puo dire, che da indi in poi, che incominciarono, a volerle fare apprendere i primi principi delle lettere e grammatica, che le Muse sempre la gouernassero. Imperocche costei è stata una di quelle perfette donne, che trouar si possa, ed ebbe un'ingegno, e una memoria, sopra modo naturale, acutissima, e profondissima. Appena fu posta ad imparare i primi principi, che in un subito, marauigliosa cosa da credere, non le era dato libro nelle mani, che benissimo, e con grande spirito non lo leggesse; indi applicata all'arte di Gramatica, a quella diede tal'opera, e vi fece tanto profitto, che come acutissimo, e studiosissimo gramatico, conosceua ogni minimo error della lingua; si fece tanto familiare la latinità, che quando di quella parlaua, era tenuta, come un oracolo: nelle orazioni ebbe bellissimo modo, grauissimo puro, e ageuole stile. Queste virtù non paruero solamenta acquistate da lei , ma di tal modo vi fiorirono, che fu giu dicato dal cielo, e dalla natura, essere infuse in questa Damigella, piu tosto che acquistate con fatica di studio. Dinanzi a Pontefici, vescoui, e grandissimi Prencipi piu uolte fece molte orazioni, nel le quali dimostraua tanta grazia, e maestà, che tut ti quei modi, che si conuengono in un perfetto ora tore, in costei si uedeuano piu chiari nel proprio effetto, che da Cicerone non sono scritti. Di qui chiaramente si puo conoscere, quanto grandi, e marauigliose sieno le forze della Natura, attento che, e anch'io sono di questa opinione, piu tosto da i cieli, che da studio fosse in costei infusa cotanta grazia. Ne contenta delle lettere latine, si dispose auer cognizione medesimamente delle greche, e con poca fatica in quelle diuenne eccellente: doue poi si fermò molto nella filosofia. Di dodici anni il nome suo incominciò a volar per bocca degli huomini dotti, e da tutti essere tenuta in pregio, non come donzella, che per esser donna fosse da apprezzare, per ogni poca virtù, e scienza, che in loro, rispetto al sebo dee parer molta, ma perche al paragone d'ogn'uno, che facesse quella professione poteua stare. Fu di cosi profonda memoria, che di cio ne fece merauigliose esperienze, e si puo dire, che auanzasse Temistocle, e Seneca Filosofi, e a Mi tridate, non fosse punto inferiore a Pietro da Rauenna, cognominato dalla gran memoria Memoria. Imperocche fece pruoua nell'età, ch'abbiamo detto di sopra, udendo recitare una lunghissima orazione, medesimamente senza lasciarui pure una clausola, di ridirla tutta: non udì, ne anche mai cosa, che ne perdebe un minimo iota: piglian do qual libro si volebe, letto che l'auea due volte sole, sapea recitarlo tutto: ma di piu, cosa che in pochi di simile spirito si truoua, perchè, per lo piu questi tali, in cui sono queste merauiglie, come sono ageuoli ad apprender le cose, cosi anche poco so gliono durar nelle memorie loro, e tosto se le scordano; in costei restauano tutte le cose da lei recitate una volta stabili, e durabili, e cosi dopo lungo tempo, medesimamente se le ricordaua. Dell'opere sue ho veduto io la tine, e Greche di mirabile spi rito, maggiormente l'Epistole.Oltre di ciò fu di tanta purità e bontà che non si ritrouò mai in che correggerla: e fatta la proua della pazienza sua, tutte le cose udiua, che l'eran dette, accettaua i consigli, e restaua obbligatissima a chi gliele porgeua. Non trouò ch'auesse marito, ma visse sempre piena di sapienza, conseruando la pura virginità sua. Di costei a volerne appien conoscere il tut to, perche non si potrebbe spiegare in carte egli è di bisogno imaginarsi, che fosse tale, che in tutte le parti non si potesse aggiungere cosa alcuna, e senza dubbio, tanti beni dell'animo credo io, che gli ereditasse da molti altri antecebori suoi, che fu rono molto celebrati, i quali mancando, e restate queste ricchezze senza erede, raccolte in uno, e mol to cresciute, peruenibero in lei: e tra gli altri che furono rari, e degni spiriti, vi fu la zia, madre del la madre di costei, chiamata Damigella, della quale questa seconda Damigella, si come fu erede del no me, e da lei cosi chiamata, senza dubbio acquistò anche le virtù sue. Imperocche questa Damigella prima fu figliuola di Matteo di Sant'Angelo huo mo valorosissimo di guerra, e general delle Fante rie de' Viniziani, e moglie d'Agostino Martinengo nobilissimo gentilhuomo Bresciano, donna veramente tanto compiuta, e perfetta, quanto dir si possa: la quale, come che fosse maritata, tanta fu la castità, e Pudicizia sua, che merauigliose cose ne potrei raccontare: restò vedoua del marito, ne mai piu fu possibile, stimolata senza termine, che potesse essere condotta a pigliar nuouo marito. Rispondeua a tutti, come fece Porzia minore, che lodandosi seco una donna del secondo marito, ella le rispose, ch'una felice, e pudica non si maritò mai piu d'una volta: per queste, e altre simili opere lodeuoli, meritò la magnanima donna titolo d'Illustre, e di famosa.

Capitolo XXXII

Di Chiara Ceruenta di Valdaura. Cap. XXXII.
La Patienza, l'amore, e la benignità di costei, meritamente ha voluto che prima per man d'altrui, che per le mie, il nome suo sia donato alla memoria degli huomini; nondimeno non reste rò anch'io di ricordarla. Chiara Ceruenta moglie di Bernardo Valdaura, essendo donzella giouanetta, e bella, fu menata a Bruggia città in Fiandra a marito d'età di piu di quaranta anni, la quale nel la prima notte ch'entrò nel letto, per consumare il matrimonio, s'auuide subito il marito essere mal condizionato, e non molto sano della persona: la onde auendosi a lui, con l'animo, piu che col corpo maritata, non per ciò si turbò niente, anzi con for tissimo cuore, e animo, non volendo consentire, che quel corpo, che Bernando già ignudo auea veduto, e toccato, altri auesse, per condolersi ella, in vita sua, a vedere, e godere, sperando, e confidandosi nel Re de' cieli, che a quel buon fine che s'era mossa, auesse ad essere aiutata; incominciò amar lo e riuerirlo senza far, come forse molte, che piu tosto l'aurebbono odiato. Non molto dappoi cadde il Valdaura in una grandissima infermità, della cui salute e vita, e i medici, e ogn'uno disperaua: ma essa, e la madre con tanta cura e solecitudine intorno alle necessità dell'infermo s'adoperarono, che per ispazio di sei settimane intere, mai non si spogliarono, eccetto che per mutarsi di cami ce: ne mai in alcuna notte riposarono amendue un'hora, dopo l'altra: così menando la lor vita, e spendendo i giorni, e le notti. Questa spezie d'infermità era tale, che i medici la dibuadeuano, che non molto s'accostasse, ne s'intrigasse con lui: quel lo stesso la consigliauano i piu famigliari, e piu tosto, per beneficio dell'infermo, secondo il costume Cristiano, cercauano di prouuedere, per la sepol tura del corpo morto, e di fare, che con quel poco di spirito, che in lui era, dirizzasse gli occhi dell'anima a Dio, non essendo, piu che tanto, da far fondamento, ch'auesse a risanarsi . Ma la fedel moglie, togliendo tutte le cose, secondo il voler d'Iddio, non perciò smarrita, mai non lo volle abbandonare: anzi deliberata fino a tanto che gli uscibe lo spiri to, di non mancare a quanto se le conueniua, continuamente, schifandosi tutti gli altri e parenti, amici, con quella carità, e vero amore, che maggior mostrar si puote, gli attese, no curado ne illezzo, che da ql corpo piu morto, che uiuo usciua ne faticha, che per lui patiua; co infinito affetto e incredibile amore, doue gli altri schiuauano vederlo, ella il toccaua, maneggiaua, e seruiua: la onde, per confermation de' medici fu detto, il Valdaura essere stato tolto dalle mani della morte. Imperocchè allora non morì altrimenti. Onde nacque, che alcuni piu tosto facetamente, che da Cristiani par lando, dibero: Iddio auer deliberato d'amazzare il Valdaura: e la moglie ebersi ostinata di non voler lasciar torselo dalle mani. Indi a poco incomin ciarono di nuouo a Bernardo ascendere dal capo alcuni ardentissimi umori, che gli rodeuano il naso, onde i medici gli dierono certa poluere, che con una cannella, ouero con una penna bisognaua, ch'egli, ritirandola col fiato, purgasse quei buchi, da quai n'usciua una cosa orrenda, e stomacosa, di che ogn'uno rifiutaua questa cura: ma l'amoreuole Chiara, non ricusò gia anche questa fatica spauenteuole a tutti gli altri: anzi di piu, bisognando ogni ottauo giorno radergli la barba, per rispetto di quelle infinite sporcizie, che dal naso, e dalla boc ca per le gote, e per lomento gli usciuono, ella sem pre fece tutti quegli ufici. Curato di questo morbo di nouo ricadde in una infermita lunghissima, qua si per ispazio di sette anni: doue diuenuto compiu tamente marcio, e da tutti abandonato, ella sem pre, fino all'ultimo giorno della sua vita lo feruì, ne mai gli mancò di medicarlo, e di curargli tutte le piaghe: ed essendo venuto a tale, che nessuno piu non ardiua d'appressaruisi, tanto puzzaua, e sbigottiua ogn'uno ella continuamente, come se fano fobe stato, gli staua intorno. Ma il fiato suo era ve nuto a così cattiuo termine, che per dieci passi da lungi si sentiua il cattiuissimo e pessimo odor suo, al qual era impossibile, senza grandissima noia, approssimarsi, Chiara giurò, a lei mai nou hauer puz zato, ma sempre come pieno di buono, e soaue odore eberle piaciuto. E in quella casa, nella quale per ispazio d'anni dieci, dopo la prima infermità, ch'eb be il Valdaura, fino all'ultimo che morì, le rendi te piu tosta erano declinate, che cresciute; ella per non mancare al marito spogliò la casa d'argenti, di vesti, di gioie, d'anelli, e d'altre cose simili, non per donando a spesa alcuna per souuuenir pienamente a quello. Morì finalmente vecchio, anzi piu tosto usci di pene, tormenti e di sepoltura, con grandissimo cordoglio di Chiara, di maniera, che quanti la conobbero affermarono non auersi potuto veder mai in altra ch'amasse di cuore marito giouane, bello gagliardo, e caro simile dolore, per la morte sua, di quello, che si vedebe in costei per quello vec chio, deforme, debile, e piu tosto odioso. O segno di pudicizia, o vera fede di moglie, o intero, e perfetto amore. Chi non dirà Chiara Ceruenta essersi maritata all'animo e non al corpo di Bernardo Valdaura? o vero non auer giudicato il corpo di quello, non esser suo? O Euripide se tu auebi auu to tal moglie, tanto auresti lodato le femmine, qua to l'hai biasimate. Se tale tu Agamenone, t'aureb be aspettato e riceuuto lietamente, e trionfante, dopo molti anni, che vittorioso ritornasti da Troia. Risponderanno a ciò le plebee, e diranno questi ufici, che fece costei erano da feruenti, e non da don na nobile. Ma no fu plebea ne ignobile Chiara Val daura, anzi di sangue nobile, e molto piu Illustre per la bontà sua, ne le mancauano serue e ministri. Ma mi dicano queste tali, sono elleno forse piu nobili della moglie di Temistocle Re d'Atene, anzi si gnor della Grecia? che quasi sola amministrò al marito nell'infermita sua? Piu illustri di Stratonica moglie del Re Deiotaro, che al marito vec chio, infermo, e debile fu sempre cuoca, medica, feruente, e ministra? Piu onorate di quella Reina di Brettagna, che succiaua le ferite al marito? Le donne Romane non lasciauano i loro mariti ebere gouernati per altre mani, che per le sue. Tu, che per la tua ricchezza ti stimi nobile, restati con quella, che chi ti toglie per isposa non a te, ma alla tua facultà s'è maritato. Pensi forse d'eber moglie solamente, quando il marito si giace teco? O in ciò giudichi fermarsi il matrimonio? Veramente tu rompi le leggi d'Iddio e della Natura. Ma non piu di questo, ch'a me dee solamente essere restato abai d'auer ricordato breuemente il nome, e l'amore fedele di costei, che ha meritato luogo tra l'altre pregiate.

Capitolo XXXIII

D'una Giouanetta contadinella del territorio Padouano. Cap. XXXIII.
Benchè il tempo maligno, e inuidioso, abbia tol to dalla memoria de gli huomini il nome di questa felice, e ora beata giouanetta, debbo io sopportare, che non la castità, ma la virginità sua, con tanto generoso atto, da lei conseruata, che fino oggidì dura nella bocca di molti, non dia piu chia ro testimonio ed esemplo di così casto, e lodeuole effetto? ouuero, per tema di non ebere biasimato, la debbo lasciare addietro? considerando che infiniti potranno dire, che nel numero, ch'io ho raccolto di tante donne illustri, per sangue, e piu per proprio valore, non douea porre costei e senza nome, e di così babo grido, vilmente nata. Ma che risponderanno eglino poi? s'io facebi loro conoscere, che, costei fu molto piu nobile, e d'animo piu generoso, che infinite, ch'io potrei dire, nate, nodri te e alleuate ne i reali palagi? e che si come questa fanciulla si hà acquistato il nome d'Illustre, cosi quelle l'hanno perduto, e lo perdono. Tutta via, perche la deliberazion mia è di ricordar parte di quelle donne, che hanno, per propri suoi, meriti, ottenuto il titolo de'Illustre, e non di dire di quelle, che hanno tralignato dal sangue suo, seguirò l'ordine incominciato, ingegnandomi di farmi tenere piu tosto cariteuole e uficioso del vero, che maligno, parziale, e imitator dell'adulazioni. Nel MDIX. che Padoua fu assediata da Mabimiano Imperadore, con la lega di molti altri potentati, a danno e distruzione della santa Rep.. Vi niziana, gloria, sostegno, e reputatione di tutto 'l mondo, non che d'Italia, tutti contadini del contado fuggiuan nella città a piu potere con le loro robe, bestiami, e altre masserizie, per più sicurtà loro, secondo che in simili termini è costume. Auuenne in questi bisbigli, ch'una contadinella, fuggendo verso Padoua, con molti altri de' suoi, uscendo di strada, si smarrì da quelli, e sola, dopo molto girare, peruenne alla porta della città. La onde, secondo il solito, essendoui una buona guardia di soldati, e veggendo alcuni di quelli questa giouane garzonetta, bella, incominciarono ad esserle d'intorno con buone, e con cattiue parole, usandoui apprebo la forza, alla quale non v'era ragione, che contrastabe: perchè in simili trauagli le leggi tacciono, la ragione dorme, e i ministri di quella attendono ad altro: nondimeno la valorosa e castissima fanciulla, tanto seppe adoprarsi, che allora fuggì le lor mani, e quella fiera violenza. Tuttauia, seguitandola alcuni, di quei soldati ostinati, e disposti di torle quel fior di virginità a lei piu che la vita caro, giunta che fu ad un pon te della città, chiamato ponte Coruo, doue passa un fiume detto il Bacchiglione, altri dicono la Breta, che si diuide per la città, veggendo non potere oggimai piu schifare il gran pericolo, per forza di non lasciar la virginità sua, animosamente si gittò nell'acqua, e cercando molti d'aiutarla, che non s'annegasse, mai la costante giouanetta non volle, come le fossero porte e funi, e aste e diuersi altri ordigni, per poter giugnere alla riua, a niente appigliarsi; ne riceuer sostegno alcuno affine di non ritornar piu in quelle scelerate mani, che voleuano spogliarle quella santa virginità, della quale ella se n'era tanto degnamente vestita. Cosi rendendo lo spirito a Dio, e portando seco il fior virginale, lasciò iui l'immaculato, e felice corpo: il quale ignobilmente fu apprebo quella riua sepolto, senza quasi piu durar la memoria di così generoso atto, degno di viuere per sempre nelle menti delle donne illustri. Chi dirà costei non essere stata Illustrissima, e nobilibima, e nata con un ani mo generoso, e pien di valore? Se tanto commendiamo Lucrezia, Chiomara, e molte altre, che dopo l'auer perduto per forza la loro pudicizia han no riuolto i ferri contro se stesse, e vendicatola con tra chi leuata loro l'auea, quanto maggiormente dobbiamo lodare riuerire et innalzar costei, fino alle stelle, che per seruare la castità sua, pura, e intera, non ricusò la morte? O felice e beatissima anima, o chiaribimo specchio, lume ed esemplo del donnesco sesso, al corpo tuo, a quelle santibime essa, e alle reliquie di quella onoratibima stanza, in cui fu rinchiuso così degno e beato spirito, si couerrebbono i Mausolei, e le Piramidi, e altri mag giori spettacoli, acciocchè il nome tuo non si fosse smarrito, e cosi lodeuole atto durasse eterno. A Bra silla da Durazzo vergine e donzella non diede l'animo da se darsi morte, per conseruar la virginità, ma per le mani altrui volle ben morire. Imperocchè vedendo il vincitore crudele e fiero, voler leuarle la pudicizia gli promise, che se la lasciaua senza spogliarla del fior virginale, che con un sugo d'un'erba lo farebbe inuiolabile, e securo da tutte l'armi, che non potrebbe mai ebere ne ferito, ne amazzato. Accettò il partito il soldato, ond'ella allora tolse la prima erba, che le venne alle mani e ugnendosi il collo, lo confortò a farne la proua sopra di se, dicedo ch'altre volte n'auea fatto espe rienza: e così in vece di dargli la sua virginità, fece ch'egli, credendo alle sue parole, le leuò il capo: onde vergine se morì, piu tosto che viuere vergognata. Se tanti anni sono, che la memoria di co stei dura, perchè non merita l'atto di costei esser celebrato? Non danna Girolamo, loda Ambruogio nel libro delle vergini ebere lecito, per seruar la virginità il darsi morte: adduce l'esemplo di Pelagia che di x v anni, per seruar la virginità con la madre e sorelle si gittò in un fiume. Sofronia, che veggendo il marito contrastare con Massimino Imperadore, che le voleua macchiare la pudicizia, con un coltello s'aperse il petto. Molti altri esempli sono nelle sacre lettere. Però mi pare che degnamente abbia ricordato e la virtù di costei, degna d'altre lodi che delle mie.

Capitolo XXXIV

Di Lisabetta Gonzaga Duchessa d'Urbino. Cap. XXXIIII.
Come potrò io giugnere col mio basso ingegno al sommo de gli onori di questa magnanima donna? ch'a giorni suoi fu un tempio di Pudicizia, una scuola di virtù, un lume di fede, uno spec chio di santità, e un'esemplo di costanza? Se i piu rari, e pellegrini ingegni, ch'a'giorni nostri sieno stati, e ch'io per la riuerenza debitamente portata a loro, non ardisco nomare, dicendone, e scriuendone ampiamente, non hanno potuto fare, che molto piu di quel, che si truoua, non vi sia restato a dire? Maggiormente, che a me bisogna, col testimonio loro che, ne hanno fatto i volumi, le virtù di costei ridurre, no in breue compendio, ma in un breuissimo capitolo? Non sara adunque chi si ma rauigli, se da cosi profondi fonti di scienza, come è stato un Sadoleto, un Bembo, Federigo Fregoso, Gismondo da Fuligno, Filippo Beroaldo, Baldassar Castiglione, e tanti altri, ch'io non dico, e che hanno di costei partorito tutti insieme fiumi, e mari di lode, io mi partirò senza auerui, non pur toc cato il fondo, ma appena tratta la sete: e che trat ta la sete? ma ne pur anche immollato le labbia. Perche spauentato dal suggetto, ritenuto dalla grandezza degli scrittori, e poco aiutato dal debile ingegno mio, mi sarà forza eber tale, se le vir tù sue non mi facessero piu che io. Lisabetta figliuola di Federigo Gonzaga, e sorella di Francesco Marchese di Mantoua, specchio di pudicizia, e albergo d'ogni virtù, fu moglie del magnanimo Guido Ubaldo di Monte Feltro, figliuolo del Duca Federigo, e Duca d'Urbino, donna per nobiltà di sangue, per valore, per grazia, e per bontà, piu tosto diuina, che umana. Della quale per mostrare in parte, quanta fube la pudicizia sua, non po tendo tacere, quello ch'a tutti fu manifesto, ben ch'ella, guidata dalla modestia, cercasse che ciò fosse nascosto, da questa farò principio. Maritata la nobilissima Donna giouanetta, e bella in Guid ubaldo, due anni giacque in un medesimo letto col marito prima, ch'egli chiaramente si conoscesse im potente. Onde vedendo apertamente che non era abile ad usare il coito, mesto, e doglioso manifestò alla moglie, che giudicaua da malie ebere impedito onde a lei non si potesse dimostrare huomo, chiamandosi misero, e in tutto infelicissimo poi che non solamente gli era tolto la speranza di lasciar di se eredi, ma che anche a lei non poteua dar quel contento, e piacere che il matrimonio ricercaua: e di piu che sappiendosi questo, tutti i popoli gli porterebbono odio. Udite queste parole dalla saggia donna, che molto prima s'era accorta della cosa, ne mai s'era dimostrata non pure auuederse, non che lamentarsi, ne di ciò parlato con persona alcuna, con allegra faccia, incominciò a consolarlo, e pregarlo, che con forte animo volebe soppor tare i colpi dell'ingiuriosa fortuna, che molti Re erano gia stati, e di presente si trouauano fuori di speranza di figliuoli, e per questo non si douebe rammaricare, che non era solo: tanto piu che spes se volte da i buoni padri nascono cattiui e scelerati figliuoli: onde tutte le cose, alle quali Iddio con sente, si debbono pigliare a buon fine. Di quello poi che a lei s'apparteneua non douebe dubitare, ch'el la non era punto per iscemar l'amor suo verso lui, e che quel fior di pudicizia, che gli auea portato in casa, era per conseruarlo fino all'ultima sepoltura, acciocche, non potendo egli goder quello, che a lui era destinato, altro huomo non auebe a possederlo. E che darebbe opera che quello, che per due anni era stato nascosto, per l'auuenire da lei mai nofobe scoperto. Quello che l'onestissima donna disse, medesimamente oberuò: la onde piu di quattordici anni vissero insieme, che non solamente i popoli, ma i propri famigliari segreti, ne alcuno della cor te, mai s'accorse il difetto della sterilità proceder da Guid'Ubaldo, anzi ogn'uno giudicaua piu tosto la Duchessa Lisabetta essere quella, da cui venibe il mancamento. Ne mai questa cosa si sarebbe risaputa, se il proprio marito di sua bocca non auesse manifestato, come passauano le cose, allora quando cacciato dello stato da Cesare Borgia se n'ando a Milano dal Re di Francia, che si trouaua in Lombardia, nelle cui mani erano tutte le sue ra gioni, per impetrar fauore. Dal quale non auendo ottenuto grazia alcuna, imperocche il Re era in lega con Alessandro Borgia sesto Pont. Mab. Pa dre del Duca Valentino; perche presentendo, che dal Papa, e da Casare era cercato di far morire diede loro speranza di separarsi dalla moglie, e di voler farsi prete, affermando non auer mai per es sere impotente, potuto consumare il matrimonio, con la moglie: e dimandatone dal Re se cosi fosse, confermò quello che era, cosi dallo stesso Marito palesata la cosa, incominciò poi a diuulgarsi per tut to, che il Duca o fobe per difetto di natura, o per lo mal delle gotte, che sempre gli dieron noia, o per quello, che da tutti fu creduto per arte magica da Ottauian suo zio, per desiderio dello stato il quale di queste arti fu molto instrutto, era impotente. O infinita pudicizia di donna, o costanza incredibile, o bontà rara, e perfetta, viuere da circa XX anni appresso il marito nella propria casa, dormire ogni notte seco nel proprio letto, stringerlo, abbracciarlo, baciarlo, riuerirlo, amarlo, e si puo dire adorarlo, senza mai curarsi ne dolersi di non poter consumar il matrimonio. Questa è vera costanza di pudicizia. Questa è stata vera proua di far fede, che piu possa lo spirito, che la carne, e l'appetito: Che piu possa la fede, e l'amore, che la luburia, e la lasciuia. Quale sarebbe stata altra, che non quattordici anni auesse voluto stare, senza palesar questo, ma ne anche quattordici mesi, e quale durar XX mesi non che venti anni sino alla morte del marito, senza separare il matrimonio: Ed ella sforzata, pregata, costretta si per beneficio suo, come per lasciar di se eredi, mai no uol le intenderla di separarsi da lui: sempre negò il difetto esser del marito: mai non consentì, che ciò fosse detto, anzi ebbe non poco a male, che il vero venisse a notizia. O fedelissima, e castissima don na, dirizzino gli occhi in te quelle, che spinte da lussuria, che veramente vogliono dimostrare d'essersi maritate col corpo, e non con la mente, che non pure rompon la fede a'mariti, ne solamente si contentano di piu d'uno innamorato, ma da loro si partono, e delle sue case fanno una publica stanza di meretrici, e concubinari: e per ogni minima cagione, e tallor bene spesso senza, disfanno i maritaggi, e con una carta con quattro lettere d'oro si fanno dispensare; Poi che tu Donna giouane, no bile, bella, e auuezza ne'reali palagi volesti mostrare, che non col corpo, ma con l'animo t'eri con giunta con GuidUbaldo. Ne solamente vincendo se medesima con una sola pruoua di se, fece esperienza, ne fu degna in ciò d'una sola lode, imperocche di qui si videro molte magnanime cose. Pri mamente con ragione potendo separarsi dal marito non volle, essendosi maritata in huomo al matrimonio non abile. Poi per amor del marito pose dal canto il desiderio, che regna in ogn'uno, a cui solamente sia ampia facultà, non che stato, e giuridizione, di lasciar di se eredi, figliuoli, e successori, acciocche lo spledor delle famiglie non si estin gua: oltre di ciò, cosi si portò col marito, che per non dare indizio della cosa; mai da lui non si dipartiua, e ogni notte almeno una volta, affettuosamente quel piacere, che poteuano insieme piglia uano, senza mai contaminar l'animo. Imperocche l'altre donne, che perpetuamente hanno conseruata la pudicizia sua, o sono andate ne'monisteri separandosi dalla conseruazione degli huomini: e mai non si son maritate: e nelle case de'padri, e fratelli quanto piu hanno potuto, si sono astenute dalle pratiche loro. Ma questa donna nella casa del marito, nello splendore, e moltitudine d'huo mini, tra giuochi, e tra la licenza del matrimonio, in mezzo l'udir quelle cose, che alle donzelle sono nascoste nella camera, e letto del marito, viueua nel suo seno, si struggeua d'amore, si congiungeua in abbracciamenti con esso, quali si fobero: ed essendo stata cosa difficile, e grande l'auersi voluto conseruar vergine, cosi è marauigliosa, e quasi incredibile auer potuto. Ma passando piu oltre: l'animo suo fu pobessore di molte altre buone par ti e diuine, e per lasciar quelle, che sono proprie delle donne; nondimeno non si trouano in altre, che in donne perfette, l'innocenza, la pietà, la santità, la religione, le carezze verso gli huomini, la diligenza verso i familiari, la cura di tutti, la moderazione nelle cose priuate, lo splendor nelle pubbliche, e simili altre cose furono in lei, e delle quali fu molto ricca. Nell'esiglio del Duca, quando fu fuor uscito, la fedel Lisabetta sempre volle essere partecipe de'suoi affanni, sempre lo consolaua, leuandogli gran parte del duro affanno, ne mai, come la fede Sulpizia moglie di Truscelione, e l'amoreuole Ipsicratea Reina di Ponto, abbandonò il marito: continuamente con incredibil prudenza, e saldi consigli confortandolo, e porgendogli di que'rimedi e utili consigli, che sono di gran consolazione a gli afflitti, e battuti da simili colpi di fortuna: onde auuenne poi, che Guido Ubaldo tra tutte le felicità che ebbe e innanzi, che fosse cacciato dello stato, e che poi vi fu rimesso, la principal e più cara tenne quella della moglie, che di Pudicizia non agguagliò, ma di gran lunga auanzò tutte l'antiche, e le moderne. Ora, per ridurre a maggior breuità, ch'io poba, le 'nfinite vir tù di costei, poi che GuidUbaldo ebbe corso gli anni XXXVI.dell'età sua, nel qual tempo breuissimo, e poco, dalla infermità delle gotte, la maggiore e la miglior parte della vita sua era così deformata, che non auea quasi piu sembianza umana, ne gli era restato altro, che 'l fiato, e la luce, consumata la carne, e mancato il vigore, l'anima se ne volò al cielo, e lasciò l'oba alla terra. Qui non mi par da tacere ma breuemente d'esporre la morte sua, e'l dolor dell'onestissima Lisabetta: Imperocchè, sentendo egli appropinquarsi l'ora di lasciare il mondo, e andare al cielo, auendo appo di se la ca ra moglie, che teneua nelle sue la mano di quello, riguardando tale affetto, che pareua volesse riceuere nella bocca sua lo spirito, che da quello aueua a uscire, la saggia Emilia Pia donna di gra d'animo, di molto consiglio, di gran prudenza, e in finita pietà e molte altre donne e huomini di gran conto, verso ognuno, parlò in questo modo. Io son giunto al fine della vita, come vedete, sono chiamato da quelli, che hanno consentito, ch'io sia stato qui quel tanto, che ci son dimorato, a'quali ren do infinite grazie, che m'abbiano finor lasciato viuere al mondo, che non mi pento di quanto son vissuto d'ebere molto viuuto, ne peso che a voi rin cresca, come anche che io muoia inanzi al cospetto vostro, e veggia quelli, che restino dopo me, onde muoio volentieri. Perchè non mi par morire, auendo voi, negli animi de' quali, e nella cui memoria certamente potro molto piu, che un tempo viuere. La onde mi parrà d'auere impetrato da Iddio tutte le cose, se otterrò da voi, che viuiate come s'io fossi vosco. E riuolto a Francesco Maria dalla Rouere, che poi successe a lui, disse: A te prin cipalmente figliol mio, che io, come che auendo altri nipoti di mie sorelle, come tu, nondimeno hò voluto, che mi sy figliuolo, istimando, ch'abbi ad essere a me simile, conuiene, da qui innanzi come io ti fossi sempre presente, fare e dire tutte le cose di tal sorte, che non sieno indegne d'un figliol mio, Sempre figliuol mio a te farò presente, e da quel lo go, doue gl'Iddei vorranno ch'io vada, riguarderò ciò, che farai, e dirai, maggiormente, che a te conuiene imitare prima de gli altri Giulio II. Pontefice Massimo tuo Zio, il Duca Federigo di buona mem. mio padre, e Giouanni tuo Prefetto di Roma de' quali viuendo uno ne i consigli ti potrai molto valere, e de gli esempli dell'altro imparare, attendendo alle scienze, faccendoti quelle due famiglia ri, d'auer cognizion dell'istorie, e dell'arte oratoria, delle quali deue ebere adornato ogni degno prencipe. Ultimamente questo ti comando, che alla Duchessa tua madre siy ubbidiente in tutte le co se, e l'osserui in ogni qualità di pietà: che così in un conto la instabilità della giouanile età stabilirai, nell'altro a me farai cosa grata. Grandemente desidero, che quella fede, amore, e osseruanza, che in onorarmi hà dimostrato, locarla in te e nella pie tà e carità tua verso di lei: la quale, giusto è che chi è erede delle altre cose, anche abbia questa. A te veramente perfettissima, e carissima moglie, niente comando. Imperocchè, che ordinerò ora io a te che muoio, la quale, mentre vissi, non m'hai pur mai lasciato luogo d' auuisarti ne ricordarti alcuna cosa? Quello, che dirittamente a te s'appar teneua di fare, da te sempre fatto l'hai. Ti confor to adunque, e se sopporti ti prego, che tu procuri il figliuolo amministrar lo stato, tanto, che viuerai in tal maniera, e con tal ammaestrameti, che degnamente sia degno di noi, e de' suoi maggiori. Ma anche dimando questo con grande istanza da te: che come aurai eseguito tutte le cose, secondo il parer tuo, che non debbi piangere la mia morte, ne mi turbi quel riposo, ch'io spero tranquillamen te goder appo Iddio. se le lagrime tue non m'impediscono. Dette queste e molte altre cose, verso ogn' uno indi a poco se ne morì. Qui non so io come mi fare a voler dimostrar l'effetto dell'amore di questa singolarissima moglie: la quale, mentre senso o spirito fu nel marito, sempre lo riguardo con gli occhi asciutti, acciocchè non turbabe, per compassion di lei, quello, che moruiva. Ma come affatto lasciò di viuere, e appena fu spirato, qual fuori di se, si lasciò cader sopra lui, e con altissima voce incominciò a esclamare.. Ahi marito mio, perchè mi lasci? Doue vai? L'animo per la grandezza del do lore la lasciò vinta e debile, onde senz'altro allora poter dire, cadde tramortita. Furono di quelli, che la credettero veramente morta, di sorte non si trouaua rimedio per farla rinuenire, ed in lei ritornar gli smarriti spiriti. La onde incominciò a piangere in un tempo la morte di due l'una veramente piu giusta, quella della donna piu compassioneuole sorte di pietà, la faceua piu miserabile. Ma Iddio, che allora non volle tanto dolore, fece, che nelle mani de'suoi, non sentendo ella alcuna cosa, fredda, e quasi senz'anima, incominciò pian piano a rinuenire. Onde aperti gli occhi, riguardando verso il cielo, e poi affisandogli verso quelli che si sforzauano, secondo il poter suo, ritornarle lo spirito, come piu tosto potè parlare, disse. Che importuno pensiero, che fatica oltre il douere è sta ta questa vostra? Perchè crudeli, e d'ogni pietà priui, mi vietate seguire il mio signore? Perchè auete inuidia, che quello ch'io hò auuto compagno di mia vita in vita, l'abbia medesimamente in morte? Misera me, egli se n'è andato, ed io restero? Non resto, anzi marito mio ti seguo. Come ella ebbe detto queste cose, quasi un riuo di lagrime, incomincio abbondar da gli occhi suoi, e insieme di lamenti e pianti mescolarsi e empirsi ogni co sa. Ne mai s'udirono maggior rammarichy, che allora. Così ebendo stata la fedelissima Lisabetta due giorni senza risponder mai altro a quelle, che andauano a consolarla, e a persuaderla a pigliar cibo, o il sonno, che essere disposta di voler morire, e con gli occhi e la faccia a terra, sempre in questo tempo se ne dimorò: alla fine e da tanti prieghi e da infiniti conforti, piu, per rimediare alle cose del Ducato, che per cura di se medesima, si leuò, con queste parole. Poichè il dolore non puo or'hora uccidermi: quanto sarò per viuere, tanto starò in pianti, doglie, e martiri: come fece veramente. Indi col valor suo la sapientibima dona subito pro uuidè che alcuna cosa non facesse mouimento nessuno: e fatto gridar Francesco Maria Duca, con la prudenza, con la magnanimità, e la sapienza sua, ridusse il tutto in fermo e tranquillo ebere, viuen do tutto 'l resto di quello, che soprauuibe al marito con la rimembranza di quello, e stando lungo tempo senza mai voler lasciarsi vedere. Ma perche m'aueggio, che s'io volebi continuare nell'auanzo della vita da lei fatta nella vedouanza, molto piu mi sarebbe bisogno d'eber lungo, ch'io non sono stato, e poi non farei nulla, accorgendomi, che molto ho detto: ma non quanto mì si conueniua, lascierò da questo poco la considerazione all'infinità de' meriti dell'onorata vita sua, la qua le senza piu dirne altro, si puo giudicare, che fosse ripiena di quelle sante imitazioni, che creatura umana puo considerare, e non mettere in esecuzio ne. Perchè la religione, la fede, la bontà, la pudicizia, la prudenza, la carità, e tutte le virtù, furono in quel castissimo e sagratissimo petto, visse accompagnata, e si può dire, che morendo le porto seco.

Capitolo XXXV

Di Bianca da Collalto. Cap. XXXV.
Dandosi spebo questo titolo d'Illustre, dal principale autor dell'opera, a molte Donne, che non solamente in se non hanno auuto tutte le parti conueneuoli alla nobiltà, ma che anche in molti atti sono state men degne di riuerenza, e per un solo virtuoso, e degno di lode hanno meritato l'eternità nelle memorie, di grado de gli huomini; perchè adunque debb'io hauer riguardo a cosa nessuna, e soportar che nella memoria, e nella penna mia resti il nome di Bianca di Collalto, senza uscire alla presenza de gli uni e degli altri occhi de'piu degni spiriti? essendo a' giorni nostri stata un esemplo di Pudicizia, un lume di beltà, un fonte di virtù e uno specchio di generosita. Bianca figliola del Conte Antonio di casa Collalta, e di Lucia Mocenica gentildonna Viniziana, fu mo glie del Conte Manfredi di Collalto: La qual geneologia de' Collalti, auendo auuto così alto principio, ho meco proposto in parte breuemente toccare, e dimostrare onde sia uscita. Perchè se il Boc caccio, parlando di Giouanna Reina di Gerusalem me, e di Cicilia volendo dimostrar l'origine del no bilissimo sangue suo, la innalza per auere auuto principio da Dardano, medesimamente anch'io auendo ritrouato la casa Collalta fino al tempo di Dardano essere stata nobilitata, m'è paruto degno di ricordarla in prima ch'Enea venisse in Italia a edificare Alba, ch'altri vogliono fosse Ascanio, e Antenore a fermarsi doue è Padoua; Fu un Re di Stirpe Troiana chiamato Dardano, ch'ebbe per moglie una Sabina figliuola d'un Re d'Armenia detto Richesane. Questo Dardano fu il primo ch'edificò Padoua, e chiamolla Eugania, onde anche tutti quei monti e colli circonuicini si chiamarono Euganei, e fin oggidi a loro è rimasto questo nome: ma perchè questa città o rouinata che fosse, o altro che vi accadesse, venuto iui ad habitare Antenore, e auendola ampliata, o redificata fu poi chiamata Padoua. Questo hò ritrouato io dell'ori gine principio qsta città. Ma ritornado a quello perch'io mi son mobo a ciò ricordare; durando la città Eugania quella ebbe quattro porte a modo di castelli o vogliamo dir Rocche, una che riguardaua verso leuante, l'altra Ponente, la terza verso mezzogiorno e l'ultima settentrione, bench'altri intendano che fossero quattro città, che rendebero obbedienza alla città d'Eugania: sia come si voglia. Questa di settentrione fu la principale e piu nobil porta, ch'auesse la città, e si dimandaua Turino: sopra questo Turino era una immagine in forma d'una donzella, di marmo ver de, che auea tre facce, onde venne il nome di Treui gi, del quale Turino non si nominando anche Treuigi, Dardano fece Conte e Duca di quella, il Conte Gerardo conte di Mont'Orio: non ebendo ancora edificata Verona. Dal quale Conte Gerardo que sta Cronica, e storia, che dico io afferma la Casa Collalta, per dirittissima Linea essere uscita e il fra tello suo fu fatto Conte di Vicenza. Ebendo differente la casa Guidotta dalla Collalta, e non come vogliono alcuni, tutt'una, e discesa da Collalto. Ma non piu di questo. Questa Bianca uscita di così nobilissimo legnaggio, e medesimamente marita ta in questa illustrissima Casa, è stata una di quelle rare, e perfette donne, che Iddio, e la Natura potesse produrre. Fu delle bellezze del corpo tanto dotata, che senza adulazione ardisco dire, che puote stare al paragone dell'altre, che da i cieli, e dalla natura hanno auuto tal grazia, e il titolo di belle, con tutte quelle parti esteriori di maniera bene accompagnate con l'interiori, che di ragio ne ben puote eber chiamata perfetta e compiuta. Imperocchè in lei mai non si ritrouò l'animo punto differente da quello, che dimostraua nella presenzia e nella fronte. Di ciò ne rende chiara fede il testimonio di quei, che la conobbero, e ne hanno lasciato ricordo. Fu donna magnanima, e d'acutissi mo ingegno, sofficiente a reggere, e a ridurre a buo porto, ogni difficile impresa: e di tal sorte s'adoperò in tutte le sue azioni, che veramente mostrò di quanto ingegno fosse dotata. Fu castissima, e pu dicibima non quanto dire, ma immaginar si poba: e come che in particolare io non ne poba dare esem plo, egli hà proceduto, che di sorte in tutte le azio ni sue saggiamente, e così onoratamente s'è porta ta, che non le è stato bisogno mai di venire ad alcuno di questi cimenti, cose ch'al giudicio mio, e di chi dirittamente considera, sono molto piu da stimare, che egli esempli di quelle, che sono state co strette a farne pruoua, conciosia che per lo piu a nebuno mai non occorre far esperienza di se, se co qualche atto non proua, o incita terza persona a muouersi con isperanza di conseguir l'intento suo voglio dire ch'una donna tutta pudica, e tutta casta, di sorte sempre si regge, si nell'azioni apparenti, come in quelle, che son locate nel cuore, ch' ognuno continuamente è costretto di farle riueren za, senza immaginarsi, non che sperare, alcuna cosa men che virtuosa, e onestissima, ne mai a Signore, che con prudenza regga lo stato suo sarà bi sogno di racquistar le sue terre, perchè aurà il cuo re, per trascuraggine, di non le perdere. Costei fu cortesissima e liberalissima, secondo il grado suo, in tutte l'opere reggendosi con quella modestia, che da tutti è lodata. Non ebbe molta, anzi poca vaghezza de' piacer mondani, ma continuamente auea il cuore, e 'l pensiero riuolto a cose alte e degne, mostrando con gli effetti generosi la grandezza dell'animo suo. Ebbe a schifo la viltà, e fuggì l'alterezza, seguendo quello, che fra questi due estremi dee esser posto. Nella presenza e nell'aspetto mostraua un rispetto, e cagionaua una riueren za, ch'ognun'un, che la vide, fu sforzato, con grande affezione a riuerirla, fino quegli, che per le diuine grazie, e rari costumi suoi le portauano inuidia, erano costretti nel cuor suo d'amarla, e grandemente di lodarla: e molto piu riusciua, quanto maggiormente considerando gli atti generosi, si ve niua ad auer maggior cognizion di lei. Formi nella mente ogni degno spirito tutte quelle parti, ed eccellenze, che debbono ebere in donna rara, e perfetta: e sia certo, che nella bella Bianca v'ebbero fermo onoratò seggio, delle quali Iddio e la natu ra le ne fece ampio dono: ed ella, col proprio valor suo, conseruare, e ampliar le seppe. Così fobe uissu ta i douuti anni, come aurebbe potuto. Imperocchè morì si puo dir nel fior de gli anni suoi, che se ora il mio ingegno debile e babo è spauentato dalla gran dezza di così ampio suggetto, senza dubbio quello de' piu rari e onorati spiriti, sforzati da'meriti di costei, a celebrargli al mondo, aurebbono ha uuto maggiore impresa, ch'al presente non prouo io: che posto nel mezzo di tante diuine qualità di virtù, non veggio via di riuscirne come vorrei, e deurei. Ma per piu non dimostrar la pouertà dell'ingegno mio in commendar così debilmente il va lor di costei, questo sarà stato, come un picciol saggio del molto ch'aurei potuto dire, e mi contenterò, secondo il voler mio, d'auer solamente ricorda to il nome suo.

Capitolo XXXVI

D'Isabella da Este Marchesana di Mantoua. Cap. XXXVI.
Essendo costei a' giorni nostri, non pur suoi, sta ta un vero lume di molte rare virtù, che in donna degna, e onorata si possano ritrouare, dirittamente a me conuiene ricordare il nome suo degno di piu lunga memoria, che di quella, che mi sforzo a lei, e a molte altre dar'io. Isabella adunque figliuola d'Ercole secondo duca di Ferrara,o primo di questo nome, e di Leonora d'Aragona, che di sopra abbiam ricordata, non punto dissimile alla madre fu moglie di Francesco da Gonzaga Marchese di Mantoua. La quale, se non per altro, almeno per questo, non dee essere stata poco riguardeuole: auendo auuto un cosi degno, e valoroso marito, del cui valore, in altre carte che in queste hò fatto, non voglio dir memoria, non mi persuadendo i miei scritti douere ebere eterni, ma piu ampio ricordo: ma veramente non men degna è stata ella di lui, di quello ch'egli sia stata di lei. Imperoc che, oltre che fu donna generosa, liberale, di grandissimo gouerno, piena d'infinito valore, benigna, e cariteuole, quanto dir si poba: giudicando, senza particolarmente, in ogn'una di queste donne, ch'io nomino, fare altro discorso di queste virtù, ch'ogn'uno, che leggerà questa mia fatica, debba presuporre ciascuna d'esse esserne stata adornata; non istarò in ciascuno di questi capitoli, e maggiorme te in questo di costei, altrimenti a ricordarle. Dirò bene, che molto è stata notabile, per non hauere auuto l'animo basso, e vile, come molte, che solamante si contentano, non della propria patria, ma della sola camera: perche costei di generoso cuore si dispose di veder molti paesi, e gli volle vedere, tratta dal desiderio d'auer cognizion delle cose del mondo, nel quale siamo nate a fine, col corpo , e con l'animo, d'esercitarci, per auer conoscenza delle cose, che Iddio, con giusto ordine, ha diuersamente partite, e a beneficio nostro ordinate: e doue seppe che in città, o in luogo alcuno fosse cosa ra ra, e degna, non lasciò di volere, senza temer fatica alcuna, col mezzo degli occhi corporei, di sod disfare a quegli della mente, e al desiderio dell'ani mo, e di sorte si dilettò di cose notabili antiche, e moderne, che doue seppe eberui alcuna antichità rara, e degna, non restò per ispesa alcuna, mentre fosse possibile auerla, di non la volere appo di se. Fece fare in Mantoua, nel palazzo della Rocca, una stanza sotterra, cauata tra certi sassi, la quale chiamò la Grotta, e fin'oggidì si dice la Grotta di Madama, e anche dura: doue, a guisa d'un bel lissimo, e caro studio, bene adornato, vi fece raccorre le piu degne, e rare antichità d'imagini di medaglie, e d'altre cose simili, che potè ritrouare, e auere: e iui le pose, pigliando grandissimo contento d'una cosi onorata impresa: e tra l'altre cose, che iui sono di gran pregio, e di non picciol valore, non mi par di tacere d'un Cupido antichissimo, e cosi bello, e ben formato, che si conosce la na tura veramente ebere stata superata dall'arte: e fu opera di Prasitele eccellentissimo, e tanto nomato scultore: infinite gioie di gran prezzo anche vi sono. Se non per altro, per questo merita cosi magnanima donna, che sia fatta memoria di lei. L'ul timo suo ornamento, per ebere breue, ch'io voglio dare a questa generosissima Isabella, oltre l'essere sta ta dottissima, e auere auuto molta cognizione d'infinite virtù, e l'essere stata liberalissima, quanto im maginar si possa, sarà il giudicio, che di lei diede l'inuittissimo Carlo Quinto Imperadore, ch'ebbe a dire a' giorni suoi, non auer mai veduto, ne udito ragionar donna piu rara, ne piu singolare di questa saggia, e illustre Isabella, onde se il giudicio d'un tanto Imperadore s'inchinò a dir questo, qua to maggiormante debbo io e confermarlo, e con l'esemplo suo, non restar mai sazio di ragionare non delle virtù di lei, ma di quello, che son tenuto io, per onor mio? Ebbe costei tre figliuoli maschi Federigo, che succebe al padre, Ercole Cardinale, e creato a questa dignità in sua presenza, ebendo ella a Roma, e Don Ferrante cosi valoroso, e magnanimo signore. Morì negli anni di Cristo MDXXXIX. con grandissimo dolore di chi la conobbe, e di se lasciado immortale ed eterna fama.

Capitolo XXXVII

Di Margherita Valesia Reina di Nauarra. Cap. XXXVII.
Margherita Valesia sorella del Re Francesco di Francia primo di questo nome, fu prima maritata in Monsignor di Lansone France se, poi la seconda volta nel Re di Nauarra, che an che viue, la nobiltà della quale, senza piu dirne altro, con queste poche parole è da se chiarissima Donna, religiosissima, pia, piena di giustizia, di clemenza, ornata di buon costumi, e di lodeuoli opere. Costei; accompagnata col secondo marito, si come anche fece col primo, sempre è vibuta con questa onesta, e castità, che se le ricercaua. E acciocche i mali pensieri, auuezzi per lo piu, in mor tal corpo, d'opporsi alle buone opere, non auebero luogo nel suo petto, dirizzò subito il pensiero a Dio, dal quale abbracciata, come si puo compren der da quello, che esce da lei, e che si dee tener che di piu vi sia rinchiuso; di continuo ha menato la sua vita, e viue in contemplazione di quello. Ne solamente a costei è paruto essere assai lo seguitare, ed essergli dirizzata alla via del Signore, che con tutte le forze dello 'ntelletto sempre s'è ingegnata, con l'aiuto di Cristo, di ridurre degli altri a seguitare i precetti di Dio: il quale di tanta gratia le è stato largo, ch'è gran cosa, e marauigliosa a dire, mai nebuno, sia stato chi si voglia, parlando con questa Serenissima Reina, vi è andato, do, e non ammaestrato della scrittura sacra, che si sia partito da lei senza esserne acceso e infiammato, tanto acutamente parla della grazia di Dio, e della forza della parola sua. E di piu, essendo la lingua sua nati a la Francese, e parlando quasi sempre in quella, di maniera la sa accompagnare, e con accenti, e parole latine, e Italiane secondo la cognizion della varietà de'vocaboli difficili, che infinite persone, ragionando con esso lei, da altri non auuezzi intendere parola del parlar Francese, da quella intendono tutti i suoi ragionamenti, i quali escono da lei con tanto marauigliosa grazia, ch'entrano ne i cuori di chi l'ode, con tanta forza, che impossibile è, che piu se ne partano: par te veramente degna da commendare in ogni auueduto spirito, ch'abbia tanta cognizione, e grazia, che sappia conoscer quello, che s'appartenga agl'in telletti altrui. Imperocche non basta all'huomo saputo, solamente il sapere esprimere i suoi concetti, quanto è di bisogno l'ingegnarsi, che sieno intesi da chi si vuole: la qual grazia o conceba da Iddio, o dalla natura, o acquistata da studio, non poco è da essere tenuta cara, e molto lodata. Tanta è poi l'autorità, e l'auuedimento dell'ingegno suo estimato, che tutti i consigli, tutti i maneggi, tutte l'operazioni, e imprese della Francia, con consiglio suo sono esequite: non già che il Cristianissimo Re, abbia in cio bisogno del suo consiglio, ne da se non sappia reggersi, ma perche la conosce donna di grandissimo ingegno, e quella molto ama, e osserua. Quanti anche sieno stati, e sieno i trauagli, e trbolazioni da lei sempre sopportate con animo inuincibile, ringraziando di continuo il Re de'cie li, con quiete, e in pace, sono omai cosi palesi, che vano sarebbe uoler raccontarle, che il minor de gli affanni è stato l'essere tenuto al marito il suo Reame dall'Imperadore, a cui pare in quello d'auer ra gione: ond'ella sempre se n'è stata in Francia ono ratamente: e onestamente viuendo, e conuersando continuamente con prencipi, e signori in ragionamenti di grande affare: la corte della quale è stata sempre reale, e piena medesimamnte d'onestà, e di buon costumi. E con questo ha dimostrato qua to larga, e ampia sia la strada di seguitar Cristo, che a molti pare angusta, e intrigata. Imperocche, col rinchiudersi, non solamente ne i muri, e ne'monasteri, ma viuendo anche mondanamente nello stato, che l'huomo con moglie, e la donna con marito, e l'uno, e l'altra senza, si truoua; si puo seguire i precetti di Dio, e operar bene, senza finzion di religione, e di santimonia ingannare il vulgo, non già Iddio, ma bene se stessi. Questi se condo l'occasioni sono di que veri mezzi, per li quali si diuenta Illustri appo il mondo, e chiarissi me in cielo, non bastando solamente l'essere uscite di nobil sangue, quanto anche si conuiene operar cose degne del grado.

Capitolo XXXVIII

D'Anna Marchesana di Monferrato. Cap. XXXVIII.
A una, nobilissima Marchesana di Monferra to, fu moglie di Guiglielmo Paleologo, antichissima famiglia di Grecia, e che fu Imperadri ce di Costantinopoli: imperocchè i Paleologi, men tre i Cristiani tennero quelle parti, che ora il Tur co pobede, iui, come assoluti padroni, tennero la Imperial sedia. In Monferrato vi signoreggiò pri ma un Guiglielmo detto lunga spada e corrado suo figliuolo: indi Bonifazio e Giouanni: il quale essendo senza figliuoli, e auendo una sola sorella, ch'auea maritata in Costantinopoli, della quale era nato un fanciullo chiamato Theodoro Paleologo, la chiamò in Monferrato, e morendo, senza eredi, lasciò lo stato a Teodoro: così il Marchesato di Monferrato, peruenne alla casa Paleologa. Costei adunque moglie del detto Guiglielmo Marchese di Monferrato, fu figliuola di Monsignor di Lanson, ch'era Delfino di Francia, e di ceppo reale ed illustre. Questo in quanto alla nobiltà del sangue, senga piu minutamente gir ricercando, a sofficienza dee bastare. Ma perchè da questa nobiltà sola non mi sarei mosso a far memoria di lei, se mol to piu col proprio valore non l'auesse conseruata, e accresciuta, passerò all'altre virtù, che l'hanno fatte vie piu di questa riguardeuole, e pregiata. Imperocchè è stata di sorte magnifica e liberale, che tanto le hà paruto sempre auanzare, quanto hà conosciuto di giouar altrui, e con tanto discorso continuamente ha saputo distribuire, e ordinare tutte le cortesie, e i benefici, che mai non hà gioua to a persona, che non abbia meritato, e quei, ch'el la conobbe non eber degni della cortesia sua, di ma niera sempre cercò fargli auueduti de gli errori lo ro, che mai non si dolsero di lei. Singolare auuedi mento, e diuino discorso di magnanima donna. Delle virtù si dilettò tanto, che non le essendo sem pre concesso di poter con gli occhi corporei vedere e contemplare quei degni spiriti, a'quali Iddio, la natura, e lo studio ha diuersamente conceduto cosi rari intelletti, che partoriscono di quei frutti, che fanno merauigliare ogn'uno desideroso di quelli, ricercò, o d'auergli appo di se, o potendo veder del l'opere de'loro intelletti, o continuamente da questo, e da quello, che di tali spiriti degni e onorati auea auuto cotentezza, esserne ragguagliata, no si veggendo mai sazia di intendere i modi e'l proceder di questi tali, ingegnandosi d'imitargli, e se no d'imitargli, almeno di conoscer le qualità e le vie, per le quali si puo auer vera cognizione, e rendere intera ragion delle cose. Oltre di ciò è stata Donna di gran cuore, che mai non si smarrì, per cosa contraria che le potebe occorrere: ma sempre ricercò di rimediare a tutti i pericoli, che a lei e a'sudditi suoi potessero interuenire. Grandissimo ingegno hà sempre dimostrato in regger tutte le cose di momento, e con tanta destrezza ha gouernato lo stato, che marauigliosa cosa sarebbe udirlo, con gli amici continuamente dimostrandosi magnanima, e grata, e a'nimici non fiera ne crudele, ma magnanima e ardita, lasciando tutta via da parte quella furiosità, e inconsiderato impeto, che nuoce a'tiranni,non che a quei che voglion durar ne gli stati, di sorte che alcuno non sarebbe stato, che piu tosto non si fosse contentato d'eber suddito a lei, che ritrouarsi di sua libertà: perché sempre si è dimostrata madre e sorella loro. In tutte le guerre, che sono state nel Piemonte,sempre le terre sue, quanto maggiormente si è potuto, sono state rispettate. Quelle e altre infinite virtù m'hanno costretto a porre la lingua debilmente negli onori suoi, non ad altro fine, che per dimostrar la memoria del gra valor suo essere con non picciolo ricordo locata nel mezzo del cuor mio giudicandola dignissima d'auer luogo tra l'altre donne nobili ed illustri.

Capitolo XXXIX

Di Maria Reina d'Ungheria. Cap. XXXIX.
Fu Maria figliuola di Filippo Arciduca d'Au stria, Duca di Borgogna, e figliuolo di Massimia no Imperadore, sorella di Carlo Quinto Imperadore e moglie di Lodouico Re d'Ungheria: la quale a'giorni è stata, ed è una donna, a cui, senza forse, sarebbe stato meglio il gouerno non del Reame d'Ungheria a lei come huomo, che al marito, ma anche molto maggior regno aurebbe saputo te nere. Di costei mi sarebbe certamente stato meglio ricordar solamente il nome, che voler cercar di dir ne piu oltre, nondimeno bene è l'animo mio d'accennar solamente la virtù sua, senza persuadermi d'entrar nelle lodi de' meriti di quella. Madama Maria è stata una donna principalmente di gran dissimo cuore, e di non debile ingegno, alle cui par ti ha medesimamente accompagnato gli effetti. Costei, mortole il marito da'Turchi, ne gli anni MDXXVI. tra Buda, e Belgrado a Mogaccio, luogo posto sopra il Danubio, in quella giornata che fu così dannosa alla Cristianità; sempre da indi in poi ridottasi in Fiandra, e Borgogna, non me no ch'abbia fatto l'Imperadore, in tutte le azioni conuenienti ad animo guerriero, fortemente si è dimostrata. Imperocchè essendo d'animo generoso, mai non si è lasciata vincere ne all'otio, ne alla delicatezza, anzi la doue le altre donne consumano il tempo in piaceri, e nel comandare a donzelle, in donneschi esercizy, costei s'è dilettata, tratta dalla gloria, e dal gereroso animo, di spenderlo in comandare ad eserciti, in dare assalti a città,e come generale e capo di guerra, ad opporsi a'nimici. Perchè con verità si può dire costei ebere stata quella, che, col consiglio e con le sue forze, abbia mantenuto la guerra di Fiandra, e di tutti quei luo ghi: ne contenta solamente d'adoperarsi col consiglio, sempre si è veduta, come vecchio, e ammaestrato soldato, patir quei disconci, andare a quei pericoli, sopportar caldo, e freddo, non temer pioggia ne vento, piu ne meno d'ogni altro minimo e priuato soldato. Questo pure e di più, si è veduto a'giorni nostri in questa generosa, e magnanima donna, nella quale non è possibile, che la natura non abbia peccato, auendo a costei dato cosi grand'ani mo, e marauigliose forze, e'l sesso donnesco Ma essendo queste delle potenze di natura, non è maraui glia poi, se si veggiono infiniti huomini, huomini solamente di nome, e negli effetti non pusillanime femmine, ma vili e codardi conigli. Certamente a costei così valorosa, e dotata di tanto animo, si con ueniua più viril sesso. Ma quanto piu di ciò mi do glio, tanto maggiore è la gloria delle donne, che possono vedere per molte vie crescere la dignità lo ro, udendo una donna sofficiente à reggere uno eser cito, metterlo all'ordine, conoscere il tempo di com battere, l'occasion di ritirarsi, animosamente romper gl'inimici, e togliendo anch'ella delle rotte, per ciò non punto smarrirsi, ma cercar di rifarsi. Quan ta maggior gloria poi aurebbono nel cuor loro, se con gli occhi vedebero quello, che appena accenno, ed ella interamente eseguisce? Non m'ingegnerò in ciò di spender molte parole, essendo oggimai così noto il valor suo, ch'ogn'uno ch'appena senta ricordar guerra, piu ne sa, ch'io non hò detto. Però a me sarà assai d'essermi contentato d'auer ricordato il suo nome.

Capitolo XL

Di Veronica da Gambara. Cap.XL.
Se un solo mancamento non douuto, ne onesto, è sofficiente d'oscurare ogni chiaro splendore d'un nobile spirito, perchè anche un eccellente, e perfetto merito non puo auer possa d'illustrare un diuino intelletto, ch'ugualmente poi, in tutte l'altre azioni sue, abbia potuto stare a paragone di tutti gli altri. Perchè Veronica Gambara, celebrata da tanti diuini ingegni, si per la nobiltà del sangue, come per quella dell'animo, e per le infinite virtù sue, dee restare nella penna mia? Certamente non a lei, che piu tosto potrà auere a sdegno, ch'io abbia auuto ardire di por la lingua ne'meriti delle virtù sue, ma a me stebo, e all'obligo della verità farei ingiuria: no dimostrado, che il nome suo da se chiaro e famoso, giunto oggi mai allorec chie d'ogn'uno, e locato riuerentemente nel mezzo del cuor mio, non uscisse tra il numero dell'altre donne illustri, nelle mani de gli huomini. Ma quello, che piu d'ogn'altra cosa mi faceua andar ritenuto, era , che spauentato dalla grandezza del suggetto, giudicaua essere il meglio tecerne il tutto, mostrando d'ebermi scordato,che non potendo giungere al vero, dirne poco. tutta uia conoscen do, che ciò non mi sarebbe ammesso, hò voluto piu tosto esser tenuto ignorate, che giudicato maligno. Veronica fu filiuola del Conte Gio. Francesco da Gambara, e moglie di Giberto da Correggio. Della quale potrei dire molte cose degne d'illustrare ogni donna di vile e basso stato, non che una così onora ta, e d'alto legnaggio, ma de gl'infiniti beni dell'animo suo, solamente sceglierò quello, che non poco l'hà fatta chiara appo ogni degno spirito dell'età nostra, e forse potrà fare, che quegli ch'auranno a venire, le porteranno inuidia, dolendosi di non essere venuti al mondo a questi giorni: ne le hà ag giunto minore splendore di quello ch'abbia fatto l'antica nobiltà del sangue suo, le grandezze de' suoi maggiori, e la dignità del fratello Uberto Car dinale da Gambara. Costei, sprezzato l'ozio, e la lasciuia desiderando d'alzarsi, doue, per se, gl'intelletti non son bastanti, non contenta di quello, che la natura egualmente, e generalmente dona a tutti, leuatasi dall'industria femminile, fin da fan ciulla, incominciò a spendere i giorni suoi in quegli studi, ne' quali mai a perfezion non si viene a fine, e ogni di più dilettano: così in vece delle paneruzze de cucire, e dell'udir raccontar nouelle, incominciò a volgere i libri, e a raccoglier tra molti fiori, e figmenti poetici, i piu vaghi e piu bel li, e di quelli adornandosi l'intelletto, sempre si di lettò di pascer l'orecchie delle dolci risonanze de' versi, di maniera mettendo in opra gli effetti, che da lor nascono, che nel nostro Idioma di gran lun ga si può dire ch'abbia auanzato Safo e molte altre de' giorni antichi nel loro. Ed ha auuto tanta grazia del cielo, e dalla natura, aggiungendoui la fatica dello studio, che diuinamente ha espresso i suoi concetti, con un'armonia dolce, soave ageuole, e graue, di maniera, che tutte quelle parti che si giudicano eber necessarie in buon Poeta si son ritrouate e si veggiono in costei, vero lume del l'età nostra. Per la quale si possono chiamar felici, in questo secolo, con isperanza di perpetuo ricor do nell'auuenire, quelli i cui nomi per la penna di costei, si nella prosa, come nel verso, sono usciti in luce, e de' quali ella n'ha fatto degna memoria. E perchè col voler dimostrar le ragioni, che mi muouono a dir ciò, non vorrei che si giudicasse sotto finzione di mostrar la materia de' meriti, e virtù sue, io mi dessi ad intendere d'esser capace di quella perfezione, che si puo trouare, e che bisogna nella poesia, le paberò con silentio, lasciandone la cura a spirito di maggior capacità, che non è il debile, e pouero mio a me par d'auer fatto assai, auendo ricordato il solo e semplice nome dell'onorata Veronica, la quale quanto vaglia in tutte le azioni sue, da se, oggimai, l'hà fatto pale se: oltre che luogo non è, doue sia notato il suo no me, che piu non sia detto di lei, di quello che io mi sono ingegnato di scriuere.

Capitolo XLI

Di Renata Duchessa di Ferrara. Cap. XLI.
Renata figliuola del dodicesimo Ludouico Re di Francia, e d'Anna, ch'abbiamo di sopra ricordata, è moglie d'Ercole da Este Duca di Fer rara di questo nome secondo. La quale in tutte le azioni sue, per ebere stata, ed essere una imma gine della madre, m'è paruto conueniente far me moria di lei. Costei è stata, ed è donna molto magnifica e generosa: la quale sicome dalle fasce ha portato seco il nome, e l'origine del sangue Cristianissimo e reale di Francia, così ne gli effetti cotinuamente ne hà fatto dimostrazione. Imperocchè non solamente tra le donne rare, che amino l'Euangelio, e che oberuino la parola di Cristo, co stei dee essere annouerata, ma si puo dire, che in lei si truoui lo spirito di Paolo, che cerchi dirizzar nella strada del signore quelli, che si sono smarriti. E di quelle rare donne, a cui Iddio hà dato gra zia di conoscer la verità, perchè non trascuratamente, come per lo piu oggodì fanno gli huomini del mondo, hà seguito di costume della fede, senza volere auer cognizion della parola d'Iddio, ma s'è sforzata, entrando quella nel cuor suo, di conoscere quanto s'appartiene a vero e fedel Cristia no, e non è di quelli, che, sotto apparenza di colombe, hanno atti, opere, e costumi di Lupi. Le opere pie le sono a cuore e quelle osserua, non perchè ne speri merito ma perchè ogni vero Cristiano è tenuto, ne puo far di meno, che oberuarle. Ogni pouero è souuenuto da lei, essendo queste co se, che sa ogni eletto da Iddio conuenire operare: conosce le cose di momento, e quelle, che sono instituite piu tosto per metterci a partito l'ingegno, e l'anima, che per beneficio nostro, lascia. Mai non s'ode ragionar d'altro la generosissima Rena ta, che di cose diuine, e spiritali, con fondamenti veri, e santi e non sofistici ne scandolosi. E donna di grandissimo ingegno, e di bellissimo spirito, priua di quella persuasione di stimarsi di sapere il tutto anzi, in quanto al cuor suo, giudica nelle azioni grate a Dio, ogni di più d'esser nuoua e principiante. Sempre si è dimostrata di grandissimo cuore, togliendo in pace tutte le cose che col voler d'Iddio il mondo le hà dato. Ha sempre auu to dinanzi a gli occhi del corpo e dell'anima, a noi non eber ferma stanza in questo secolo. Con questo secolo. Con questo s'è confortata, ed hà dirizzato la mente a colui, ch'è stato cagione di darci l'ebere, e tutte le cose, che conosciamo, per beneficio no stro, lui auer fatto. Questa donna Reale è piena d'onestà, di pudicizia, e di bontà, piena di buoni e santi costumi in terra, vero esemplo del sangue, e del ceppo, onde è uscita. Non esce cosa da lei, che da virtù, e bontà natìa non sia partorita: aiu trice d'ogn'uno in tutte le cose ch'ella no puo operare, e per mezzo d'altrui onestamente puo eseguire tanto si reputa d'acquistar per se, quanto si truoua giouare altrui. Di tutte le cose benissimo sa render ragione, discorre con una prudenza, che marauigliosa cosa è udirla, e incredibile sarebbe ad altri, e impossibile a me ridirlo. Puo veramente dirsi costei non potere ebere ingannata da alcuno, ne con frode, ne con ingegno, ebendo perfetta mente saggia, e auueduta. E perchè per piu rispetti sono ritenuto di non ne poter dir quel tutto che douerrei, e che potrei, essendo ella un lume di sapienza, altri da se potrà considerare l'opere sue omai note al mondo.

Capitolo XLII

Di Cammilla Pallauicina. Cap. XLII.
Onde io debba dar principio alle duute lode de' meriti di questa magnanima donna, meco stesso ne sono in dubbio Imperocchè è tale e tato il valor suo, che dicendone poco, torrò il diritto alla verità, e volendone dire il vero, oltre che la bassizza dell'ingegno mio non potrà giungere all'altezza delle virtù sue, sarò tenuto parziale, e giudicato troppo affezionato. Nondimeno sia quello, che si voglia, tra me hò proposto dire in parte quello che non si deue tacere. Tuttauia no so da quale dar principio. Perchè s'io vorrò dire della liberalità sua, non degna di lode umane, ma piena di grazia diuina, l'onestà, e la pudicizia mi s'appresenta ch'io le dia il primo luogo. S'io lascio queste e predico lo splendore, la dignità e i meriti dell'Illustre sague, e antecessori suoi, i propri meriti, e valor suo, mi fanno lasciar l'im presa. Se della fede, e religione, ch'è in lei voglio scriuere, la bontà, e la candidezza del corpo, e dell'animo nobile non lo consente. Dirò adunque, senza distinzione alcuna di tutte le grazie, virtù e meriti suoi insieme, accennando solamente alle piu debili parti, che sieno in lei, ebendo peso d'altrui maggior forza le piu sublimi. Cammilla Pallauicina, uscita di quel Realissimo sangue, che già sei cento, e quaranta quattro anni venne nobilissimo, e fu portato in Italia da Adalberto, che con Ottone primo Imperadore pabò in Italia, Duca di Lazio e capita general di tutto il suo eser cito, i cui discendenti sono stati, non signori ma si puo dir re, e piu volte hanno tenuto buona parte dell'Italia, e di tutta la Lombardia, da loro acquistata, in poter suo, come si puo vedere al tempo d'Ezzelino del quale nel capitolo di Bianca, figliuola d'Antonio Rosso m'è occorso di ragionare di Uberto Pallauicino, che fece tanti acquisti, e generose imprese: de' cui fatti infinite storie ne son ripiene. Fu figliuola d'Ottauiano Marchese Pallauicino valorosissimo signore, e principe mol to magnanimo, la quale punto non ha tralignato, ne declina da' suoi maggiori: anzi con la liberalità, e grandezza d'animo, essendo ella magnifica e generosa, ha voluto accrescere il nome di quello stato a' suoi giorni, si puo dire un fonte di cortesia. Nella quale con verità potrei molto lo darlo, ma hora non è il mio disegno d'entrar ne' me riti de gli huomini illustri, ma ben dico, che non è da dubitare, che anche i posteri che da costei usci ranno, non abbino ad esser tali, essendo tutte quelle parti di liberalità, ch'erano partite in tutti gli altri di questo sangue, ereditate da pochi più che da lei. Costei prima di xi. anni fu maritata in Cesare Pallauicino, col quale visse diciotto anni o circa, non solamente pudicissima, e castissima qua to si conuenga a donna onorata, ma siami lecito dir con pace, senza mai auer conosciuto congiungimento alcuno, e che mai di donzella diuenisse donna, e chi bene sapesse quale sia stata la vita, di questa magnanima donna giudicherebbe, ch'io poco m'estendo a ragionare de' meriti conuenienti alle virtù d'essa, della quale son ben certissimo, che se mai le occorrerà leggere questo po co che di lei ho scritto, che moba da nobile sdegno, alquanto s'arrossirà per la sua modestia, auendo forse a male, ch'io son entrato piu oltre, ch'ella in ciò non haurebbe voluto; ma rimasta vedoua dell'animo di questo marito, imperocche col corpo mai dir non si può, che fosse maritata, si congiunse poi con l'Illustrib. Generoso S. Girolamo Mar chese Pallauicino di Corte Maggiore, vero paragone, e ferma unione di cortesia, e liberalità, il cui secondo matrimonio, veramente è stato voler d'Iddio, che ha congiunto questi due animi cosi conformi insieme, che di liberalità sono chiari lumi: e in questa non hanno chi gli pareggi, non pur chi gli vinca: e se meritamente mi volessi estendere nelle lodi che loro si conuengono, certamente potrei dire, che di liberalità, come che di stato sia altrimenti, possono eber paragonati ad Alebandro il magno, le cui parti sono una virtù non poco da essere stimata, ed eglino non poco ne sono arricchiti: di maniera che a proua marito, e moglie concorrono insieme di chi sia stato l'acquisto maggiore, o s'ella s'abbia piu acquistato di questa gloria, congiugnendosi seco, o s'egli piu se ne dee gloriar, che da lei sia vinto. Quanti oggidì passano da Corte Maggiore, e per le giurisdizioni sue, rendono testimonio della magnificenza loro, ne altro si può dire, eccetto che Iddio di gran lunga le ha dato mag gior grandezza d'animo, che possanza di mostrarla, ma di questo per ora no piu, restandomi da passar piu oltre. Parrà forse strano ad alcuno, che no saprà considerare a qual fine io mi sia mosso a scriuere di questo parentado, e perche ella Pallauicina, si sia congiunta in matrimonio sempre con Pallauicini. Ma se dirittamente considereranno, chiaramente vedranno, che non senza degna cagione ho fatto questo. Lasciamo da cato il valor de i mariti, che ne potrebbe essere stato bonissima cagione, la principale è stata, acciocche si conosca la prudenza, e considerazion dell'animo di questa magnanima Camilla, la quale discretissima, e saggia, veggendo già tanti e tanti anni ebere, che di continuo, per essere uscito di quel ceppo infinite femmine, e pochi huomini, molte giurisdizioni, e feudi gran quantità d'entrata è stata trasportata da' Pallauicini in altri piu strani; di maniera, che si come le altrui famiglie del suo cresceuano, e si sono arricchite, questa declinaua e s'impoueriua, ebendone già piu di trenta mila scudi d'entrata, usciti fuori, ed ella veggendosi erede d'una ricchis sima entrata, la quale togliendo strano marito, se ne sarebbe andata: ha voluto congiugnersi con huo mini del suo legnaggio, accorgimento, e prudenza di donna bene accorta, e saggia, accompagnata dal voler d'Iddio, che ha voluto d'una grandezza d'un tanto marito, e d'una tal moglie, far quella liberalità compiuta, che in due parti era diuisa. E auen do piaciuto a Dio di non le dar del primo figliuolo alcuno, che anche da che sia mancato, da quello, che ho detto di sopra, molto si può considerare, ha preso questo secondo affine anche di vedere se il cielo consentisse, che in quella famiglia, nella quale, per ispazio di quattro decine d'anni, e piu, non è nato maschio alcuno, da loro ne potebe uscire. E non è da dubitare, ch'al Re del ciel non sia da piacere che le loro speranze sortiscano l'effetto, poi che ne ha dimostrato segno: come che il primo, che appena auea dato loro, subitamente l'abbia ritolto, si per prouare questa splendidibima donna in patienzia, come anche per dimostrare di qual sorte i parti, ch'usciranno da lei abbiano ad eber rari, e perfetti: e afine anche, che si come la liberalità, la cortesia, e la magnanimità, principali grazie che sono in lei, l'hanno fatto non poco illustre, cosi anche, col mezzo d'infinita, e quasi insopportabile patienzia, sia conosciuta per illustrissima, e rara. Ma ne sia detto assai Della bontà fede, e pietà ver so Iddio, e 'l prossimo, ne ha dimostrato, e continuamente se ne veggiono infiniti chiari esempli maggiormente verso le pouere vergini ben nate, e di buon sangue, le quali ella raccoglie benignamente nella propria casa, le cresce virtuosamente, e ono ratamente le marita. Ne questo anche mi par, che sia da tacere. Che essendo restata vedoua, e auendo quasi fermamente proposto con l'animo, e col corpo di seruire a Dio, mossa da prieghi d'infinite don zelle, e giouani, che si ritrouauano viuere ed esser raccolte sotto l'ombra sua, per piu poter continuare in questo santo, e lodeuole uficio, conoscendo anche, che per esser maritata non si può restare, volendo, d'operar bene, lasciò ridursi ad accompagnarsi con nuouo marito. Questo anche è stato in buona parte cagion del suo maritaggio. O singolar Pietà, ne in una sola ha dimostrato quest'opera pia, ma in infinite s'è veduto, e continuamente si vede: molte maggiori principebe di stato si veggiono di gran lunga andar piu ritenute. Quelle sono di quelle parti, alle quali si dee meritamente il titolo d'illustri: riguardisi con l'occhio la grandezza, e magnanimità sua, e poi mi dican quelli, che terranno l'affezione auermi trasportato, s'io n'aurò poi detto la millesima parte. Mai le sue mani non sono chiuse a' bisognosi, mai la magnanimità sua non manca. Mai il valor suo non è ritenuto da nessuno rispetto, Mai si vede, che in lei abbia piu potuto l'auarizia, di che quasi tutte le donne comunemente son ripiene, che la liberalità. Mai se le appresentò persona dinanzi, non pur virtuosa, ma desiderosa di virtù, che da lei si partisse senza dono, e non contenta. Mai non ha lasciato che l'ozio e delicatezza vinca l'industria. Mai non ha consentito che la riuerenza, e rispetto degli huomini, abbia vinto l'onore e la tema d'Iddio. E perche ho meco stesso proposto di non aggiugnerui cosa alcuna che non sia vera, natìa, e propria di lei conoscendo quant'ella sia nemica dell'adulazioni, no mi par di lasciare addietro la virtù di che è dotata nello scriuere degnamente, e da se saper dettare ogni onoratissima scrittura. Infine quello, che si ritruoua in poche e rare donne da per se, e appena in molte insieme, si vede tutto raccolto in lei. Prosperi N. S. Iddio lungamente pur gli anni di quella, che si vedrà, che non aurò accennato, non che detto, de gl'infiniti onori suoi la millesima parte.

Capitolo XLIII

Di Leonora Duchessa d'Urbino. Cap. XLIII.
Veramente non si puo negare, che la casa Gonzaga, e di Monte Feltro non abbia dal principio suo, fino a' giorni nostri, sempre prodot to al mondo così famosi huomini e donne, quanto si gloria d'auer fatto alcun altro ceppo antico o tra Romani o tra altra pregiata nazione. Impeperocchè, per lo piu, e che per lo piu? posso dir sem pre, tutti i Frutti che sono usciti dal tronco o ue ro da' rami di queste due piante, sono stati tali, che questa età, che de' pabati non hà potuto gustare, inuidia la memoria del valor di quelli e de' presenti altrettanto se ne va altiera, e si gloria. Quante magnanime donne, lascerò da parte gli huomini, sono uscite della casa Gonzaga? e quan te poi degne d'ogni pregio e loda son deriuate dalla famiglia di Monte Feltro? ma quali sono sta te poi quelle, che hanno toccate dell'una, e dell'altra? Tanti altri l'hanno dimostrato, ch'io con ragion lo pobo tacere. Mi s'appresenta la memoria d'Emilia Pia da Montefeltro, di Madama Prefettessa, di Lisabetta Gonzaga, della quale molto hò ragionato, ma non detto a bastanza, e al presente veggio Susanna Gonzaga, Cammilla Gonzaga Contessa di Colisano, sopra modo liberalibima, e tante altre. Ma non m'auueggio ch'io hò toccato la Famiglia Pia, e hò lasciato quella dalla Rouere, la Fregosa e tante altre, che, congiunte insieme, hanno a' giorni nostri dato ma rauiglia a tutto 'l mondo: perchè non è uscito dal la memoria de i degni spiriti il valore di Margherita Fregosa, la grandezza dell'animo di Felice dalla Rouere, che apprebo Sauona, dubitando ch'alcune vele, che veniuano all'incontro suo per mare, non fossero legni di Papa Alessandro VI.che la seguissero, per volerla nelle mani, s'ap parecchiò piu tosto, per affogarsi, che sopportare di lasciarsi prendere. Ho anche dinanzi a gli occhi lo splendor di Giulia Varrana, moglie del Magnanimo Guid'Ubaldo dalla Rouere Duca d'Urbino. Ma doue lascio, colei che prima douea ricordare, dico Leonora Gonzaga, che fu moglie di Francesco Maria padre di questo? l'ultima è stata ella, che ora sia giunta alla memoria mia: ma di questa, tra l'altre, dignissima e pregiata, farò prima ricordo. Leonora figliuola di Francesco Gonzaga Marchese di Mantoua, fu mo glie di Francesco Maria dalla Rouere, che successe nel Ducato d'Urbino a Guid'Ubaldo di Montefeltro, come di sopra parlando della Duchessa Lisabetta abbiamo breuemente dimostrato. Que sta a' giorni nostri è stata, ed è un tempio di fede, di bontà e religione, un lume di cortesia, di magnanimità e di liberalità: un esemplo d'onore di pudicizia, e di castità. Lasciamo da parte, che sia stata moglie di quel gran Francesco Maria, vero splendore della milizia, la cui fama duraua per molti secoli immortale, ed eterna. La generosa Leonora degna di maggior titolo, che di mor tale onore è stata una di quelle, nella quale sempre si è veduto il valore, giunto all'onestà, la fede, e la religione, riguardando lei s'è conosciuto insieme, e affisando gli occhi della mente nella pietà sua, se le vede la grazia e 'l merto sedere in grembo. E degna d'ebere non poco commendata, per essere stata donna generosa, fedele, piena di bontà, e per essere sempre l'azioni sue state fuori d'uso mortale pregiate, e degne. Imperocche mai in lei non si conobbe, che potebe piu l'ira, che la ragione, ed è stata di tal natura, che, dominando sempre a' suoi appetiti, nessuno mai s'accorse, ch'ella fobe mai alterata non che adirata. Ebbe sempre ne' suoi voleri tutte l'ire, e i mouimenti naturali, i quali la ragion non consente, che sieno in nostro potere; nondimeno con tanta pruden za, continuamente ha saputo reggersi, che ha fat to fede della grandezza dell'animo suo. Quanto sia stata saggia, e costante, chiaramente s'hà conosciuto, auendosi veduto, con quanta pazienza abbia sopportato, nelle auuersità, al marito, e a lei accorse gl'ingiuriosi colpi della Fortuna: perche ne gli esily di quello, non si turbò mai, nel vedersi a torto priua dello stato, non lasciò mai, l'animo generoso: all'inuitto marito fu sempre fedel moglie, onesta compagnia, e dolce consolatrice in tutti i trauagli. Mai non lo volle abban donare, anzi sempre uolle ebere partecipe degli affanni, e dolori suoi. E medesimamente, si come mai nelle auuersità non auuilì punto l'animo suo, cosi nelle grandezze, e ne gli onori non si leuò di sorte, non dirò in alterezza, ne in superbia perchè questi due vizy le furono capitali nemici, che mai alcun potebe auuedersi, ella hauer posto le sue speranze in queste cose debili, e frali, che sono in poter dell'ingiusta, e pazza fortuna. la quale, scherzando con le cose mondane, si piglia giuoco delle disperazioni altrui, e de' fondamenti, che vi fanno i trascurati, spebe volte dando, e togliendo, con abai poco giudicio, secondo che piu le piace. Ma l'onestissima Leonora, nelle calamità posta, qual'oro nel fuoco, sempre diuenne piu chiara, e piu perfetta, dilettandosi sommamente delle virtù, imitando i buoni costumi, pregando continuamente Iddio, che essendo per lo miglio re, alleggeribe il marito de' graui pesi, che piu le rincresceuano per l'amore ch'a quello portaua, che per la doglia ch'ella ne sentiua: onde la chia ra fama del valor suo, da indi in poi, diuenne chia rissima, e immortale e dritto fu, che non fusse altrimenti. Imperocchè ne Alceste non aurebbe acquistata tanta gloria, ne Penelope aurebbe me ritato tante lodi, se fobero vissute con fortunati mariti. Ma l'auuersità, e suenture d'Ameto, e d'Ulibe, prepararon loro memoria eterna. Fu donna liberale e piena di carità verso ogn'uno, sempre amò i virtuosi, giouò continuamente, doue l'opera sua potebe considerare, poter recare utile altrui. Non lasciò adietro operazione, ch'a donna nobile, e illustre appartenesse. Fu amata da ogn'uno, e da molti riuerita, e celebrata. Non potè mostrar la grandezza dell'animo suo atto a gouernar piu d'un regno e d'uno Imperio, perchè ebbe troppo valoroso, e saggio marito. E si come in grande riuerenza, e molto conseruo la pudicizia, e la castità, cosi all'incontro fu seuera esecutrice, contra quei, che furono in poter suo, e altrimenti si portarono. Non ebbe mai rispetto, doue occorrebe, di mostrarsi tale, che non fube tenuta timida, e di basso animo, ma al cospetto d'ogn'uno fece conoscere il valor suo. Da questo poco, che di lei hò accennato, consideri ogni saggio lettore, quali sieno stati e sieno l'altre azioni così degne di lei, quant'io sono piu lontano dal merito d'ebermi stato lecito, porre la bocca mia a ragionar della vita, e costumi suoi.

Capitolo XLIV

Di Beatrice Pia de gli Obizzi. Cap. XLIIII.
Non solamente spauentato dal suggetto di così magnanima, e diuina donna, quanto anche piu ritenuto dalla grandezza d'infiniti, de gni, e pellegrini spiriti, anzi da quei piu onorati, e riueriti dell'età nostra, che con tutte le lodi, e piu pregiati inchiostri, hanno celebrato, e tutta via, rendono chiare, e palesi le virtù di costei, da se immortali, ed eterne; temo togliendo la penna, per lasciare anch'io non ricordo per ciò di lei, ma mercè sua, di me piu tosto, non iscoprir meglio l'ignoranza mia. Certo meglio mi sarebbe stato tacere, che dirne poco, poiche volendone spiegare il tutto non posso. Nondimeno, com'egli si sia, quel pensiero, che ho fatto di molte altre, farò lo stesso di lei, contentandomi ricordar appena il suo nome. Beatrice veramente nata per bear se e altrui, figliuola di Lodouico fratello d'Enea, e cugino d'Alberto, e Leonello Pio, padre a' giorni nostri di Ridolfo Pio, Cardinale e Signor di Carpi, schiatta antichissima Italiana, discesa dalla nobilissima famiglia Pia di Sauoia: i quali Py, no pur furon signor di Carpi ma di Modona ancora. Fu moglie di Guasparri Caualier de gli Obizzi, i quali scacciati di Lucca, onde furon padroni, dopo molto trauagliare, finalmente vennero a riposare, e far felici questi paesi, eleggendosi nel territorio di Padoua, e di Ferrara i piu ameni e diletteuoli luogi, che qui d'intorno si pobano vedere, o pure, che sia stata il valore, e la virtù di cosi nobil ceppo, e piu di quella onoratissima signora, che gli abbia ridotti a tal termine, auendo ella poba di fare, con la gentilezza sua ogni cosa seluaggia domestica e gentile. Ma come che il grado de' suoi maggiori del suo consorte sia stato grandissimo, e tutta via sia grande abai, ed illustre molto, si può dire, che per le proprie sue vir tù, la generosa Beatrice sia maggiore e piu chiara che per li meriti altrui. Imperocche oltre l'essere stata dotata di tutti quei beni, che il cielo benigno, e la natura liberale, a chi le pare, può partire in altrui, con l'animo e con l'ingegno, accompagnato dal desio dell'opere virtuose continuamente, è inalzata, doue raro capace intelletto, locato in mortal corpo, può leuarsi. Primieramen te quegli anni, ch'è viuuta col marito, tanto degno di lei, quanto ella di lui, per essere stati amen due rari, e perfetti, sempre s'ha fatto legge de' voleri suoi, e, come saggia donna, i costumi del marito le sono state l'istituzioni, e ordini della vita sua, e se da Iddio, imposte. E di qui secondo l'opinion de'saggi ageuolmente sempre con prudenza s'è gouernata: onde quelle, ch'altrimenti fanno, difficilmente ne se, ne quello che loro appartiene possono reggere. Onde cosi nelle prospere cose, come nelle auuerse, dal marito mai non si è discompagnata, sopportando con infinita pazien zia tutto quello, che Iddio le ha porto, non le venendo mai a noia azione da quello veduta operare, amando tutte le cose di lui, osseruandole, e con grandissima riuerenza locandole nel cuor suo: ridendo di quello ch'egli s'allegraua, mostrandosi mesta di veder lui non lieto, e conseruando, con autorità di magnanimo spirito, quegli effetti, che in lui si dimostrauano, dandogli a conoscere piu tosto ebere d'uno stesso animo col marito, che con adulazione fingere il contrario di quel che si deue. Quelle sono di quelle azioni, che accompagnate con l'altre qualità, che io per breuità lascio addietro, e ch'ella n'è stata ripiena, fanno le donne maritate illustri, e sempiterne. I costumi suoi, in tutte le cose, sono stati pieni di modestia, di castità, di gentilezza, e di cortesia incomparabile. Fra le molte virtù, ond'ella è degna di riuerenza, questa celebra il dottissimo Sperone, ch'ella sempre ha auuto in odio gli adulatori, dilettandosi d'ascoltare, anzi il vero a suo danno, che la menzogna, che la lodasse. Ma dicami egli, che menzogna si può dire, ragionando di lei, che si possa dire contenere in se atto alcuno d'adulazione? Si può ben mancare al vero piu tosto, che aggiungerui appieno. Dirò io falso, dicendo, che non io, ma tutto il mondo la riuerisce, e osserua, come donna di grandissimo giudicio, di molta pru denza, d'animo nobile e generoso, matrice di tutti i virtuosi, piena di castità, ornata di riuerenza, e d'infinito valore? Di ciò so io non auuer det to punto bugia: ma conosco bene, ch'io manco non sapiendo scriuere in carte tutto quello, ch'ella opera con gli effetti. Sempre con l'animo, e con l'operazioni ha aspirato a cose magnanime, e degne. Continuamente s'è dilettata di persone onorate e virtuose, ed hà cercato d'auer contentezza di loro: altrettanto e più ella all'incontro è stata da ogni spirito degno amata, e riuerita: ne fanno chiaro testimonio le molte carte, doue si vede il no me suo auerle onorate, e dato non picciola dignità alle fatiche altrui, piu tosto ch'altri a lei abbia accresciuto lume e splendore. Si puo dire, che doue ella sempre è stata, iui si sia veduta l'Accademia de i veri virtuosi e dotti. Imperocchè ordinariamente, nella casa sua, doue di continuo i degni spiriti concorrono, come a nuovo miracolo di virtù, si dispensa il tempo in ragionamenti utili onesti, e diletteuoli. E partendosi ella di Padoua, o di Ferrara, doue, per lo più, è la sua ferma stan za, sempre parue che si partibe quanta consolazione, e quanta gioia puo gustare spirito virtuo so nelle azioni, che degnamente puo esercitare. E donna di grandissimo rispetto, e così in apparenza, come ne gli effetti, cagiona in chi la mira, o seco parla, una riuerenza infinita, e incredibile. Come ammaestrata di tutte le scienze e virtù rende benissimo conto di tutte le cose, di maniera, che si puo dire essere un nuouo oracolo in terra. con tutti è benigna, e gentile, apprezza i virtuo si, e non isdegna quegli, che conosce, benchè non sieno, desiderar d'essere da lei per tali tenuti. E fe lici e beati si son chiamati quelli, a' quali è stato concesso, poter fruire della presenza sua da gran dissimi prencipi osseruata, da gli huomini saggi riuerita, e da ogni spirito virtuoso adorata. E perchè chiaramente conosco, ch'io mi vo aggirando, senza sapere uscir, come deurei e vorrei, da così profondo e largo mare delle virtù di questa vera Beatrice, dirò solamente questo: che i cieli e la natura a lei meritamente benigni, le han no dato quello, che a immortale spirito, mandato in mortal corpo in terra, posson prestare: e ch'ella, col proprio valore, s'ha acquistato que meriti di gloria a' quali mente alcuna appena mai s'è veduto arriuare, leuandoli con le penne della propria virtù fino al cielo.

Capitolo XLV

Di Giuglia di Gonzaga. Cap. XLV
Giuglia di Gonzaga, figliuola di Lodouico, è stata di sangue molto illustre, e di molti beni del corpo e dell'animo, non pure arricchita, ma di bellezza, con pace di tutte l'altre, a' di nostri, non ha auuto paragone: la quale è stata tale e tata, che si come al tepo dell'Imperio de' Greci, quel la della figliuola di Tindaro potè inanimar Teseo fanciullo a partirsi d'Atene, e andare in Lacona a rapir la donzella, e poi Pari da Troia passare in Lacedemonia a torla al marito Menelao, onde ne seguì ultimamente la rouina, per racquistarla. de'Troiani, così il nome della 'nfinita beltà di costei, pabato fin nell'estremo Oriente, e giunto all'orecchie di Soltan Solimano grand'Imperador de' Turchi, ebbe potere di suscitare in lui uno incredibile desiderio d'auerla, e di far venir Barbaroba Re d'Algieri e suo generale con l'armata fino a Fondi nel reame di Napoli, terra da lei pos seduta, per auerla: ma il disegno suo riuscì vano. Imperocchè, giunto iui di notte, presa e saccheggiata la terra, la bella donna scalza, e si puo dire ignuna, appena fuggi le rapaci e fiere mani di quella gente inumana, a cui troppo sarebbe stata così ricca preda indegna di mortal seggio, non che inconueuole d'essere in potenza di cani e infedeli. Veramente Iddio non volle, ch'un tanto bene, mandato da lui dagli alti scanni quaggiù tra noi, per dimostrar la potenza, ch'egli ha dato alla natura , acciocchè da quella consideriamo quanto sia la sua assoluta; auebe così misero fine, e per ciò consenti, che, per quei monti aspri e selvaggi, si riducebe a luogo piu securo. Certamente quanti scrittori, e pellegrini spiriti auuto ha l'età nostra, si sono affaticati d'intorno alle bellez ze della diuina Giulia, e nondimeno nessuno ci è stato, c'habbia potuto giugnere alla verità del merito suo: ed è bene stato diritto: poichè quella della figliuola di Leda diede tanto che fare al diui no Omero, all'eccellente Zeusi, e molti altri, che poi confebarono non auer fatto nulla. Ma chi po trà mai, ne con arte, ne con parole, formar la viuacità de gli occhi, il parlar soaue, la nobiltà del cuore, e la grandezza dell'animo: le quali parti e di piu sono unite in lei. Imperocche la bellezza di costei è stata, ed è di quelle rare e perfette, che Iddio, col voler suo, possa formare: e tale, che non solamente le proporzioni, linee, e colori della faccia, e la misura della persona sua sieno formate con tanta misura e perfezione, che l'inuidia stessa goda di quelle, e non abbia in che darle men da: ma anche ha auuto le bellezze dell'animo no punto minori di queste apparenti, cosa che non fu nella bella Greca. In costei s'è veduto in tutte l'azioni sue un'animo non poco nobile e molto ge neroso. Giouanetta fu maritata in Vespasiano Colonna, valorosissimo signore, ma d'anni, e d'età molto differente da lei, imperocche era d'età, e d'anni molto maturo: onde, per non pabar piu oltre, voglio dir solamente, che di ragion si può dire, che non abbia mai conosciuto ciò, che sia marito, ma sempre è vibuto casta, e pudica, conseruando le bellezze sue candite, pure senza mac chia alcuna. Questo Vespasiano auea auuto prima un'altra mogliera, della quale gli era restata una figliuola chiamata Isabella. Per costei ebbe ardire la magnanima donna opporsi alle voglie d'un Pontefice, e d'uno Imperadore. Imperocche morto Vespasiano, e rimasa in gouerno la figliastra di questa Giulta, Clemente allora settimo Po tefice Massimo, auea deliberato darla per moglie al magnifico Ippolito suo nipote di buo. me. poi Cardinal magnanimo, e liberassimo, e dall'altro canto Carlo Quinto Imperadore, contrastaua di di darla al S.Don Ferrando Gonzaga, e per ciò le aue uano leuata la donzella dalle mani. Ma non consentendo la generosa donna ne all'uno ne all'altro, non perche amendue non fobero dignissimi di questa, ma d'ogni altra sposa di maggior titolo e grado, ma perche la deliberazione sua era, che fermamente il valoroso Luigi Gonzaga suo fratello l'auebe; tanto si seppe adoperare, ora mo strando la deliberazione e gradezza sua, ora adoperando l'umiltà, secondo l'occorrenze, che il suo disegno fu esequito, ed hebbe compimento. Ne parendole in tutto d'auer fatto, quanto se le conueniua, rimasa vedoua, giouane bellissima, ricca, e vagheggiata da grandissimi, e nobilissimi Signori, stimoli tutti contrari alla vedouanza e castità, non ha voluto però mai congiungersi ad altro marito, ma viuer da se castamente, e con honore eleggersi piu tosto di star sola, che pigliare an che marito forse inferiore al primo: rispondendo a quanti le ne ragionauano con quelle parole, che soleua dire Anna. S'io mi marito, e piglio buono sposo, come dianzi auea, aurò sempre tema di perderlo, e però non voglio mettermi a que sto rischio. Se anche lo ritrouo cattiuo, non sarebbe pazzia la mia, dopo il buono sopportare il tristo? ma in vece di sposo e di figliuolo, essendosi rimaritata Isabella, dopo la morte di Luigi suo fratello, e marito di lei ella si tolse Vespasiano suo nipote, che di ragione sarà Duca di Traietto, Conte di fondi, e S.di molte altre terre, alleuandoselo con animo, che nella famiglia di Gonzaga restino, essendo egli erede, tutte quelle giuridizioni, e facultà. Piu cose potrei dire di questa bellissima donna, che con tutto lo spirito è intenta e oberua come vera Cristiana la parola di Cristo, le quali taccio, per non variar molto dall'ordine incominciato.

Capitolo XLVI

Di Gineura Malatesta. Cap. XLVI.
Fu Gineura uscita di quella nobilibima fami glia de' Malatesti, che non pure sono stati antichissimi Signori d'Arimino fino a' giorni nostri, ma anche hanno auuto in poter loro Pesero Fossombruno Brescia, Bergamo, Cesena, Ceruia, Brettinoro, Fano, Sinigaglia, e molte altre terre: il cui principio, e la cui grandezza incominciò a' tempi d'Otone iiy. da Malatesta, che con l'amicizia, e autorità del detto Imperadore, dal quale ottenne piu luoghi, diuentò gran Signore, ed ebbe tre figliuoli, Mastino, Pandolfo, e Galeot to. Questo ultimo chiamato, per soprannome, l'Unghero, huomo molto valoroso e pratico della guerra, negli anni MCCCXXXIIII, auendo guerreggiato sotto Papa Clemente VI.contra Niccolò da Este, ed essendosi valorosamente portato, fu istituito, per lo Pontefice, Vicario d'Arimino.Di qui seguì poi, che lungamente i successori suoi ne sono stati Signori. E i figliuoli di costui, che furono Carlo, Pandolfo, e Galeazzo, s'insignorirono di molte delle sopraddette città. Ma ritornando a questa Illustre donna; fu figliuola di Pandolfo Malatesta, e moglie di Lodouico de gli Obizzi, huomo di molto valore. Di costei pobo dir' io molte cose che apprebo la nobiltà del sangue l'hanno fatta illustre, e molto riguardeuole. Primamente, fino da fanciulla, l'auersi continuamente dimostrata, ed essersi alleuata tra quei costumi onesti, e quelle virtu degne, che in ogni donna nobile, e degna si possono ritrouare e vedere, essendosi sempre magnanimamente portata in ogni azione sua. Ma quello che piu l'hà fatta degna d'eterno grido, è stato l'ebersi continuamente molto dilettata de' virtuosi, e non poco auer fatto capital di quelli: onde di qui leggiermente si puo comprendere le virtù, di ch'ella dee esser ricca, e felice. E stata donna riuerita e ap prezzata da ogni gran personaggio, e di maniera, con tutti quelli, che hanno auuto contentezza di lei, sempre si è portata, che oltre l'eberle ogn' uno restato seruo, e affezionatissimo tutti i piu de gni spiriti che abbiano auuto nome, e fama tra noi, sono stati sforzati dal debito loro, e dalle vir tù di quella a farsi suggetto dell'infinito valor di Gineura, innalzando i diuini meriti di lei fino alle stelle. Ne qui consiste il termine degli onori suoi, così infiniti in lei, come in me è senza fine il desio d'onorarla, non come posso, ma come dourei. Imperocchè ella è stata un'esemplo d'onestà, e continuamente si è dimostrata umile, cortese, e gentile, quanto la natura puo fare: ella sempre hà dato chiaro indizio di quella grauità de' costumi, che in vera nobilissima donna debbono ebere, e che in se no abbia di quella schifezza e noia, che suol partorire odio in altrui contra di loro. Mai alcuno, che desiderasse sua conoscenza non fu introdotto al cospetto suo, che partendosi, molto piu non restasse soddisfatto di quello, che per general voce, desiando vederla, se n'era infiammato: tan to è stata la cortesia, la bontà, la fede, e i costumi rari e singolari di questa generosa donna. D'ogni sorte di virtù ha auuto grandissimo contento, e di tutto o poco o assai ha cercato d'auerne cognizione liberale e magnifica, secondo il grado suo, è stata, quanto dir si possa. Continuamente in quelle città dou'ell'ha dimorato, nella stanza sua si sono dispensati i giorni, non in ragionamenti lasciui e disonesti, ma moderati, e graui, talmente che il nome suo è stato sempre riuerito e appezzato, non solamente da quei, che l'hanno conosciuta, ma anche non poco da quei, che per fama del valor suo sono restati infiammati. Piu potrei dire, e tanto piu di lei, quant'ella di gran lunga in tutte le azioni, ch'appartengono a donna onorata, ha auanzato il donnesco sesso: ma, per non variar molto dall'ordine preso,da questo poco ch'io ho appena accenato, lascerò da considerazione a gli altri dell'auanzo: i quali, ch'io abbia detto poco non mi auranno già molto da biasimare, se considereranno molti altri, di me piu degni, non auer potuto con le forze de gli ingegni loro, giugere al sommo dell'infinite virtù di lei.

Capitolo XLVII

Di Margherita Paleologa Marchesana di Monferrato, e Duchessa di Mantoua. Cap. XLVII.
Il valore della madre di costei, che di sopra ab biamo ricordata, m'ha tirato a non lasciare senza memoria i meriti delle virtù sue. Margherita figliuola di Guiglielmo Paleologo, Marchesdi Monferrato, negli anni MDXXXI fu maritata in Federigo Gonzaga prima Marchese, e poi fatto da Carlo Quinto Imperadore primo Duca di Mantoua con tutto lo stato di Monferrato, essendo morto il Marchese Bonifazio: e così in tutto estinta la Linea Paleologa, donna veramente di bellezze del corpo tanto perfetta e compiuta, quanto dir si possa: alle quali non meno si sono vedute corrisponder quelle d'animo. Costei certamente, come vera Margherita, in tutte le cose, che le sono accorse, è stata sempre costantissima, senza mai a' colpi di fortuna inchinare il genero so cuore. E vissuta anni IX.col marito, il quale giouane pur la lascio: nondimeno mai non hà vo luto gustar piu gli abbracciamenti di nuouo spo so: anzi rimasa gouernatrice di Francesco suo figliuolo, che al padre hà succeduto sempre si è portata nel gouerno e nelle azioni sue talmente, che mai non si è udito suddito alcuno dolersi ne rammaricarsi: anzi con l'autorità sua, e del Reuerendissimo Cardinale fratello del Duca Federigo di buona memoria e suo marito, tutte quelle cattiue piante, che viuendo egli, bontà sua, aueuano non pure germogliato, ma molto forte a danno de' loro popoli erano cresciute, di maniera le suelse, e le cauò, con tutte le radici, che mai piu non credo potranno nuocere a quel fiorito e degno terre no: ne pure un minimo tumulto, ne alcun segno di mouimento, mercè sua, è mai nato, doue ella hà gouernato. Imperocchè e la giustizia, e la clemenza ha vibuto, e viue nel cuor suo: acqueta le cose priuate, e s'interpone in quelle, acciocchè non sieno cagione, crescendo, di potersi riuolgere in danno publico: osserua i giusti, ammonisce, e gastiga i tristi, ama i virtuosi, e riprende gl'ignoranti. Porge le mani aiutrici, oue conosce i bisogni, senza aspettare d'ebere richiesta. Prende le cose senza aspettare di rimediarui, quando sono giunte in termine. Non sopporta d'eber pregata doue dee auer luogo la ragion di giustizia. La pudicizia le è nel cuore e nelle operazioni: i figliuoli le sono marito, compagnia, sostegno, e consolazion nella vedouanza. Teme Iddio, e di qui nasce, che tutte l'operazioni sue sono buone, e giuste: come vera Cristiana, hà a cuor la religione, e l'osserua: è affabile e benigna, non di sorte, che alcuno in cose illicite possa di se pigliar sicurtà, ma quanto, che ogn'un puo conoscere da lei eber lontano quel fausto dell'ambizione, e quel fumo di superbia. Non si cura d'esser lodata delle, buone opere sue, ma desidera bene d'operar di sorte, ch'a Iddio non dispiacciano, e al prossimo no sieno di danno. Queste sono parte di quelle virtù, che ordiscono eterna corona alla magnanima Mar gherita, e che lei orneranno piu che non faranno i diademi, e le corone reali molte altre, alle quali l'ambizione è madre, i vity padre e Fratelli, la lussuria specchio, e la vanità esemplo. In altro non credo auer io peccato, ragionando di costei, che d'auer detto poco, rispetto a quel, ch'io douea:ma quell'istesse scuse che hò fatto, ragionando dell'altre, tolgansi anche nell'auer'io man cato a' meriti di costei.

Capitolo XLVIII

D'Argentina Pallauicina Rangona. Cap. XLVIII.
Se di molte ho ricordato i nomi, di cui il pubblico, e comun grido m'hà fatto far memoria della bontà, castità, fede, magnanimità, costanza, e altre virtù, de' quali ogni illustre e onorata donna dee esser ripiena; perchè in parte dell'opere generose, ch'io istesso con gli occhi propri hò veduto in costei, non debbo a mio maggior potere far degna, uficiosa, e douuta memoria? Non sarei io tenuto ingrato faccendo altrimenti? Non sarei additato con sempiterna ignominia? Non sarei imputato d'auer tolto il suo diritto alla verita? Non sarei giudicato bugiardo, e maligno piu tosto, che vero e fedele imitatore delle storie, e de' degni fatti? certamente non è, chi ne dubiti. Per torre adunque questa impression cattiua da gli animi de' piu degni spiriti, tra l'altre virtù delle piu illustri, che hanno onorato queste mie vili, e rozze carte, che se pure auranno in se non merito, ma ventura di lode alcuna, sarà la mercè loro, e non della poca virtù mia, porrò il degno e pregiato nome splendidissima, e realissima Argen tina Pallauicina, che fu moglie dell'inuitto e ma gnanimo Guido Rangone, chiaro lume, e splendore della milizia: del cui valore, auendone, non a bastanza, ma quanto s'hanno potuto estender le debili forze dell'ingegno, e dello studio mio, parlato ne' libri degli huomini Illustri, hò in animo, che i meriti suoi, iui colorati, non per le mani, d'un Michel'Angelo, ne d'un Tiziano, ma d'un piu ignobile e indegno pittore, ma per altro veritiere e schietto, nell'uscir che saranno in luce, saranno un ritratto, e un chiaro esemplo, al generoso Baldessare, viua imagine del padre: nel quale, fin ora, fanciullo, si può ageuolmente sperare, crescendo gli anni, che abbia in lui a crescere il valor paterno, che di quanto danno fosse La sua morte al bel regno d'Italia, sallo piu d'uno: oltre che lo prouarono gli aurei gigli, i quali al cader suo, si crollarono di sorte, che da indi in poi hà bene paruto ch'a quelli sia mancato acqua umore, e terreno. Argentina adunque lucidissimo specchio di Pudicizia, e di liberalità, tra le donne Illustri, per tutte l'operazioni sue merita d'eber commendata per rara e degna al pari dell'altre: lasciamo lo splendor del marito, che soprammodo, auendola cara, e faccendo stima di lei, diede chiaro indizio del pregio suo: lasciamo anche la nobiltà di queste due famiglie Pallauicina, e Rangona: dell'una delle quali, auendone altro ue fatto memoria, ora la passerò con silenzio, e dell'altra, per esser da se chiarissima, come poco necessaria al presente, ebendo ella degna di piu alte lodi, non ricorderò altrimenti: ma parlando delle proprie e natie sue virtù, sempre in lei si è veduto un animo nobile, e generoso, quanto dire e immaginar si possa, continuamente ad ogni ope ra virtuosa hà atteso. E stata non poco desiderosa, e molto hà fatto conto delle virtù, e degli ama tori di quelle, faccendo non picciola stima d'ogni degno spirito, spogliandosi spesse volte de i propri beni per dimostrarsi grata, e cortese verso quel li che hanno meritato, e si sono meritamente ingegnati d'onorarla, gloria non minore del grado suo, chè fosse ad Alebandro, in quella altezza chè si trouaua, il donare i regni, e le città. Non hà auuto mai l'animo piegato a cose di basso e pic ciol momento, ma sempre hà leuata la mente in alto, quanto alma locata in mortal corpo puo alzarsi. Tacerò, con quale amore fedele e casto sempre abbia seguito cordialmente i voleri del gran Guido, mentre seco mortalmente visse: come che sempre da poi, dinanzi a gli occhi dell'anima, e in mezzo del cuor suo, non la memoria ma inuisibile ad altrui, a lei non già sembianza dimori. Della grandezza dell'animo suo ne diero testimonio in parte le superbe esequie da lei constituite ed eseguite nella morte del marito: le quali di quan to maggior valore e spesa furono, tanta maggior fede fecero del maritale amore, fede, e dolor suo. Non è da lasciare addietro il giudicio uniuersale in tutte le cose, di ch'ella è ripiena: la quale, non come si dice ebere general natura di tutte le donne, che quanto piu considerano una azione tanto peggio la mettono in opera; considerando molto bene tutte l'opere sue, e ponendole in effetti stabili, e fermi, fa conoscere questa falsa opinione, nelle donne sagge, com'ella, non auer luogo.Ha di mostrato il valor suo nell'acquetar molti tumulti, risse, ribellioni, e altre sedizioni, che dopo la morte del marito aueano incominciato a pigliar fiato nelle giurisdizioni sue. Quanto anche duri nella memoria sua il singolar valore del magnanimo Guido, si puo vedere, dall'auer sempre tenuto conto, e continuamente far capitale souuenire, e non mancar mai a quelli che hanno seruito fedelmente il marito, e che da lui erano tenuti ca ri, non ne faccendo ella minor conto ne stima, tutto che quella gloria di ch'egli poteua arricchir quelli, ella per essere donna loro non possa concedere. Si puo anche conoscere dalla vita, che sempre ha menata castamente, e fedelmente in vedouanza viuendo, onde sciolta da ogni men che ono rato pensiero, viue in douuta riputazione, e casti tà come a fedel donna, e coniugale amor si conuiene. Ha ottimo discorso di tutte le cose, ne senza ragione o notizia di quelle mai si vede intromettersi a ragionar d'alcuna. Non ha mai temuto di render degno conto di se, e di tutto quello, che a lei è stato di mistiero in tutti i luoghi doue ha bisognato. Come che le sia mancato lo splendor del marito, non però mai ha cangiato l'animo di dimostrarsi cortese, generosa, e liberale. E perchè meco hò proposto non volere abbracciare in cosi poco spazio tutti i meriti delle virtù sue, questo sarà abai in quanto alle forse, non al voler mio, di auer detto, per ora d'intorno lei, che senz'altro per molti degni pregi sarà per piu d'un secolo ricordata.

Capitolo XLIX

Di Cammilla Valente. Cap. XLIX.
Non sarà mai, che il raggio della chiara virtù di costei, non aggiunga lume insieme co quegli dell'altre, a queste mie oscure e mal purgate carte: poiche nascendo ella nacque la virtù, e alleuandosi si sono veduti nel petto suo nodrirsi i buoni e santi costumi, che crescendo con gli anni, sono giunti a quella perfezione, che spirito immortal può desiderare, e locato in mortal corpo può pobedere. Cammilla, figliuola del Caualier Valente, giouane singolarissima e rara, maritata nel Conte Iacopo Michele dal Verme, famiglia an tica e nobilissima, è donna cosi virtuosa, letterata, e di marauiglioso giudicio, che veramente, se gli anni suoi auranno a giungere a quel termine che ragioneuolmente si può considerare, e da credere, che abbia, col volo fatal delle proprie penne della virtù sua, a leuarsi tanto alto, che senza forse, canoro cigno, ne altro Re d'augelli non ispie gò per l'aere con lieui piume volo maggiore, ne piu sublime. Già d'età d'anni XXII.in lei si vede, e che dico io si vede? molto prima d'ora si son veduti marauigliosi frutti prodotti dal fecondo, e raro ingegno di quella: la quale continuamente ebendosi dilettata, e auendo dato opera con continuo studio nelle lettere, di maniera in quelle ha fatto profitto, che con pace dell'altre dir posso, potere stare al paragone, in componere una epistola latina, pura, schietta, e di bellissimo stile, con ogni altra, la cui sola professione sia questa. Ne qui si ferma la'ndustria delle degne fatiche, im perocche nello sprimere ogni cocetto, cosi saggiamente s'accomoda in ogni qualità di versi, che gli Epigrammi suoi sono stimati rarissimi, e diuini, e le altre sorti di composizioni perfettissime, e degne: i cui concetti non bassi e volgari si veggiono, ma alti, pieni d'inuenzione, e molto diuersi da quell'uso comune, che, per lo piu, suole ebere familiare a quelli, che fuggendo la fatica, non penetrano troppo entro i segreti delle cose. Grandissima dilettazione, e frutto caua questo bellissimo spirito della sacra scrittura, nel qual suggetto molte dottibime epistole, mentre è stata donzella, ha scritto, onde infiniti degni e onorati ingegni si sono mobi, prouocandola, incitandola, persuadendola e rispondendole a scriuerle, per far conoscere al mondo la forza della parola d'Iddio. Nella lingua volgare ha quella parte di cognizione, e quelle parole ad ogni senso accomodate, che forse in moderno scrittore, e professore di questa, oggidì non si truouano. Cresca pure questa felice e ben nata Pianta, che oltre i fiori, che sono fioriti in lei, è generale speme, che frutti piu maturi abbiano ad esser di cosi soaue odore, e perfetto gusto, che non auremo da inuidiare alla passata età, e la futura, di non essersi trouata, a' giorni nostri potrà rammaricarsi. Quanto sia piena di fede, bontà, castità, e di tutte l'altre virtù il pensiero appena può immaginarlo, non che lingua mortale sprimerlo. Onde per piu non ingiuriarla, conoscendo ch'io non pobo appieno penetrar con l'intelletto nel segreto dell'operazioni sue, contentandomi di questo pochissimo discorso, starò aspettando, che, altro spirito di me piu degno, meglio supplisca al vero.

Capitolo L

Di Vittoria Colonna Marchesana di Pescara. Cap. L. e ultimo.
Ragioneuolmente in costei pobo per ora cochiudere il numero delle donne illustri, la quale si come al par di quante degne antiche e mo derne, che abbiano di se lasciato degna memoria a noi si può agguagliare, non voglio dir porre inanzi, cosi giusto è, ch'ella abbracci tutte le particolari virtù e meriti dell'altre, essendone dignissima, e sopra l'uso mortale stata ricca, e felice. Vittoria Colonna, figliuola del magnanimo Fabrizio Colonna, fu moglie del valoroso Francesco d'Auolo Marchese di Pescara, che veramente si può dire a'giorni suoi ebere stato un di quei famosi Eroi, de'quali gli antichi secoli, e la Romana rep.si gloria d'essere stata spebe volte madre: perche chi dirittamente farà comparazione del valor di Cesare, della sapienza di Q.Fabio Massimo, della prestezza del maggiore Affricano, della virtù di G. Mario, dell'ardir de i due Decy, che facendosi scudo del petto apriron le squadre de gl'inimici, non so chi di questi sarà piu stimato a paragone del gran Marchese di Pescara, in cui tutte queste e piu virtù ebbero luogo, e fermo seg gio. E fu ben degno che d'altri che di Vettoria Colonna non fosse sposo il buon Francesco d'Auolo, ne che altra moglie auebe egli che una tanta donna, della quale sono molte le lodi, e infiniti, i meriti. Imperocche a' giorni nostri non s'è veduto spirito dotato di maggior nobiltà d'animo, ne che ne gli studi delle lettere, e sopra tutto della Poesia, abbia auanzato il donnesco sesso piu di lei: la quale si può dire, che col volo delle proprie pen ne dell'intelletto suo si sia alzata soura le stelle, e co' raggi della virtù sua abbia illustrato questa nostra età. Non so qual veramente sia stato maggiore splendore, e nobiltà di lei, o l'ebere uscita di quel generoso e nobilissimo sangue, dal quale sono nati tanti signori, Duchi, e Pontefici, o che dalla virtù e valor suo sia aggiunto un chiaribimo lume al ceppo Colonnese. Qual nobiltà poi maggiormente sia da commendare o quella del sangue o quella delle virtù, non ho dubbio alcuno, come che vi sia da dire assai. E per iscendere particolarmente ad alcuno de' molti meriti suoi, Non credo che la fida Argia, non la bella Asiana Pantea, non la casta Elisa, non la pudica Artemisia, non la fedel Cornelia moglie di Pompeo, non altra antica ne moderna, ne tante altre infinite, de' quai tutte le storie ne son ripiene, cosi caldamente abbiano, e con vero amore amato i loro mariti in vita, come si legge per li segni dimostrati in morte, come costei ha fatto fede del suo fido, costante, e maritale amore. Il cui marito ne gli anni del Signore MDXXV dopo la vittoria di Carlo Quinto Imperadore sotto Pauia, morto, sempre ha pianto, e lodato di tal maniera, ch'io non farei in dubbio che se l'anime, dopo che hanno lasciati i corpi, potessero appo la beatitudine celeste hauer cognizion della felicità mondana, che quella del Marchese di Pescara sarebbe felicissima, e beatissima, conoscendo, mentre ch'è stata quaggiù il valor suo essere stato congiunto con quella uirtù che ha auanzato il sesso di quante donne furon già mai, e agguagliato quello degli huomini più illustri. Ha potuto tanto nella Poesia, che d'altezza di stile, e d'inuenzione è stata rarissima, e come vera Vettoria di nome e d'effetti, ha riportato triomfo della morte: e di sorte continuamente ha pianto nel cuore, come si vede ne' suoi versi, con vario stile, il morto marito, che si può dire, che l'opere del valoroso guerriero, chiare da se, viueranno eterne col nome, per la voce della cara moglie, appresso piu d'una età, chiaro indizio di perfettissima fede, e amore. Ne solamente la degna, e rara donna, che si può dire nata in grembo d'Apollo, e alleuata dalle Muse, ha dato occasione d'inuidia a piu d'un chiaro intelletto, che s'hà conosciuto in quest'arte inferiore a lei, ma ha acceso i piu perfetti spiriti ad accompagnare i loro stili, con l'alto suggetto da lei, con tanta affezion celebrato, di maniera che, con pace d'ogn'uno, si può dire, che l'inuitto Francesco Marchese di Pescara, ha vissuto onoratamente, senza douer morir giammai. Ne contenta di ciò la illustre donna, per mezzo di questo casto, e fedele amore, ha leuato gli uni, e gli altri occhi al vero, e perfetto Amore, hauendosi di questo primo fatto una scala, per salire a quello del cielo, e tutto l'ha accompagnato con gli occhi spirituali alla prima essenza, e abbracciato Cristo in ispirito, donandosi tutta alla sacra scrittura, e spiritalmente scriuendo, e dimostrado con la bocca, quello che abbia nel cuore, operando tutte quelle cose che Iddio le ha inspirato essergli grate. Rarissima donna è stata costei, il cui valore essendo oggimai tanto noto ad ogn'uno, pobo senza biasimo tacere. Ma dall'esemplo suo mi riuolgerò a tutte l'altre, cioè a quelle, che gittano i giorni suoi in delicatezze, e lasciuie, e lo rimetterò innanzi a gli occhi, questo specchio, e lume di virtù. Dirò primamente a quelle nodrite ne'reali palagi, che hanno il nome di principesse, e di gran Madonne, quanto maggior gloria accrescerebbono alla nobiltà del sangue, se non agli esercizy femminili, a quali le meccaniche, e plebbee sono obbligate, attendebero: ma negli studi, nelle virtù, e nelle lettere s'esercitassero? Quanto sarebbe maggior la dignità? e quanto piu durerebbono i nomi loro, nella memoria de' secoli venire? Vie piu sarebbono chiare, ed eterne per questi meriti, che non credono di risplendere per le corone, e diademi reali. E senza mendicare gli onori, sarebbono riuerite, e apprezzate, come Vettoria Colonna dignissima, che auendo messa la penna d'intorno al nome suo, piu d'altra non iscriua ne ragioni. Che dirò poi a quelle, alle quali, appena morti i mariti, senza lecita cagione appo Iddio, e gli huomini, e senza antiuedere, ne considerazione alcuna, sola mente mobe da leggerezza, e da libidine (che quelle che lo fanno non isforzate, che in cio ne in altro l'animo umano, non volendo, non puo eber piegato, ma per che tal ora vie piu sarebbe a loro danno lo star sole, che accompagnate, e il viuere sterili, che diuenir madri di figliuoli, meritano d'essere iscusate, e lodate) subito si scordano l'amor de'mariti? E possibile, che gli habbiano, ama ti in vita, se cosi poco, dopo morte, ne tengono me moria? La vera fede non si lascia mai, il vero amor non si può così tosto porre in oblio. Non bastaua la vedouanza, ne i vestimenti neri a far fede del cuore, se anche gli effetti, che debbono uscire da'sentimenti di quello, non rendono testimonio quale sia stata l'affezione della prosperità, la quale tutte sanno seguire. Egli è di bisogno essequir le parole di Valeria moglie di Seruio, che mortole il marito, ed essendo tentata di pigliar nuouo sposo, sempre rispose, che il suo marito Seruio viueua: volendo inferire nel cuor suo, esserui piantate le radici del maritale amore, senza po tere ebere suelte. Ma acciocche non paia che io ab bia voluto dar legge al mondo, piu tosto che auer descritto alcun nome, che abbia meritato l'eternità, per altra penna, che per la mia, prima morta, che nata, non passerò piu oltre, maggiormente anche, per lasciare spazio ad altri, di poter supplire all'infinità delle tante virtù, che di questa magnanima donna, e di tutte l'altre aurei potuto descriuere.

IL FINE.