Ballate

Amore, i' prego la tua nobiltade

Amore, i' prego la tua nobiltade
ch'entri nel cor d'esta donna spietosa,
e lei facci' amorosa
sì che la spogli d'ogni crudeltate.
Odi la nimistà mortal che regna
tra lo suo cor e 'l mio novellamente,
Amor, ch'esser solevan' una cosa!
con sì fieri sembianti mi disdegna,
che par che 'l mondo e me aggi' a neente,
e se mi vede fugge e sta nascosa:
onde no spero ch'i' mai aggia posa,
mentre che 'n lei sarà tanta ferezza
vestuta d'un'asprezza
che par che sia nemica di pietate.
Amor, quando ti piace movi inteso;
e se vai'n parte che possi parlare
a questa che mi fa guerra sfidata,
ben porai dir che, senza colpa, offeso
da lei mi trovo nel mio lamentare;
onde mi' alma piange sconsolata.
Se non che 'l cor l'ha alquanto confortata
e dicele: «Non pianger, mia sorella;
tu averai novella
ch'Amor le porta manto d'umiltate».

Nel vostro viso angelico amoroso

Nel vostro viso angelico amoroso
vidi i begli occhi e la luce brunetta,
che 'nvece di saetta
mise pe' miei lo spirito vezzoso.
Tanto venne in suo abito gentile
quel novo spiritel ne la mia mente,
che 'l cor s'allegra de la sua venuta.
Dipose giù l'aspetto signorile
parlando a' sensi tant' umilemente
ch'ogni mio spirit' allora 'l saluta.
Or hanno le mie membra conosciuta
di quel signore la sua gran dolcezza,
e 'l cor con allegrezza
l'abraccia, po' che 'l fece virtuoso

Gentil donna cortese e di bon' are

Gentil donna cortese e di bon' are,
di cui Amor mi fè primo servente,
merzé, poi che 'n la mente
vi porto pinta per non obbliare.
Io fui sì tosto servente di voi,
come d'un raggio gentile amoroso
da vostri occhi mi venne uno splendore;
lo qual d'Amor sì mi comprese poi,
che avante a voi sempre fui pauroso,
sì mi cerchiava la temenza il core.
Ma di ciò grazie porto a Lui signore,
che 'l fè contento di lungo disio,
de la gioi' che sentìo,
la qual mostrò in amoroso cantare.
In tal maniera fece dimostranza
mio cor leggiadro de la gio' che prese,
che in grande orgoglio sovente salìo,
fora scovrendo vostra disnoranza.
Ma poi, riconoscendo com'v' offese,
così folle pensier gittò in oblio:
quando vostro alto intelletto l'udìo.
Sì come il cervo in ver lo cacciatore,
così a voi servidore
tornò, che li degnasti perdonare.
Perdon cherendo a voi umilemente
del fallo, chè scoverto si sentia,
venne subbietto in vista vergognosa,
voi non seguendo la selvaggia gente.
Ma come donna di gran cortesia
perdonanza li feste copïosa.
Ora mi fate vista disdegnosa
e guerra nova in parte comenzate:
ond'i' prego pietate
ed Amor, che vi deggia umiliare.

Dolce è 'l pensier che mi notrica il core

Dolce é 'l pensier che mi notrica il core
d'una giovane donna ch'e' desia,
per cui si fè gentil l'anima mia,
poichè sposata la congiunse Amore.
I' non posso leggeramente trare
il novo esempio ched ella somiglia:
quest' angela che par di ciel venuta
d'amor sorella mi sembr' al parlare
ed ogni su' atterello è meraviglia:
beata l'alma che questa saluta!
In colei si può dir che sia piovuta
allegrezza, speranza e gioi' compita
ed ogni rama di virtù fiorita,
la qual procede dal su' gran valore.
Il nobile intelletto che io porto
per questa giovin donna ch'è apparita,
mi fa spregiar viltate e villania.
Il dolce ragionar mi dà conforto
ch'i' fè con lei de l'amorosa vita,
essendo già in sua nuova signoria.
Ella mi fè tanto di cortesia,
che non sdegnò mio soave parlare,
ond' io voglio Amor dolce ringraziare
che mi fè degno di cotanto onore.
Com' i' son scritto nel libro d'amore
conterai, Ballatella, in cortesia,
quando tu vederai la donna mia,
poi che di lei fui fatto servitore.

Questa rosa novella

Questa rosa novella
che fa piacer sua gaia giovanezza,
mostra che gentilezza,
Amor, sia nata per vertù di quella.
S' i' fossi sufficiente
di raccontar sua maraviglia nova,
diria come natura l'ha adornata;
ma io non son possente
di saper allegar verace prova:
dillo tu, Amor, che serà me' laudata.
Ben dico una fiata
levando gli occhi per mirarla fiso,
presemi 'l dolce riso
e li occhi suoi lucenti come stella.
Allora bassai li mei
per lo tuo raggio che mi giunse al core
entro in quel punto ch'io la riguardai.
Tu dicesti: «costei
mi piace signoreggi 'l tuo valore
e servo a la tua vita le sarai».
Ond'io ringrazio assai,
dolce signor, la tua somma grandezza,
ch'i' vivo in allegrezza
pensando a cui mia alma hai fatt'ancella.
Ballata giovincella,
dirai a quella ch'ha la bionda trezza,
ch'Amor, per la sua altezza,
m'ha comandato i' sia servente d'ella.

Angelica figura novamente

Angelica figura novamente
di ciel venuta a spander tua salute
tutta la sua virtute
ha in te locata l'alto dio d'amore.
Dentr' al tuo cor si mosse un spiritello;
escì per li occhi e vennem' a ferire,
quando guardai lo tuo viso amoroso
e fè il camin pe' miei sì fero e snello
che 'l core e l'alma fece via fuggire,
dormendo l'uno e l'altro pauroso:
e quando 'l sentii giugner sì orgoglioso,
e la presta percossa così forte,
temetti che la morte
in quel punt' operasse 'l su' valore.
Poi quando l'alma fu rinvigorita
chiamava il cor gridando: «Or se' tu morto,
ch'i' non ti sento nel tu' loco stare?».
Rispose 'l cor, ch'avea poco di vita,
sol pellegrino e senz' alcun conforto,
quasi tremando e non potea parlare,
e disse: «Oi! alma, aiutami a levare
e rimenare al casser della mente!»
E così insiememente
n'andaro al loco onde fo pinto fore.
Onde mia labbia sì mortificata
divenne allora, oi me! ch'i' non parea,
sentendo il cor morire innavverato.
Dicea meco sovente ogne fiata:
«Ahi lasso, Amor, che giammai non credea
che fossi contra me sì spïetato!
Ahi, che crudele torto e gran peccato
fa' inver' di me, sì tuo servo leale;
ché merzé non mi vale
che tu non mi tormenti a tutte l'ore».

Ballata, poi che ti compuose Amore

Ballata, poi che ti compuose Amore
ne la mia mente ove fa residenza,
girai a quella, che somma piagenza
mi saettò pelli occhi dentro al core.
Poi se' nata d'amore ancella nova,
d'ogni virtù dovresti essere ornata,
ovunque vai, dolce, savia e intesa:
la tua vista ne fa perfetta prova,
però dir non ti compio ambasciata,
chè spero se' del mio intelletto appresa.
Se tu la vedi nel su' viso accesa,
non dicer motto, se fusse adirata,
ma quando la vedrai umilïata,
parla soave senz' alcun timore.
Quando cortesemente avrai parlato,
con bello inchino e con dolce saluto,
a la serena fonte di beltate
apprendi suo risponso angelicato,
che move lingua di gentil vertute
vestuta in manto di soavitate.
Se l'é 'n piacer d'avermi in potestate
non fia suo viso colorato in grana,
ma fia negli occhi suoi umile e piana
e pallidetta quasi nel colore.
Appresso che lo tuo dire amoroso
prenderà la sua mente con paura,
dal pensoso membrar ch'Amor le dona,
dirai com' io son sempre disioso
di far li suoi piaceri oltre misura,
mentre la vita mia non m'abbandona.
Di', che Amor meco sovente ragiona,
che fu principio d'esta benvoglienza,
quei che la mente e 'l core e mia potenza
ha messa in segnoria del su' valore.
Tu vederai la nobile accoglienza
nel cerchio delle braccia, ove pietate
ripara con la gentilezza umana,
e udirai sua dolce intelligenza.
Allor conoscerai umilitate
ne gli atti suoi, se non parla villana,
e vederai - meraviglia sovrana, -
com' en format' angeliche bellezze
e di novi miracoli adornezze,
ond'Amor tragge l'altezza d'onore.
Movi, ballata, senza far sentore
e prenderai l'amoroso cammino;
quando se' giunta, parla a capo chino:
non mi donar di gelosia orrore.

Eo sono Amor che per mia libertate

«Eo son Amor che per mia libertate
venuto sono a voi, donna piacente,
ch'al mio leal servente
sue gravi pene deggiate lenare.
Madonna, e' non mi manda questo è certo,
ma io, veggendo 'l suo forte penare
e l'angosciar che 'l tene in malenanza,
mi mossi con pietanza a voi piangendo:
chè sempre tene lo viso coverto
e gli occhi suoi non finan di plorare
e lamentar di sua debol possanza,
merzede a la su' amanza e me cherendo.
Per voi non mora, però ch'io lo difendo:
mostrate in ver di lui vostra allegranza,
sì ch'aggia beninanza;
merzé: se 'l fate, ancor potria campare».
«Non si convene a me, gentil segnore,
a tal messaggio far mala acoglienza:
vostra presenza vo' guiderdonare,
siccome suole usar buona ragione.
Veniste a me con sì libero core
di vostro servo avendo cordoglienza:
gran canoscenza lo vi fece fare;
ond' io vo' dare al suo mal guarigione:
portategli lo cor ch'avea in prigione,
e da mia parte gli date allegranza
che stia fermo a sua amanza
di buono amore puro da laudare».
«Mille merzé, gentil donna cortese
del buon responso e del parlar piacente,
ché 'nteramente m'avete appagato,
ed addoblato mia domandagione,
sì che 'n ver voi non posso usar riprese:
chè mai non trovai donna sì valente
che suo servente abbia sì meritato,
ch'è suscitato da morte e prigione.
Donne e donzelle, ch'amate ragione,
or ecco donna di gran valentia,
che per sua cortesia
vuole suo servo sì guiderdonare!»

Amore, io non son degno ricordare

Amore, io non son degno ricordare
tua nobiltate e tuo conoscimento;
però chiero perdon, se fallimento
fosse di me, vogliendoti laudare.
Io laudo Amor, di me a voi, amanti,
che m'ha sor tutti quanti meritato
e 'n su la rota locato vermente;
chè là ond'i' sole' aver tormenti e pianti
aggio sì bon sembianti d'ogni lato,
che salutato son bonairemente.
Grazie, merzede a tal signor valente
che m'ha sì alteramente sormontato
e sublimato in su quel giro tondo,
che 'n esto mondo non mi credo pare.
Unqua non credo par giammai trovare,
se 'n tale stato mi mantene Amore,
dando valore a la mia innamoranza.
Or mi venite, amanti, a compagnare;
e qual di voi avesse al cor dolore
impetrerò ad Amor per lui allegranza;
chè egli è segnor di tanta benenanza,
che qual amante a lui vuol star fedele,
s'avesse il cor crudele,
si vòle inver' di lui umilïare.
Vedete, amanti, com'egli è umìle,
e di gentile e d'altero baronaggio
ed ha 'l cor saggio in fina canoscenza!
Chè me veggendo sì venuto a vile,
si mosse il signorile com'messaggio:
fè riparaggio a la mia cordoglienza
e racquistò 'l meo cor ch'era in perdenza,
da quella che m'avea tanto sdegnato:
poi che gliel'ebbe dato,
m'ha poi sempre degnato salutare.

Novelle grazie a la novella gioia

Novelle grazie a la novella gioia,
vestute d'umiltà e cortesia,
girete a quella che m'ha 'n signoria
e dispogliato de l'antica noia.
Quando sarete avanti lei 'nchinate
e poi udita sua dolce accoglienza,
dite: «Madonna, il vostro fedel servo
a voi ne manda che ci riceviate,
dicendo che lo scoglio di doglienza
ave gittato come face il cervo,
pregando che ritegnate in conservo
l'anima e 'l core e tutta sua possanza;
che 'n voi ricorre tutta sua speranza
come nel mare ogni corrente ploia».
Appresso le direte che la mente
porto gioiosa del su' bel piacere,
poi che m'ha fatto degno de l'onore;
e non è vista di cosa piacente
che tanto mi diletti di vedere
quanto lei sposa novella d'amore;
e non m'è avviso di alcuno amadore,
sia quanto vuol di gentile intelletto,
ch'abbia rinchiuso dentro da lo petto
tanta allegrezza, ch'appo me non moia.
Ballata, e' non è donna a la mia voia
che tanto degna sia da onorare,
quanto colei a cui ti vo' mandare
cui gentilezza et ogni ben s'appoia.

Angioletta in sembianza

Angioletta in sembianza
novament'è apparita
che m'uccide la vita,
s'Amor no' le dimostra sua possanza.
S'Amor farà sentire
per li suoi raggi della sua dolcezza,
tempo mi dà conforto,
minuirà il martire
che mi saetta la sua giovinezza,
ond'io son quasi morto,
chè son venuto a porto
che chi mi scorge fiso
pote veder nel viso
ch'i' porto segno di greve pesanza.
Non furo gli occhi miei
ne la sua vista una fiata ancora
ch'elli avesser vigore.
I' li conforterei
con la virtù che dentro li innamora,
se non che fugge amore,
che non par che 'l valore
possa mettere in lei;
anzi dice: «Costei
è quella che la sua franchigia avanza».
Non può vincere Amore
di pinger nella mente gentilia
d'esta novella cosa,
chè selvaggia a tutt'ore
la trova con sì nova leggiadria
contro di lui sdegnosa
e ne gli atti amorosa
a chi la mira pare,
onde ne fa pensare
Amore, e chi ne prende disianza.
Non spero dilettanza
nè gioi' aver compita,
se 'l tempo non m'aita
o se Amor non mi reca altra speranza.

Canzoni

Amor, nova ed antica vanitate

Amor, nova ed antica vanitate,
tu fosti sempre e sei 'gnudo com'ombra:
dunque vestir non puoi se non di guai:
deh! chi ti dona tanta potestate
ch'umana mente il tu' podere ingombra,
ed in cui se', di senno ignudo fai?
Provo ciò; ch'i' sovente ti portai
ne la mia mente e da te fui diviso
di savere e di bene in poco giorno:
vegnendo teco mi mirava intorno
e s'io vedea Madonna, ch'ha il bel riso,
le sue bellezze fiso - imaginava,
e poi, fuor de la vista, tormentava.
Amor, quando apparisci nuovamente,
d'un angelo ti mostri a simiglianza,
dando diletto e gioia in tuo volare.
Deh! come ben vaneggia quella gente
ch'a la tua fede appoggia sua speranza,
la qual sotto tu' ale fai angosciare!
Provol; che l'ale me facean penare
più forse assai che l'aquila il serpente,
quando suoi nati divorar volea.
Tanto ho sofferto più ch'i' non dovea:
chè gran cagion di biasimar mi consente,
tuo conveniente, e nol vo' più diffendere:
chè, s'i' potesse, ti vorria offendere.
Amor, mendico del più degno senso,
orbo nel mondo nato, etternalmente
velate porti le fonti del viso:
deh! quanto si ritruova ogn'uom offenso,
cui corrompi in diletto carnalmente,
po'l vero lume li spegni nel viso!
Provo ben ciò, che la luce del viso
m'avevi spenta teco dimorando,
senza ragion nutricando mia vita
e la memoria avea già sì infralita,
che come in tenebre andava palpando,
e quella donna cui dato m'avea,
s'i' la scontrava, no la conoscea.
Amor, infante povero d'etate,
per giovanezza sembri un babbuino
a chi sovente rimira il tuo aspetto;
deh! com' hai poca di stabilitate
che sempre se' trovato per cammino
mettendo in corpo umano il tuo difetto!
Provo ciò, che 'l tuo senno pargoletto
m'avea 'l debole cor sorvizïato
e l'alma forsennata e l'altre membra,
molte fïate stando teco insembra
e rimembrando il tu' giovane stato
dicea: «O me fallace gioventute,
com' hai poca radice di salute!»
Amore, infaretrato com' arciero,
non leni mai la foga del tu' arco,
però tutti tuoi colpi son mortali;
deh! com' ti piace star presto guerrero,
e se' fatto scheran, che stai al varco
rubando i cori e saettando strali!
Provol, che di colpire a me non cali,
ch'hai tanto al cor dolente saettato
ch'una saetta lo sportò dal segno,
principio naturato in questo regno
se d'ogni reo di te non son veggiato;
ma poi ch'i' non so saettar quadrelle
farò com' fece Caino ad Abelle.
Amor, poi che tu se' del tutto 'gnudo,
non fossi alato, morresti di freddo;
chè se' cieco e non vedi quel che fai.
Mentre che 'n giovane essenza sarai
l'arco e 'l turcasso sarà tuo trastullo;
non vo' che m'abbi omai più per fanciullo:
come campion ti sfido a mazzascudo.

Donna, se 'l prego de la mente mia

Donna, se 'l prego de la mente mia,
come bagnato di lacrime e pianti,
venisse a voi incarnato davanti
a guisa d'una figura pietosa,
e voi degnaste udir sua diceria,
ragion vi moverebbe ne' sembianti,
perchè udireste li tormenti, quanti
soffiera l'alma mia di voi pensosa,
con quella pena che l'è faticosa;
pur aspettando che da voi si mova
una dolce pietà, se 'n voi si truova,
in farmi grazia d'empier lo desio;
e se vertù d'amor in voi riposa,
spero d'aver la grazia bella e nuova
e di ciò mostrerei verace pruova
che Amor non de' voler per ragion ch'io
merito perda per lo buon servire,
poi lungo tempo m'ha fatto languire.
Donna, ragìon d'amor mi dà speranza
che voi sarete ver me sì gentile
che non isdegnerete mio cor vile,
meritando vie più ch'io non son degno;
e da ciò si nutrica mia possanza
ch'attende che la vostra mente umìle
vêr me si faccia di merzè simìle;
onde ciò disiando, mi mantegno,
ché non m'è avviso che sia altro regno
fuor del ben, donna, che da voi aspetto,
il qual sarà mirabile diletto
che mi terrà gioioso sempre mai.
Io prego Amor che mi doni suo ingegno,
sì ch'io non manchi per alcun difetto
e 'l ben ch'io attendo mi faccia perfetto
aver da voi, di cui inamorai
entro 'l principio della mia vaghezza,
quando m'apparve vostra gran bellezza
Donna, e' mi duol ancor, quand'i' rimembro
i dolorosi colpi e li martiri,
che soffriro in quel punto i miei desiri,
quando mirai ne' vostri occhi amorosi
e sostenni passione in ciascun membro,
ed or convien che dolcemente miri
verso di voi senza gettar sospiri,
per la speranza ch'hanno esser gioiosi.
o' posso dir ched'ei sian poderosi
per lo durar ch'hanno fatto soffrendo
in ciascuna battaglia, voi vincendo,
sì che per uso non curan tormento,
né son di ciò tementi o paurosi.
Donna, voi li gabbate sorridendo,
e vedete la lor vita morendo;
con soffrenza farà riparamento,
e tanto soffriranno nel penare
che vi ricrescerà il martorïare.
Donna, quando sarà per me sereno
ched e' v'incresca delle mie gravezze?
Non credo mai, fin che vostre bellezze
soverchieranno l'altre di beltate.
Se sofferenza vi venisse meno,
sappiate, donna, che le mie fortezze
non dureranno contro a vostre altezze.
Dunque la morte avrà di me pietate;
ed io ne prego la sua maiestate
che mi riceva senza dar fatica.
Voi rimarrete al mondo mia nemica;
io, sconsolato, me n'anderò in pace:
Amor, veggendo vostra crudeltate,
vorrà servare una sua legge antica,
che qual donna a buon servo non è amica,
le sue bellezze distrugge e disface,
onde se ciò vi tornasse in dispregio
sarebbe per ragione a me gran pregio.
Donna, dunque vi piaccia provedere
al vostro stato e al mio in tal maniera,
che nostra benvoglienza mai non péra;
e s'i' ho 'l torto, Amor dia la sentenza.
Dio! voi dovreste per ragion volere
che quanto bella donna è più altera,
tanto le cresca onor quanto è men fera
ver lo suo servo che non ha potenza.
Così alla vostra angelica piacenza
nulla virtù sarebbe a darmi morte,
ancor sentendo ch'io fossi più forte,
donna, poichè da voi no mi difendo.
Qui riconosca Amor vostra valenza;
se torto fate, chiudavi le porte
e non vi lasci entrar nella sua corte.
Data sentenza in tribunal sedendo
sì che per voi non si possa appellare
ad altro Amor che ve ne possa atare.
Canzon mia nova, poich'io son lontano
da quella ch'ha d'Amor l'alma fiorita
va per conforto della nostra vita
e prega che di me aggia mercede.
Il tuo sembiante sia cortese e piano,
quando davanti le starei gecchita,
e contale di mia pena infinita;
e s'ella sorridendo non ti crede,
dille: «Madonna, con giurata fede,
se voi vedeste suo misero stato
e 'l viso suo di lagrime bagnato,
e' ve n'increscerebbe in veritate,
chè piangendo ne 'ncresce a chi lo vede;
dunque vi piaccia che sia confortato,
chè se prima ei si muor, vostro è il peccato,
e non vi varrà poi aver pietate;
chè se per voi, servendo, e' fosse morto,
poco varrebbe poi darli conforto».

Se tu, martoriata mia soffrenza

Se tu, martoriata mia soffrenza,
con questa mia figliuola va' plorando
avanti a quella donna ove ti mena,
quando se' giunta dirai sospirando:
«Madonna, il vostro servo ha tanta pena
che, se voi non avete provvedenza,
il lasciai con sì debile potenza
ched e' non crede mai veder Fiorenza;
è 'n suo soccorso lo spirito mio;
però da San Miniato si partìo;
ed io che sua difesa sono stata,
nol posso più difendere affannata:
Dunque vi piaccia lui e me campare,
Madonna, se mercé volete fare».

Siccome i Magi a guida de la stella

Siccome i Magi a guida de la stella
girono inver le parti d'Orïente
per adorar lo Signor ch'era nato,
così mi guidò Amore a veder quella
che 'l giorno amanto prese novamente,
ond'ogni gentil cor fu salutato.
I' dico ch'i' fu' poco dimorato,
ch'Amor mi confortava: «Non temere,
guarda com' Ella vien umile e piana!»
Quando mirai un po' m'era lontana:
allora m'afforzai per non cadere;
il cor divenne morto ch'era vivo.
Io vidi lo 'ntelletto su' giulivo,
quando mi porse il salutorio sivo.

O morte della vita privatrice

O morte della vita privatrice,
o di ben guastatrice,
dinanzi a cui porrò di te lamento?
Altrui non, sento, - ch'al Divin Fattore.
Perché tu, d'ogni età divoratrice,
se' fatta imperadrice
che non temi né foco, aigua né vento?
Non ci vale argomento - al tu' valore:
tuttor ti piace eleggere il megliore
e 'l più degno d'onore.
Morte, sempre dai miseri chiamata
e da' ricchi schifata - come vile,
troppo se' 'n tua potenza segnorile:
non provedenza umile,
quando ci tolli un om fresco e giulivo,
oi ultimo accidente destruttivo!
O Morte oscura di laida sembianza,
o nave di turbanza,
che ciò che vita congiunge e notrica
nulla ti par fatica - a sceverare,
perché, radice d'ogni sconsolanza,
prendi tanta baldanza?
D'ogn'uom se' fatta pessima nemica;
nova doglia ed antica - fai criare,
pianto e dolor tuttor fai generare:
ond'io ti vo' blasmare,
ché, quando un om prende diletto e posa
di sua novella sposa - in questo mondo,
breve tempo lo fai viver giocondo,
ché tu lo tiri a fondo,
poi no ne mostri ragion ma usaggio,
donde riman doglioso vedovaggio.
O Morte, partimento d'amistate,
o senza pietate,
di ben matrigna ed albergo di male,
già non ti cale - a cui spegni la vita.
Perché tu, fonte d'ogni crudeltate,
madre di vanitate,
se' fatta arciera e di noi fa' segnale,
di colpo micidial - se' sì fornita?
Oh, come tua possanza fia finita,
trovando poc' aita,
quando fie data la crudel sentenza
di tua fallenza - dal Signor superno!
Poi fia tu' loco in foco sempiterno:
lì farai state e verno,
là dov' hai messi papi e 'mperadori,
re e prelati ed altri gran segnori.
O Morte, fiume di lagrim' e pianto,
o nemica di canto,
desidro che visibile ci vegni,
perché sostegni - sì crudel martire.
Perché di tanto arbìtro hai preso manto,
e contra tutti 'l guanto?
Ben par nel tu' penser che sempre regni,
poi ci disdegni - in lo mortal partire.
Tu non ti puoi, maligna, qui covrire,
ned a ciascun disdire,
che non trovassi più di te possente,
ciò fu Cristo, potente - a la Sua morte,
che prese Adamo ed ispezzò le porte,
incalciandoti forte:
allora ti spogliò de la vertute,
ed a lo 'nferno tolse ogne salute.
O Morte, nata di mercé contrara,
o passione amara,
sottil ti credo porre mia questione
contra falsa ragion - de la tu' opra.
Perché tu, fatta nel mondo vicara,
ci ven' senza ripara?
Nel dì giudicio avrai quel guiderdone
ch'a la stagione - converrà ch'eo scopra.
Oi, com'avrai in te la legge p[r]opra!
Ben sai, chi morte adopra,
simil deve ricever per giustizia.
Poi tua malizia - serà rifrenata,
ed a orribel morte giudicata,
come se' costumata
in farla sostenere ai corpi umani,
per mia vendetta i' vi porrò le mani.
O Morte, s'io t'avesse fatta offesa,
o nel mio dir ripresa,
non mi t'inchino a' pie' merzé chiamando,
ché, disdegnando, - io non chero perdono.
Io so ch'i' non avrò ver' te difesa:
però non fo contesa;
ma la lingua non tace, mal parlando
di te e riprovando - cotal dono.
Morte, tu vedi quanto e quale io sono,
che conteco ragiono;
ma tu mi fai più muta parlatura
che non fa la pintura - a la parete.
Oh, come di distruggerti ho gran sete!
Ché già veggio la rete
che tu acconci per voler coprire
cu' troverai o vegghiare o dormire.
Canzon, gira'ne a que' che sono in vita,
di gentil core e di gran nobeltate:
di' che mantengan lor prosperitate,
e sempre si rimembrin de la Morte
in contastarla forte;
e di' che, se visibil la vedranno,
che faccian la vendetta che dovranno.

Amor, eo chero mia donna 'n domìno

Amor, eo chero mia donna in domìno,
l'Arno balsamo fino,
le mura di Firenze inargentate,
le rughe di cristallo lastricate,
fortezze alte, merlate,
mio fedel fosse ciaschedun latino.
Il mondo 'n pace, securo il cammino;
non mi noccia vicino,
e l'aria temperata verno e state;
[e] mille donne e donzelle adornate,
sempre d'Amor pressate
meco cantasser la sera e 'l mattino.
E giardin fruttuosi di gran giro,
con gran uccellagione,
pien' di condotti d'acqua e cacciagione;
bel mi trovassi come fu Assalone.
Sanson[e] pareggiasse e Salamone,
servaggi de barone,
sonar vïole, chitarre, canzone,
poscia dover entrare nel ciel empiro.
Giovane sana allegra e secura
fosse mia vita fin che 'l mondo dura.