XXVII. [XXVIII] Appresso ciò, cominciai a pensare uno giorno sopra quello che detto avea de la mia donna, cioè in questi due sonetti precedenti; e veggendo nel mio pensero che io non avea detto di quello che al presente tempo adoperava in me, pareami defettivamente avere parlato. E però propuosi di dire parole, ne le quali io dicesse come me parea essere disposto a la sua operazione, e come operava in me la sua vertude; e non credendo potere ciò narrare in brevitade di sonetto, cominciai allora una canzone, la quale comincia: Sì lungiamente.

Sì lungiamente m'ha tenuto Amore
e costumato a la sua segnoria,
che sì com'elli m'era forte in pria,
così mi sta soave ora nel core.
Però quando mi tolle sì 'l valore,
che li spiriti par che fuggan via,
allor sente la frale anima mia
tanta dolcezza, che 'l viso ne smore,
poi prende Amore in me tanta vertute,
che fa li miei spiriti gir parlando,
ed escon for chiamando
la donna mia, per darmi più salute.
Questo m'avvene ovunque ella mi vede,
e sì è cosa umil, che nol si crede.

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