LETTERE

1497-1501

 

Edizione di riferimento

      Niccolò Machiavelli, Tutte le opere a cura di Mario Martelli, Sansoni Editore, Firenze 1971

Edizione di riferimento per le lettere aggiunte segnalate dalla dicitura bis accanto al numero:

      Niccolò Machiavelli, Opere, vol. II a cura di Corrado Vivanti, Biblioteca della Pléiade, Einaudi, Torino 1999.

 

001

Frammento di minuta

Firenze, 1 dicembre 1497

Et merito: quinam abs te multas epistolas acceperim nullas quae re... ascribere potuissent qui aut nostrum minimum noverint ingenium aut... natura informatum ingenio cujus mihi rei testis deus est et veritas ut amicorum beneficia ac eorum de me benemer... Novi enim studium tuum in re nostra et operam: mihi si non causae nostrae coeterisque quae reman... quibus satisfacere causae non potuisti... Mores scrutati fuerunt satisfacturam. Verum ego valitudine oppressus tibi rescribendi vicem prestare non potui. Nunc vero, recuperata salute, nihil est quod scribam, nisi te hortari, orare, precari ut non disistas, donec noster hic conatus felicem habeat exitum. In hoc te virum exibeas rogo totasque effundas vires. Nam si pigmei gigantes aggredimur, multo major nobis quam illis paratur victoria: illis enim sicut contendere turpe est, sic erit cedere turpissimum; nos non tantum vinci ignominiosum, quam decorum contendisse ducimus, praesertim competitorem habentes, cujus nutu istic omnia fiunt: propterea quacumque fuerimus usi fortuna, talibus nos hujuscemodi excidisse ausis non poenitebit. Vale. Datum Florentiae kalendis decembribus.

 

 

002

I Machiavelli al card. Giovanni Lopez

 

Firenze, 2 dicembre 1497

Tucte le cose che dagli huomini in questo mondo si posseggono, el più delle volte, anzi sempre, quelle da duoi donatori dependere se è per experientia conosciuto; da Dio prima, iusto di tucto retribuitore; secondo, o per iure hereditario, come da' parenti nostri, o per donatione come dagli amici, o per commodità di guadagno prestataci, come da' mercatanti ne' loro fedeli minixtri. Et tanto più merita d'essere stimata la cosa che si possiede, quanto da più degno donatore depende. Havendo adunche la R. S. V. per deroghatione pontificale privatoci di quelle ragioni, per le quali la possessione di Fagna da' nostri antichi progenitori riconosciavamo, ad un tracto, è dato occasione alla R.da S. V. la sua humanità et liberalità, anzi più tosto piatà verso di noi sua devotissimi figlioli, dimostrare, et a noi quella da molto più degno donatore, che non furono quegli riconoscere. Et veramente nessuna cosa è più degna della R.da S. V., quanto è, potendo tòrre, liberalissimamente donare, maxime a choloro, e quali l'onore et l'utile di quella cierchono non altrimenti che el loro proprio salvare, a choloro anchora e quali, né per nobilità, né per huomini, né per ricchezza, punto inferiori si iudicono di quegli che s'ingegnono, o che sperano, anzi indubitatamente affermano da la R. S. V. esserne fatti al tutto possessori. Et chi volessi la famiglia nostra et quella de' Pazi iusto lance perpendere, se in ogni altra cosa pari ci iudicassi, in liberalità et virtù d'animo molto superiori ci iudicherà.

Supplici adunche adoriamo la S. V. che non consenta che noi veggiamo huomini mancho degni di noi, huomini che meritamente nostri inimici possiamo iudicare, delle nostre spoglie rivestiti ignominiosamente tale vittoria improperare. De siate contento, Rev.mo signor nostro, con quel medesimo emolumento che da loro sperasi, volere la casa nostra ornare di tanto honore, quanto l'esserci da voi libera questa possessione conceduta iudighiamo. Non ci vogliate pel contrario di tanta ignominia segnare, quanto è torci quello che per salvare cotanta impresa infino a qui ci siamo ingegnati. E veramente, poiché con grandissimo nostro disnore, se la vostra clementia non ci si interpone, conviene si perda, quello ad ogni modo con l'altrui danno ci ingegneremo reprendere. Ma speriamo nella humanità della R.da S. V., come sa messer Francesco R. vostro familiare habbiamo sempre sperato, el quale habbiamo facto nostro supplicatore a quella, et a·llui ogni libertà di trattare questa causa conceduta. Valete iterum. Vivete in eternum. Ex Florentia iiii° Nonas Decembres.

E. V. R. Devoti Filii

Maclavellorum familia Pero,

Nicholò et tucta la famiglia

de' Machiavegli Cives Florentini

 

 

003

Niccolò Machiavelli a Ricciardo Becchi

 

Firenze, 9 marzo 1498

Per darvi intero adviso de le cose di qua circa al frate secondo el desiderio vostro, sappiate che dopo le due prediche facte, delle quali havete hauta già la copia, predichò la domenica del charnasciale, et dopo molte cose dette, invitò tucti e suoi a comunicarsi el dì di carnasciale in San Marco, et disse che voleva pregare Iddio che se le cose che gli haveva predette non venivano da·llui, ne mostrassi evidentissimo segno; et questo fece, chome dicono alcuni, per unire la parte sua et farla più forte a difenderlo, dubitando che la Signoria nuova già creata, ma non pubblicata, no·gli fussi adversa. Pubblicata dipoi el lunedì la Signoria, della quale dovete havere hauto piena notitia, giudicandosela lui più che e dua terzi inimica, et havendo mandato el papa un breve che lo chiedeva, sotto pena d'interdictione, et dubitando egli ch'ella non lo volessi ubbidire di facto, deliberò o per suo consiglo, o amunito da altri, lasciare el predicare in sancta Reparata, et andarsene in San Marco. Pertanto el giovedì mattina, che la Signoria entrò, disse in Sancta Reparata pure che per levare schandolo et per servare l'honore di Dio, voleva tirarsi indreto, et che gli huomini lo venissino ad udire in San Marco, et le donne andassino in San Lorenzo a fra Domenico. Trovatosi adunche il nostro frate in casa sua, hora havere udito con quale audacia e' cominciassi le sua prediche, et con quale egli le seguiti, non sarebbe di poca admiratione; perché dubitando egli forte di sé, et credendo che la nuova Signoria fussi al nuocergli inconsiderata, et deliberato che assai cittadini rimanessino sotto la sua ruina, cominciò con spaventi grandi con ragione a chi non le discorre efficacissime, mostrando essere optimi e sua seguaci, et gli adversari sceleratissimi, tochando tutti que' termini che fussino per indebolire la parte adversa et affortificare la sua; delle quali cose perché mi trovai presente qualcuna brevemente ritratterò.

Lo absunto della sua prima predica in San Marco furon queste parole dello Exodo: « Quanto magis premebant eos, tanto magis multiplicabantur et crescebant »; et prima che venissi alla dichiaratione di queste parole, monstrò per qual cagione egli s'era ritirato indreto, et disse: « prudentia est retta cognitio agibilium ». Dipoi disse che tutti gli huomini havevono hauto et hanno un fine, ma diverso: de' christiani el fine loro è Christo, degli altri huomini, et presenti et passati, è stato et è altro, secondo le sette loro. Intendendo adunche noi, che christiani siamo, a questo fine che è Christo, dobbiamo con somma prudentia et observantia de' tempi servare lo honore di quello; et quando... el tempo richiede exporre la vita per lui, exporla; et quando è tempo che l'huomo s'asconda, ascondersi, come si legge di Christo et di S. Pagolo; e cosa, soggiunse, dobbiamo fare, et habbiamo facto, però che, quando fu tempo di farsi incontra al furore, ci siamo fatti, come fu el dì della Ascensione, perché così lo honore di Dio et el tempo richiedeva; hora che lo honore di Dio vuole che si ceda all'ira, ceduto habbiamo. Et facto questo breve discorso, fece dua stiere, l'una che militava sotto Iddio, et questa era lui et sua seguaci, et l'altra sotto el diavolo, che erano gli adversari. Et parlatone diffusamente, entrò nella expositione delle parole dello Exodo preposte, et disse che per le tribulationi gli huomini buoni crescievono in dua modi, in spirito et in numero; in spirito, perché l'huomo s'unisce più con Dio, soprastandogli l'adversità, et diventa più forte, come più apresso al suo agente, come l'acqua calda achostata al fuoco diventa caldissima, perché è più presso al suo agente. Crescono ancora in numero, perché e' sono di tre generatione huomini, cioè buoni, et questi sono quegli che mi seguitano, perversi et obstinati, et questi sono gli adversari; et un'altra specie di huomini di larga vita, dediti a' piaceri, né obstinati al mal fare, né al ben fare rivolti, perché l'uno da l'altro non discernano; ma chome fra e buoni et perversi nasce alcuna dissentione di facto, quia opposita iuxta se posita magis elucescunt, conoschono la malitia de' tristi, et la simplicità de' buoni, et a questi s'achostano et quegli fuggono, perché naturalemente ogni uno fugge el male et seguita el bene volentieri, et però nelle adversità e tristi mancono et e' buoni multiplicano; et ideo quanto magis etc. Io vi discorro brevemente, perché la angustia epistolare non ricercha lunga narratione. Dixe di poi, entrato in varii dischorsi, come è suo costume, per debilitare più gli adversarii, volendosi fare un ponte alla seguente predicha, che le discordie nostre ci potrebbono fare surgere un tiranno che ci ruinerebbe le case et guasterebbe la terra; et questo non era contro a quello ch'egli haveva già detto, che Firenze havea felicitare, et dominare ad Italia, perché poco tempo ci starebbe che sarebbe cacciato; et in su questo finì la sua predichatione.

L'altra mattina poi exponendo pure lo Exodo et venendo a quella parte, dove dice che Moyses amazò uno Egiptio, dixe che lo Egiptio erono gli huomini captivi, et Moyses el predicatore che gli amazava, scoprendo e vitii loro; et dixe: O Egiptio, io ti vo' dare una coltellata; et qui cominciò a squadernare e libri vostri, o preti, et trattarvi in modo che non n'harebbono mangiato e cani; dipoi soggiunse, et qui lui voleva capitare, che volea dare all'Egiptio un'altra ferita et grande, et dixe che Dio gli haveva detto, ch'egli era uno in Firenze che cercava di farsi tyranno, et teneva pratiche et modi perché gli riescissi: et che volere cacciare el frate, scomunicare el frate, perseguitare el frate, non voleva dire altro se non volere fare un tyranno; e che s'osservassi le leggi. Et tanto ne disse che gli huomini poi el dì feciono pubblicamente coniectura d'uno, che è tanto presso al tyranno, quanto voi al cielo. Ma havendo dipoi la Signoria scripto in suo favore al papa, et veggiendo non gli bisognava temere più degli adversarii suoi in Firenze, dove prima lui cercava d'unire sola la parte sua col detextare gli adversarii et sbigottirgli col nome del tyranno, hora, poi che vede non gli bisognare più, ha mutato mantello, et quegli all'unione principiata confortando, né di tyranno, né di loro scelerateze più mentione faccendo, d'innaglienirgli tucti contro al sommo pontefice cerca, et verso lui e' suoi morsi rivoltati, quello ne dice che di quale vi vogliate sceleratissimo huomo dire si puote; et cosa, secondo el mio iudicio, viene secondando e tempi, et le sua bugie colorendo.

Hora quello che per vulgo si dica, quello che gli huomini ne sperino o temino, ad voi, che prudente sete, lo lascierò giudicare, perché meglio di me giudicare lo potete, con ciò sia cosa che voi gli humori nostri, et la qualità de' tempi, et, per essere costì, lo animo del pontefice appieno conoschiate. Solo di questo vi prego: che se non vi è paruto faticha leggere queste mie lettere, non vi paia anche faticha el rispondermi che iudicio di tale dispositione di tempi et d'animi circa alle cose nostre facciate. Valete.

Datum Florentie die viiij Martii

MCCCCXCVII.

Vester Nicholò di M. Bernardo Machiavegli

 

 

004

Niccolò Machiavelli a Pier Francesco Tosinghi

 

Firenze, 29 aprile 1499

Magnifico viro Petro Francisco commissario generali in agro Pisano, maiori suo honorando. Ad pontem Herae.

Copia di advisi di più lettere da Milano, hauti per via dello oratore di Milano residente ad Vinegia; et prima.

Per lettere de' 13 dì:

Come e Vinitiani havean facto capitano dell'armata messer Antonio Grimanni procuratore, che si è offerto servire di suo quella Signoria di xx mila ducati, stimando guadagniarsi el dogato; et che pensavono di armare 40 in 50 galee sottili, 22 galeaze, et xviii nave; et che era venuto uno altro grippo di Levante, significante come il Turco sollicitava l'armata, che saria di 150 vele, et come andrà verso Soria; ma per havere ad passare di Cipro, quella Signoria vi volea mettere la sua armata, per non havere ad essere richiesta di servire di porti, et che per questa brigha del Turco, non si pensava niente dare danari al re di Francia, et che si erono smentichati le cose di Pisa.

Come el Doge haveva, dopo l'appuntamento facto di Pisa, di continuo monstro migliore dispositione allo oratore di Milano verso el duca, et che si doveva attendere per ciaschuno ad conservare questa pace, et tenere li oltramontani fuora di Italia, et che il re di Francia era offeso forte da le gotte, et quella gente che disegnava mandare in Italia, bisognava voltassi verso Borgogna, per intendere lo archiduca volere secondare la voglia di suo padre; et come, non passando el prefato, haranno e Vinitiani scusa non li dare e 100 mila ducati, havendone maxime havere bisogno per sé proprii.

Come del papa si parla molto vituperosamente.

Come el re Federigho ha avuto un figliolo maschio, et ognuno se ne è rallegrato.

Per lettere de' xxv dì:

Come si vedeva ciaschun dì crescere in Vinegia la dispositione buona di observare e·lodo.

Come etiam crescieva el timore del Turco, per haverlo già a' confini, et che, oltre all'armata, provedeano Cipri, Corfù, et le terre hanno im Puglia; et fassi iuditio che, sanza che il Turco offendessi e Vinitiani, conviene ad omni modo stieno in su la spesa, per non restare a discretione.

Come e Vinitiani havevano facto dua oratori per Francia, non tanto, secondo si stima, per supprire ad quelli che si partono, quanto per scusarsi circha el danaio col mantello del Turco, et per persuadere ad quella maestà, che bisogni hora badare ad altro che alle cose di Italia; et par loro più presto da governarsi così, che da negarli el passo expressamente.

Come era venuto ad Vinegia uno huomo del prefetto per acconciarlo con quella Signoria con 300 huomini d'arme, et come detto huomo haveva detto che quella Signoria havea promesso al re di Francia ne' capitoli 1500 huomini d'arme insino ad guerra finita; cioè quelli del prefetto Orsini tucti, et come non haveva anchora hauto risposta.

Come el duca di Milano ha facto scrivere ad Genova, et alli passi di terra, che capitandovi Pisani per andare in Francia, li sieno mandati là, perché li vuole interrompere et disporre.

Come quella Excellentia è più pronta che mai ad benificare questa ciptà, et se fa hora tornare le sua genti, lo fa per observare el lodo, ma che non è poi, bisognando, per manchare.

Come quello Duca ha notitia che nella confederatione fra el re di Francia et Svizeri si contiene come il re dà loro 80 mila ducati l'anno, et le artiglierie, quando e' n'abbino bisogno, et li debba aiutare quando fussino molestati; et loro sono obbligati offendere li nimici sua, et nominatamente el duca di Milano, quando sieno richiesti.

Magnifice vir. Mandovi questi advisi per consolatione di vostra M.tia et ad quella di continuo mi rachomando.

Die 29 Aprilis '99.

E. V. M. Deditissimus Nicholaus Maclavellus Cancell.

 

 

005

Niccolò Machiavelli a Pier Francesco Tosinghi

 

Firenze, 5 giugno 1499

Magnifico viro Petro Francisco Tosingho commissario generali in agro Pisano et suo maiori honorando.

Magnifice vir etc. Più dì fa, el duca di Milano scrisse ad questi S.ri che voleva non andare più al buio con voi et però si voleva obbligare et che voi vi obbligassi, e richiedevavi che, omni volta che li havessi bisogno delli aiuti vostri, voi fussi tenuti ad servirlo di 300 huomini d'arme et 2000 fanti, et che voi chiedessi quello volevi da lui per la recuperatione di Pisa. Risposesi per li vostri Signori dopo qualche consulta che, omni volta che lui de facto vi insignorissi liberamente di Pisa, che voi vi obbligaresti ad quanto addimandava: ma sendo la cosa in termine che questo non poteva seguire, si giudicava pericoloso el declararsi rispecto alle cose franzesi e sanza utilità di sua S.ria, e però si rimetteva in lui el trovare un modo che sua Ex.tia si assicurassi e non si mettessi in periculo lo Stato nostro: la quale risposta non satisfé punto alla Ex.tia di quello S.re et rispose ad li nostri oratori tutto alterato. Et per questa cagione a' nostri signori è parso mandare uno proprio ad sua Ex.tia per potere meglio iustificarsi apresso di sua S.ria, e mandovvi ser Antonio da Colle che li hanno revocato da Siena, el quale partirà postdomane.

Questo è quanto occorre hora d'importanza. E ciaschun dì s'intende rinnovare le nuove del Turco, e oppenione è di qualchuno che vadi alla volta di Sicilia; e vero è che li ha facto tanto sforzo per terra e per mare, che ciaschuno sta in su l'ale. Et el duca di Milano anchora teme più che l'altro delle cose di Francia e, per essere più tempo non ci è venuto lettere di Francia, si dubita che 'l duca di Milano non le habbi intercepte.

Se io non vi ho scripto di continuo come io harei desiderato, ne è suta cagione la occupatione, e anchora non ci esser venuti advisi se non ordinarij. Altro non mi occorre se non rachomandarmi alla M.ia vostra.

v Junij 99.

Vester Nicholaus Machiavellus Secret.

 

 

006

Niccolò Machiavelli a Pier Francesco Tosinghi

 

Firenze, 6 luglio 1499

Magnifico commissario Petro Francisco Tosingho in castris adversus Pisanos, suo maiori honorando.

Magnifice vir. Se io ho differito lo scrivervi, ne è suto cagione le occupazioni grandi in quali mi truovo, e voi mi harete per iscusato.

Con Milano le cose vostre si truovano in questi termini. Quel signore molti dì fa vi richiese che voi vi declarassi suoi conlegati, e obbligassivi a sovvenirlo, ogni volta li fussi di bisogno, di 300 uomini d'arme e 2000 fanti il mese; e all'incontro vi offeriva ciò che addimandassi per la recuperazione di Pisa. Non parve a questi signori che il dichiararsi fosse utile, e totaliter togliere questa pratica pareva pericoloso; e però si è preso mezzi a tenerlo in speranza, e non correre pericolo con Francia; e per questa cagione si mandò ser Antonio da Colle a Milano. E così di continuo si sta in questa agitazione. Il duca fa forza perché vi dichiariate, e voi usate ogni termine per discostarvi, parendovi pericoloso.

Con Francia si truovano questi signori in quella medesima difficultà, perché sono con istantia richiesti di aderirsi a sua maestà con questi patti, che voi gli siate tenuti servirlo quanto dura la espedizione di Milano di 500 lance; e lui si vuole obbligare di servir voi per un anno di mille lance ad ogni vostra impresa; e promette fare obbligare i Viniziani et il papa a difendervi. Al che si è fatto risposta ordinaria, col mostrare tal cosa non si poter fare senza nostro manifesto pericolo; e così si va temporeggiando con l'uno e con l'altro, usando il benefitio del tempo. E se in questo mezzo si potessi rihaver Pisa, il che a Dio piaccia, potrebbesi sanza tanto pericolo, potendosi esser meno offesi, dichiararsi; ovvero, senza haver paura di esser forzati, starsi di mezzo, e lasciare un poco giucare altri. E credesi veramente, se questa armata franzese per ordine del papa non impedisce le cose di Pisa, che le non haranno ostacolo a fare che le non habbino desiderato effetto.

Questo è quello in effecto che va attorno di momento, e che si maneggia per gli oratori vostri di Francia e di Milano. Quello che ci è di avvisi di Vinegia ve lo scrissi jersera nella lettera pubblica. A voi mi raccomando.

Ex Florentia, die 6 Julii 1499.

Vester Nicolaus Machiavellus

 

 

007

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 19 luglio 1499

Al suo honorando Niccolò Machiavelli, Dominationis Florentinae secretario dignissimo. Forlivii.

Charissimo Niccolò. Benché dopo la partita vostra di qui non sia accaduto cosa di molto momento, né che io reputi degnia di vostra notitia, tamen non voglio obmectere darvi notitia come le cose vadino circa la impresa nostra di Pisa; le quali sono cominciate in modo ad riscaldare, che indubitatamente si può dire habbino ad havere quello fine che merita una impresa tanto iusta quanta è questa; perché, come sapete, Giovanni di Dino tornò di campo, il quale era ito per intendere apunto l'animo et intentione di quelli Signori, dove si resolvevano, et circa il danaio volevono loro, et la somma de' fanti et il numero delle artiglerie et altre cose necessarie a simile expeditione; et tornò al tucto instructo et benissimo resoluto, et le cose chiese per parte del Capitano et Governatore sono state tucte approbate, perché in vero sono state tanto giuste et tanto honeste, che ciascuno ne è rimaso contentissimo. Et perché intendiate ad punto la somma del danaio, vogliono fra amendua di presente, cioè inanzi alla expugnatione di Pisa, e ducati dodicimila di grossi, il che sapete quanto è stata fuora della intentione di omni uno, che si stimava molto maggiore somma. Hora la principale cosa era questa, la quale è ferma: le altre cose sono ordinarie, et di già si è incominciato ad fare li fanti, et mectere ad ordine tucte le altre cose necessarie; le quali il signore Capitano vuole che omnino sieno in campo a dì 28 del presente, ché vuole il primo dì d'agosto senza manco accamparsi; et se al dì disegniato de' 28 dì, non saranno le cose ad ordine che possa uscire ad campo il dì da·llui disegniato, dice non si moverà poi, se non a dì 15 di agosto: sì che qui con omni sollicitudine si attende sieno expedite il sopradecto dì 28 etc.; le quali io stimo certamente saranno, in modo si sollicitano, che a Dio piaccia.

Qui ci è di nuovo come il duca di Milano ha richiamato da Roma monsignore Ascanio che vadia ad stare in Milano, perché lui vuole cavalcare a' confini, et in persona trovarsi in campo. Et benché noi non habbiamo più lettere di Francia, per esserci intercepte etc., tamen per le private si intende il Re a dì 10 di questo essere arrivato a Lione, et con pompa grandissima: et il transferirsi la persona del duca in campo è segnio che la cosa riscalda forte, come etiam è da credere.

Da Roma ci è come lo agente del re Federigo residente quivi, dicendoli al Papa, che bisognava che sua Santità pensassi ad rimediare alli disordini di Italia etc., li respose lo haveva facto et farebbe, et decto agente replicò che bisognava uscire de' generali et che il suo re non voleva essere giunto al sonno, et che pareva che sua Santità più tosto cercassi la ruina d'Italia che la salute di quella, con altre parole più iniuriose. Lui respose reprehendendolo della poca reverentia che elli usava a Sua Santità, et più oltre che il Re passerebbe in Italia in modo sarebbe per opporsi et al Turco et a omni altro, et expugniare Milano, etc.

Da Vinegia non ci è altro: accadendo, ve ne farò parte, etc.

Scrivendo, sono comparse lettere di là, et in effecto del Turco non si intende altro, se non grande scorrerie et prede, per non essere anchora giunta l'altra armata, la quale dicono è cosa grandissima etc.

Io vi conforto ad tornare più presto potete, ché lo stare costi non fa per voi, et qui è uno trabocho di faccende tanto grande, quanto fussi mai.

Tra lo havere ad scrivere fugiasco, et essere impedito quanto è possibile, non posso fare mio debito; et altro non mi accade, se non recomandarmivi, et di nuovo dirvi come le cose di Pisa si sollicitano quanto più è possibile, ad ciò sieno ad ordine a dì 28, etc. Bene valete.

Ex Palatio, die xviiii Julii

MCCCCLXXXXVIIII.

Servitor Blasius

 

 

008

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 19 luglio 1499

Al suo honorando Niccolò Machiavelli, Dominationis florentinae dignissimo secretario.  Forlivii.

Che io non sia adirato, et che sempre mantenga la fede mia, ve ne faranno buona testimonianza li advisi et de' Turchi et Franzesi, li quali saranno inclusi nella publica; che, benché sia stato un poco dificile, pure mi parse meglio farlo per via publica che privata, benché anchora io private vi advisi di qualche cosetta, et così mi sforzerò, Niccolò mio, di fare mentre sarete costì. Ma vi fo fede che se qui fu mai faccende, hora trabochano, sì che, se non fussino scripte le mia lettere come si richiederebbe, harete patientia, et voi con la industria et ingegnio vostro ne caverete più constructo vi fia possibile; et quando harò punto di tempo, più vi scriverrò, et più ad pieno et più distincto, benché io non credo habbiate ad soprastare costì molto tempo, ché qui è nicistà de' casi vostri.

Et quanto al fuggirmi et venire costà, se havessi voluto fussi venuto, non bisogniava mi indugiassi ad hora, che farei fare uno viso a ser Antonio della Valle, che parrebbe non havessi ritenuto l'argomento. Che se farete a mio modo, recherete assai acqua rosa per rinvenirlo, ché qui non si sente altri che lui; et di già ci ha facto lavare il capo a' nostri Magnifici Padroni, et da maledecto senno: che li venga il cacasangue nel forame. Pure la cosa è qui, et quattro fregagioni hanno assettato omni cosa. In effecto tucti vi desideriamo, et sopra omni altro il vostro Biagio, il quale a omni hora vi ha in bocha, et parli omni hora un anno, come non pareva a voi quando lui era fuori, il che credo habbia ad essere il riscontro di quelli stratiò lui, etc.

Io non dubito punto che la Ex.tia di Madonna vi faccia quello honore, et vi vegga lietamente, come ne scrivete, maxime per più respecti, li quali al presente non replicherò, per non essere tedioso, ché presto vi verrei ad noia.

A mio iudicio voi havete exequito insino a hora con grande vostro honore la commissione iniunctavi, di che io ho preso piacere grandissimo, et di continuo piglio; ad ciò si vegga ci è altri anchora che, benché non sia così pratico, non è inferiore a ser Antonio etc., che gonfiava così: sì che seguitate, ché insino ad hora ci havete facto grande honore.

Io vorrei, per il primo mi mandassi in su uno foglio ritratta la testa di Madonna, che costì se ne fa pure assai; et se la mandate, fatene uno ruotolo ad ciò le pieghe non la guastino. Et altro al presente non mi occorre se non recomandarmi et offerirmi a voi, etc. Bene valete.

Ex Palatio, die xviiii julii

MCCCCLXXXXVIIII.

Servitor Blasius Bona: Cancel.

 

 

009

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, post 20 luglio 1499

Domino Nicolao de Machiavellis.

Copia di capitolo di lettera di Giovanbaptista Ridolphi oratore a Vinegia sotto dì 20 di luglio a' Mag.ci S.ri ‑ 1499.

Hieri ci fu adviso da Corfù come l'armata del Turco uscì fuori di stretto a' xxiv del passato et stimasi venghi ad ferire ad Napoli di Romania o ad Corfù, se il tempo la servissi; et il Signore con lo exercito di terra si trova verso S.to Lionichi et doverrà andare dove batterà l'armata et forse poi al Cathero. Così ho inteso che quello S.re havea facto tragittare per terra certe fuste dal golfo delle Moree nel golfo di Patrasso, che vengono ad haverle portate circa miglia 6 per terra; stimasi sia stato per non regniare tempo per mare ad dare quella volta, o per fuggire l'armata di questa S.ria che si trovava a Chavo S.to Agnolo nelle Moree et per coniungersi colle fuste della Velona et servire a questi luoghi di qua verso Corfù et il Golfo.

Questa Ill.ma S.ria al continuo manda allo incontro per mare e per terra in Friuoli navili et fanti, et dicono che mai questo stato si è trovato maggiore armata che di presente, et con effetto è potentissima etc.

Copia di più capitoli di lettere delli Oratori dalla Corte sotto dì 17 di luglio 1499 date a Lione.

Come Franzesi vivamente sollicitano la impresa et non attendono a altro se non a quella.

Come è fatta la consigniatione delle terre di Piccardia, et che tutti li personaggi deputati a quello effetto se ne torneranno.

Come il Re è contento che l'armata sua fatta in Provenza, bisogniando, si unisca con quella de' Vinitiani.

Come hanno inviato circa 70 carri di pallottole di ferro et altre specie di saettume; et le fanterie cominciono ad passare, ma per venire di diversi luoghi non si intende il numero a punto.

Come l'armata di Provenza era alla colla per partire col primo vento propitio.

Come il Valentinese è stato fino qui a Uson di Berrì, et sarebbe a Lione in brevi, et come desidera tornare ad Roma: di che expecta resposta dal Pontefice, ché li ha mandato uno suo ad posta per questo.

 

 

010

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 27 luglio 1499

Al suo honorando Niccolò Machiavelli, Dom. Florentinae secretario dignissimo, etc. 

Forlivii.

Spectabilis vir et honorande patrone, etc. Per le mani di messer Marcello mi fu presentata una vostra, la quale mi fu nel numero delle altre cose vostre oltre ad modo grata, come di quello che io amo sopra tutti li altri di etc. Et perché intendiate in che modo ci fu lavato il capo da' nostri padroni etc., ad ciò siate anchora advisato de' casi della Cancelleria, brevibus accipite. Ser Antonio, come sapete, è in omni minima cosa impedito, et non ci sendo noi la mattina così ad buona hora, et la sera non stando insino alle 3 hore, ne fe' querela grandissima; donde la mattina, chiamati al conspecto de' Signori, fumo pure honestamente admoniti, etc. A che fu resposto prima per lo Alphano dipoi per il grande ser Raphaello tanto bestialmente quanto fussi possibile, benché fussi lasciato dire ad suo modo. Et prima dixe, che loro Signorie havevono preposto a quello officio uno che haveva poco obligo con la natura, et che non sapeva dove si era, et che, quando fussi conmesso a lui, farebbe cose grande, maggiore di lui; et così molte altre cose et parole più iniuriose, etc., in modo che lo essere prosumptuoso li è giovato, che a omni hora è chiamato da' padroni, etc. Et io sono et da Marcello et da omni uno sbattuto, et stomi continue ad pregare et sollicitare che ne vegniate, ché ce n'è di bisognio; et tandem io ho voluto giucare il resto con lo amico, et dettoli lo servirò infino alla tornata vostra, et poi voglio ritornare al mio luogho, cioè ad scrivere con voi. Et così mi sto da me, et se non mi è detto, non parlo a persona, in modo s'è adveduto già lo amico, che mi ha infuriato et non poco; et questo fu che a una certa lettera mi vagliò, et comandò non mi fussi detto cosa alcuna, il che sarà l'ultima volta, perché mi chiama sei volte inanzi responda; ma io ho disposto l'animo, et così voglio seguire mentre ci starò. Et voi conforto ad expedirvi con quanta più presteza si può ché non è il facto vostro ad stare costì, di che a bocha vi raguaglierò, così di molte altre cose, et di Marco anchora, il quale ha sentito molto lodare le vostre lettere, et omni dì viene ad fiutare et sbottoneggiare, ma vi possete presummere per certo, li resposi in modo non me ne parla più, né me ne parlerà per lo advenire; et credo conoscerete nel fine chi è stato et è Biagio, et basti. Alla tornata sareno insieme, et potrenovi conferire di quelle cose, pure nostre, che ad scriverle sarebbe lungo, etc.

Con messer Marcello, circa il respondervi presto etc, non vi sono più buono né voglio essere; sì che cercate altro mezo, et quello potrò fare io, sapete non sono né sarò mai per mancare, come a quello al quale sono sommamente oblighato.

Qui ci è di nuovo come il Re ha rotto a Milano, et messer Gianiacopo ha facto certe scorrerie, ma non di danno, secondo habbiamo; et il Re, quanto più vede il Duca prepararsi, tanto più si accende alla impresa.

Li Svizeri et Alamanni sono venuti a questi dì alle mani, et chi se ne habbia havuto il meglio, non si può sapere il vero, come vi è noto; perché donde viene, se è amico, la fa grassa, et e converso: pure stimiamo per più riscontri li Svizeri havere havuto il meglio.

L'armata del Turco uscì fuora dello stretto, et stimasi vadia ad ferire ad Napoli di Romania: è cosa grande, secondo si intende. Così quella Signoria ha facto grande preparationi per defendersi, et anchora ha cominciato ad dare danari alle gente d'arme vuole adoperare in Lombardia, ad rompere a Milano, ché dicono vogliono servare le promesse al Re, etc. Dio lasci seguire il meglio.

La impresa nostra di Pisa va di bene in meglio, et questi M.ci S.ri non restono né dì né notte di fare le provisioni necessarie et di danari et di omni altra cosa, et di già hanno ad ordine quasi tutti li fanti, in modo si stima certo Pisa essere presso che in potestà di questa M.ca S.ria, benché loro stieno per anchora durissimi, etc.

Ben sapete che ser Philippo Radichi monstrò tanti disegni, che elli andò Conmissario in Lunigiana ad sgallinare, et sovi dire farà il dovere. Nec alia. A voi mi recomando et offero, etc.

Florentie, die xxvii Julii MCCCCLXXXXVIIII.

Servitor B. ec.

 

 

011

Niccolò Machiavelli a un cancelliere di Lucca

 

Firenze, primi d'ottobre 1499

Sendo pervenuta nelle mani d'un mio amico una lettera sopradscripta ad M. Jacobo Corbino canonico pisano, me la portò; et io per lo officio mio, apertola, non mi maraviglai tanto del subbiecto di epsa quanto io mi maravigliai di voi che lo havessi scripto, perché io mi persuadevo che ad uno huomo grave quale sete voi et ad una persona publica quale voi tenete, si aspettassi scrivere cose non disforme alla professione sua. Hora come e' sia conveniente ad un secretario di cotesti M.ci Sig.ri notare d'infamia una tanta republica quale è questa, ne voglio lasciare fare iuditio ad voi: perché di quello che dite contro ad qualunque potentato di Italia se ne ha più ad risentire e Sig.ri vostri che alcuno altro, perché, sendo voi la lingua loro, si crederrà sempre che quelli ne sieno contenti, et cosa venite ad partorire loro odio sanza loro colpa. Né io mi sono mosso ad scrivere, tanto per purghare le calunnie di che voi notate questa città, quanto per advertire voi ad ciò per lo advenire siate più savio; il che mi pare essere tenuto ad fare, sendo noi sotto una medesima fortuna. Fra molte cose che dimostrono l'homo quale e' sia, non è di poco momento el vedere o come egli è facile ad credere quello che li è detto, o cauto ad fingere quello che vuole persuadere ad altri: in modo che ogni volta che uno crede quello che non debbe o male finge quello che vuole persuadere, si può chiamare et leggiere et di nessuna prudentia. Io voglio lasciare in dreto la malignità dello animo vostro demostrato per queste vostre lettere; ma solo mi distenderò in demostrarvi quanto ineptamente o voi havete creduto quello vi è suto referito o fincto quello desideravi si disseminassi in infamia di questo Stato. Io vi ringratio prima della congratulatione fate col pisano per la gloria che ad vostro iuditio hanno adquistata et per la infamia ne haviamo reportato noi, condonando tutto alla affectione ci portate; dipoi vi domando: come può stare insieme che questa città habbi speso un tesoro da non poterlo extimare et li Pisani si sieno difesi sanza fraude di Pagolo Vitelli, come voi volete inferire? perché, se vi ricorderà bene, lo exercito fiorentino si adcostò a Pisa sì gagliardo et sì bene pagato et con tale progresso in pochi dì, come dimostrò la fuga di M. Piero Gambacorti et la paura vostra, che se la fraude vitellescha non vi intercedeva, né noi ci dorremo della perdita né voi ve ne rallegrerresti. Appresso vi domando: quale sana mente o quale bene edificato ingegno si persuaderà o che Pagolo Vitelli ci habbi prestati danari o la cagione dello haverlo preso sia per non pagharlo? Né vi advedete, povero huomo, che questo totalmente excusa la città nostra et accusa Pagolo? perché ogni volta che un crederrà che Pagolo ci habbi prestati danari, crederrà de necessitate che Pagolo sia tristo, non potendo havere avanzato danari come ogniun sa, se non o per corruptione factegli perché c'inghannassi, o per non havere tenuta ad un pezo la compagnia: donde ne nascie, che o per non havere voluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non havendo la compagnia, ne sono nati per sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et merita l'uno o l'altro errore, o tutt'a dua insieme che possono stare, infinito castigo. Alle altre parti della lettera vostra, per essere fondate tutte in su questi dua capi, non mi occorre rispondere, né mi schade etiam iustificarvi la captura, come cosa che non mi si aspetta ad farla, et quando mi si aspettassi, ad voi non si richiede lo intenderla. Solum vi ricorderò che non vi rallegriate molto delle pratiche che voi dite andare attorno, non sapiendo maxime le contrappratiche che si fanno: et admunirodvi fraterno amore che, quando pure voi vogliate per lo advenire seguitare nella vostra captiva natura di offendere sanza alcuna vostra utilità, voi offendiate in modo che ne siate tenuto più prudente.

 

 

012

Roberto Acciaiuoli a Niccolò Machiavelli

 

Roma, 4 gennaio 1500

Prudenti viro Niccolao Machiavello secretario Priorum Libertatis. Florentiae.

Honorande vir etc. L'excusatione vostre della rarità dello scrivermi le admetto et per le occupation' vostre et per l'officio del silentio, del quale non potete essere laudato sufficientemente, ché così si richiede al bon secretario.

Circa negocium amici tui, hoc tantum mihi occurrit. Pontifex maximus Bononiae et omnium urbium sibi subditarum praetores eligit, et sibi potestatem eligendi reservat: et, ut plurimum, quibus est cum eo aliqua familiaritas et affinitas aut facilis ad eum aditus complacet, si pro aliquo intercesserint, et potius persona intercessoris et dignitas respicitur quam electuri; et, ut plerumque fit et ubique, per gratos mediatores et dignitate conspicuos viros fungi non est difficile. Sed vereor ne amicus iste tuus metam tarde nimium attigerit: nam Ex.si D.ni nostri paucis ante diebus hoc spetialiter commiserunt oratori nostro, ut ipse eorum nomine S.tem D.ni Nostri supplicaret ut D. Pacem de Miralucis de Aquila ad presens Florentiae pretorem eligeret: quod quidem libenter sibi concessum fuit et tantum sui procuratores expectantur qui hoc promissum perficiant et expediant; et de hoc hactenus.

Io intendo bona parte di quello scrivi a Johan Folchi per sua gratia, quod utor familiariter; et ritraggo tutti li studii delli amici nostri, et solo mi mancha Borsio, el quale non odo ricordare: temo non sia transformato et transfigurato in francioso, sic enim eum in discessu nostro reliqueram: quando scrivete a Johanni rimbrocciatene una ballatina. De' jubilei non vi scrivo, perché son già rinviliati, et dassene pel capo a chi ne vuole: in modo che costui sommamente debba essere commendato, perché al tempo suo harà scoperto quanto si debbono stimare queste cose, et un altro non c'ingannerà con la superstitione; et io per me ne lo ringratio, ché m'ha chiarito una gran posta et cavatomi d'un gran pensiero, poi che ho visto come nascon queste historie, et quello che hanno sotto; ma son ben contento che mi costino ogni cosa, da' danari in fora. Sarò brieve per far parte a qualchuno altro. Raccomandomi a voi, et omnibus amicis nostris. Vale Die iiii januarii MCCCCLXXXXVIIII.

Rob. Ac. Romae

 

 

013

Biagio Buonaccorsi e Andrea di Romolo a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 23 agosto 1500

Spectabili viro Nicolao de Maclavellis, mandatario florentino apud Christianissimam Maiestatem amico honorando.

Alla Corte.

Honorando et charo mio Niccolò. Se io vi ho ad confessare la verità, questa vostra lettera ricevuta stamani mi ha facto un poco gonfiare et levare in superbia vedendo che tra li stradiotti di Cancelleria pure tenete un poco più conto di me; et per non calare di questa mia opinione, non ho voluto ricercare se ci è vostre lettere in altri. Io ne ho preso piacere grandissimo, parendomi parlare con voi proprio et familiarmente, come eravamo usati; et ne havevo preso qualche poco di passione, havendo visto la prima volta vostre lettere, et non esser facto da voi mentione alcuna di me, dubitando che il proverbio che si dice vulgarmente - dilungi da ochio, dilungi da quore - non si verificassi in voi, il che questa vostra lettera ha cancellato; et così vi prego seguitiate quando vi avanza tempo, ché io per me non mancherò mai di fare mio debito verso di voi.

Io non voglio mancare di significarvi quanto le vostre lettere satisfanno a omni uno; et crediatemi, Niccolò, ché sapete che l'adulare non è mia arte, che trovandomi io ad leggere quelle vostre prime a certi cittadini et de' primi, ne fusti sommamente commendato, di che io presi piacere grandissimo, et mi sforzai con qualche parola dextramente confermare tale oppinione, monstrando con quanta facilità lo faciavate. Et così dove io veggo potere giovare, lo fo, parendomi farlo per me proprio, come certamente fo; et pure stamani fui con Luca delli Albizi, col quale era di già stato Totto vostro fratello, et facto il bisognio; fece lo officio dello amico, come sempre è usato fare. Così messer Marcello, insieme con Totto vostro, fa omni cosa che obtegniate il desiderio vostro; et credo per adventura avanti il serrare di questa harà effetto; et non lo bevendo così hora, lo harà un'altra volta. Scrivete pure a Totto che non la stachi, perché stamani mi dixe: - Se io non la fo hoggi, io me ne andrò in villa, etc. - Voi sete savio, et basti.

La vostra lettera mi dette il nostro messer Marcello, et seco era Totto, al quale hevea date le altre vostre fidelissimamente. Così havea mandate quelle di Francesco ad casa sua per huomo ad posta, ché per non mi sentire bene non ero in Cancelleria: basta che hanno havuto optimo ricapito, et così haranno tutte le altre. Io ho messo da uno canto tutti piaceri che io ho sendo qui, et tutti li altri che io harei sendo costì; et certamente lo essere insieme con voi dà il tracollo alla bilancia; pure bisognia havere patientia, da che non si può; et se voi continuerete nello scrivermi anchora, mi sarà manco grave questa vostra absentia, di che io vi prego quanto più posso.

Io feci la ambasciata del parcatis a messer Cristophano. Mi respose che alla tornata vostra facessi motto a Lione al Rosso Buondelmonti, che da lui sarete informato di tutto per essere huomo pratico etc.

Dapoi la partita vostra habbiamo perso Libbrafacta et il bastione della Ventura, et per anchora Pisani sono signiori della campagnia.

Pistoia ha facto grandi movimenti, et la parte Cancelliere ha cacciato la parte Panciatica con grande arsione di case et botteghe et morte di qualche huomo; pure la parte restata superiore si dimonstra fidelissima et observantissima di questa Ex.sa Signoria. Dio ne aiuti, ché ce n'è bisognio.

Niccolò, io vi prego che a mia contemplatione spendiate uno scudo in guanti et due scarselle di tela, delle più piccole trovate, et qualche altra zachera, che ve ne rimborserò a chi mi ordinerete. Così vi prego mi mandiate uno stocco, ma lo voglio in dono, poiché non ho bevuto quello mi promectesti alla partita. Et raccomandatemi quanto più potrete al nostro Francesco della Casa, et me li offerirete in tutto quello li atteggia di qua, et che lui stimi si possa fare per me. Nec plura. A voi mi recomando quanto più posso, et prego Dio vi guardi dalle mani de' Svizeri.

Florentie, die xxiii Augusti md.

Vester Blas. Bo. Cancellarius

 

Post scripta. Sono stato con Lorenzo Machiavelli et hammi promesso scrivervi et farvi scrivere anchora da frate Anfroi et dal Casa: faccendolo, ve le manderò con questa et anche ne li solliciterò: ma rispondetemi, et portatevi da huomo da bene come voi sete.

 

Maclavelle mi. Che vi vengha mille cancheri, che ci fate vivere in grande anxietà, et sempre nella 2a Cancelleria stiamo in severità e cose che, adiungendosi all'altre occorrentie etc., ci fanno intisighire. L'asse si comincia ad ritrovare per ser Antonio et ogni dì lo stomacho lo molesta; credo sia per non havere M.a Agostanza sua qui da riscaldarlo, o farlo exercitare all'altalena. Pure, nella prima Cancelleria noi ridiamo spesso et facciamo anche qualche ordinuzo in casa Biagio, et M. Marcello si truova apresso il S.r Giglozo in casa, et ghode, et a questi dì si li è facto lo scangio con gran trionpho. Ho facto in tal mentione cose po[ ... ] . Sì che etiam voi vi preparate, cum primum sarete arrivato qua, ché la vi aspetta a fiche aperte et Biagio et io sere sono la vedémo a la finestra come uno falcone, scis quam dicam etc.; id est lungo Arno da le Gratie.

Ser Raphaello è in legatione a Bologna, ma fra 2 dì entra sotto il Gaddo che hoggi va là per ambasciadore. La S.ria li scrive, idest a ser Raphaello, che lo serva in tutto et per tutto; tu intendi. Di che Baccio qui si è adirato a diavolo, ché have disegniato servire elli a tutt'i sua bisogni, etc.

Io non posso, Nicholò, fare che accusando la philosophia mia nella tua, io non mi ni sia risentito con gli aghironi di ser Traversa, ché havendola trovata in chiasso si basterebbe. E calabroni etiam se n'adireranno techo, che tu gli pungha in questo modo; ma al nome di Dio, tornato che tu sarai, noi ti ritroverremo altri puncti, pur che tu non sia infranciosato troppo. Vale.

Andreas tuus

 

 

014

Totto Machiavelli a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 27 agosto 1500

Egregio viro Nicholò di M. Bernardo Machiavelli honorando mandato della Signoria di Firenze. In Francia.

Al nome di Dio, a dì xxvii d'aghosto 1500.

Honorande frater etc. Questa sera siate stato ragualgliato dalla Signoria della provisione chon Francesco della Chasa doppo 15 dì chontinui che sono stato loro adosso e sera e mattina. Egli erano fermi la magiore parte di proposito andare insino alla somma di fiorini 30 larghi il mese, dicendo che chon l'ordinario saresti ragualgliato: feci più volte in partichulare loro intendere che non era chosa giusta vi facessino spendere il vostro proprio salario, del quale quando siate di qua vi potete servire in pagarne il Chomune e gli altri vostri bisogni, e faccendovelo spendere vi farebbono torto; e infine la chosa è achoncia come volevi, e alla fine tutti di buono animo e molto gratamente l'ànno fatto, e maxime Filippo Buondelmonti e il gonfalonieri, a' quali siamo ubligati, e anchora Antonio Giugni ci à assai aiutato.

Alla Primavera o per la Primavera ò speso per vostro chonto f. 11 d'oro in oro. Per una de' 17 del presente vi ragualgliai circha al fatto del danajo che avevo fatto tutto quello m'avevi ordinato e in essa era una lettera di credenza de' Nasi vi fussi pagato ischudi 50. Ruberto mi promisse darne doppio aviso, a chagione se quella non fusse chomparsa, che voi siate servito da chotesti sua di Lione per ogni modo.

E a detto Ruberto ò fatto libera promessa infra tre mesi pagarglieli, chome per l'altra vi scripsi.

Né altro. Iddio vi guardi

Vostro Totto Machiavelli in Firenze

 

 

015

Agostino Vespucci a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 20 settembre 1500

Magnifico oratori florentino apud Christianissimam Maiestatem, Nicolao de Maclavellis.

In corte.

Magnifico patrone mio honorando. Hieri, che fu sabato, in consiglio grande furono eletti li signori X di libertà et balia, et sono X huomini da bene, et, sendone 2 a specchio, altri 2, videlicet il Gualterocto in luogho di Giovan Batista Ridolphi et Chimenti Sernigi in luogho di messer Antonio Malegonnelle; li altri fin qui non ci essendo, non si può dire altro. Scrivesi a Piero, che è a Bologna, et così alli 2 comissarii a Pistoia, che fra il tempo venghino, etc., et che li luoghi si provederanno. Vorrei, Nicolò mio, che voi ci fussi per quello che per la prudentia vostra molto bene intendete. La libertà et balia è come prima adpuncto, excepto che in aliquibus limitano loro qualcosa. El Turcho prese Modone, et dicesi dipoi di Corphù: amazorono ogni uno che vi era drento, sendone però morti prima 20mila de' Turchi; etiam si dice essersi dipoi inviati in Friuoli, oltre ad quelli luoghi et banda di là; item, che il re Federigo si fa innanzi ad recuperarsi le sua terre et porti, sendo aiutato da' luoghi proprii. Li X sono in questa. In fretta scrivo questa, ché uno volando si parte per ad coteste bande. Di questa electione de' X pare che ogni uno se ne rallegri, excepti loro proprii ad chi è toccho la electione. Dio vogla ne segua el fine che si spera. Bene vale. Ex Florentia, die 20 septembris 1500.

Augustino, vostro servitore

 

 

016

Piero Soderini a Francesco della Casa e a Niccolò Machiavelli

 

Castrocento, 22 settembre 1500

Spectabilibus viris Francisco dalla Casa et Niccholao de Machiavellis, mandatariis ad Christianissimam regiam maiestatem.

Tamquam fratres charissimi, etc. È piaciuto a' nostri excelsi signori per le occorrentie presenti et per i casi dello illustrissimo signor prefetto che io mi dovessi transferire qui, oratore loro ad questo reverendissimo monsignore cardinale per alchuni dì. Dove trovandomi di presente, et havendo inteso non da sua reverendissima signoria, ma di qualche altro buono luogo * come ambascadori pisani sono venuti verso la christianissima maestà, per apuntare et fermare le cose loro con quel Re, * mi è parso advertirvene, acciò che voi possiate et col re christianissimo et con il reverendissimo monsignore di Roano parlare intorno a questa materia quello che voi intenderete essere il bisogno della città * et che habbia a essere cosa da rompere ogni loro pratica * persino a tanto che lo imbascadore sia partito da Firenze per costì, il che doverrà essere in brevi. Vigilateci drento et operate ogni vostra industria et ingegno per obviare * che tale conclusione non si faccia in verun modo al tempo vostro. * Et seguirete quanto dalli nostri excelsi signori per loro lettere vi sarà scripto, non obstante che questo adviso non haranno prima che domane: ma, per anticipare, ho voluto significarvelo.

L'aportatore di questa sarà messer Andrea Doria, huomo dello illustrissimo signor prefetto, il quale è persona molto da bene, et ènne facto buono conto, et è affectionatissimo alle cose della città. Fateli careze, et, volendo servirvi della opera sua in alchuna cosa, ne lo richiedete, ché ha commissione di farlo, et lo farà volentieri. Nec alia. Bene valete. Ex Castrocenti, die 22 settembris 1500. Petrus Soderinus, orator florentinus etc.

 

 

017

Luca degli Albizi a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 24 settembre 1500

Spectabili viro Nicolao de Machiavellis mandatario florentino.

Alla Corte.

Frater carissime etc. Alla utima vostra prima non ho resposto, per non avere inteso che prima vi si sia scripto dal publico per certa via, et per non portare molto. Io vi ringratio del troppo vostro concepto di me: dolgomi che il giudicio vostro non mi fu prima noto; perché alla giunta della vostra d'uno tempo innanzi ero stato eletto oratore per a cotesta M. et, allegato li impedimenti mia, ero stato absoluto. Non vorrei già che questo mio rifiuto facessi di costà sinistra opinione di me, non mi havendo ritenuto altro che il disagio et la spesa. Quando bisogni, piacciavi purgarmi, dove achadessi, ancora che io giudichi che di sì minimo particolare poco conto si tenga; debbesi reputare tutto a buon fine et sperare che chi succederà farà più il bisogno della città. Bernardo Rucellai per la mala complexione et Giovanni Ridolfi per la schoncia famiglia et per le molte occupationi non credo venghino. A' quatro dì di questo altro, che è l'utimo termine a loro assegnato, ne fareno certo giudicio. Doverrassi rieleggere altri, maxime che ciaschuno qui desidera che costì stia oratore prudente, reputato et accepto a cotesta M. Idio al bisogno provegha. Delle cose di qua non vi dico, stimando che le lettere publiche supplischino. Ricordovi che io sono vostro et che io desidero piacervi. Scuseretemi col mio Francesco della Casa se non gli scrivo, che resta per non lo affaticare, intendendo la sua indispositione del corpo, che mi dispiace non altrimenti che se fossi nella mia propria persona. Salutatelo et rachomandatemi a·llui. Che Christo sano vi conservi. Florentie, die xxiiii septembris MD.

Vostro

Luca d'Antonio degli Albizi

 

 

018

Agostino Vespucci a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 20‑29 ottobre 1500

Nobili viro Nicolao de Maclavellis excelsae civitatis Florentiae secretario, Oratori in Gallia apud Chr.mam Maiestatem, suo precipuo. In corte del Cristianissimo Re.

Patrone mi, salve, multum commendatione premissa. Litere tue nobis nudius tertius reddite quamvis etrusce pergrate tamen fuere, nam et a N. Maclavello et ex Bles regione quidem longissima et ex altero quasi orbe, ut ait poëta, profecte sunt: tu vero ad nos redibis, cum hodie hinc Petrus Franciscus Tosingus orator et Bernardus Riccius mandatarius ad vos in Galliam Transalpinam sive Britanniam discedant. Redeas igitur quam primum, quaeso; redeas properanter, oro; redeas quam ocissime, obsecro. Mihi enim quidam nobilissimus civis, qui te unice diligit, insinuavit quod locum in palatio tuum, ni adsis, perdes omnino: volui, pro eo amore quo te prosequor et amplector, hoc semel dixisse. Perlegi literas tuas D. Marcello, duobus aliis cancellariis et Blasio, qui omnes tenentur miro videndi tui desiderio. Jucundus enim sermo tuus urbanus et suavis nos labore assiduo effetos et marcescentes, dum circa aures nostras obstrepit, levat, exhilarat atque instaurati alia itidem permulta sunt que reditum tuum efflagitant, sed coram melius. Andreas et Julianus se pollicentur scripturos ad te, quandoquidem morbo articolari, quo pridem laborarunt, liberati sint: hoc autem quod in talari ludo et in cartis (ad rompham dicunt) se crebro exercent: Blasius olim Prothesilaus nequaquam torpet, quin ludum rompharium aleatoriumque et ipse calfacit, quamquam suum sibi palumbulum tenellulum Ant. Vallensis vocitat, obque hoc et quod nunquam jacit venerem, non lusuriam, se amplius cum eodem Antonio vovit, ni ludant ad primeriam. College omnes tui hic bene se habent, et tu non bene subputas neque ariolaris quod tibi persuadeas, dum alter nostrum isthic egrotat, duos ex istis itidem hic egrotare. Ait Arretinus quod vel tu egrotabis prius prout collega isthic tuus, ac moriere, quam ullus ipsorum, quoniam strenue magis adversus omnem incommoditatem, molestiam et difficultatem ipsi pugnant quam nos.

Ioco tamen hactenus. Serio illud, quod non ab re fuerit, si Florentiam revertaris, desque operam ut caligatus ipse per lutum coenum et aquam equitare per te siccis pedibus possit. Vespuccius itidem quod sibi pellem afferas ob hanc ipsam rem memorat. Marcellus noster primarius se infra decemnium non suscepturum prolem ex coniuge penitus asseverati quam ob rem nescio. Certo scio hoc, quod te in germani fratris loco diligit, tametsi non baptizes. Fedinus ille noster, bipedum et quadrupedum impurissimus, Pistorii apud Commissarios est. Octavianus Ripa solus apud decemviros; qui nisi videant unde erogare pecuniam possint pro rebus bellicis, numquam deliberabunt suffragiis neque litteras suo nomine mittent. Idem Ripa, cum jocandi ac relaxandi animi causa loqueremur de te, quantopere quam urbanitate ac dicteriis abundares, ut quampluries letari, ridere, quin immo cachinnari etiam quandoque cogeremur cum esses coram; illud addidit non posse te ulto pacto in Gallia, nisi magno cum discrimine, diversari, propterea quod isthic pedicones et pathici vexantur lege acriter. Nobis autem, quibus optimi et candidissimi mores tui innotescunt, subdubitantibus, quibusve id sibi vellet queritantibus, mussitando respondit, pedicasse te equum anumque tibi et clunes, (proh facinus) diffregisse. Lucas vero noster qui tantopere satagit Concellarie et domus quam sibi a fundamentis erexit, obque ista duo erumnossus se tibi commendat, positus enim inter sacrum et saxum crudciatur misere: solvere fisco quod debet nequit, et nisi prius solvat seque a speculo liberet, fieri non potest (ut suis virtutibus merebatur optabatque) in Alphani loco scriba ordinari; que res nequaquam fieret ei difficilis, ni spes nominandi in consilio ab eo in cuius manu facultas est, sibi deesset: commendat se tamen omnipotenti Domino et cunctis amicis. Scis etenim ipse quantopere fide et taciturnitate valeat, quantumve in scribendo velociter et concinne literarum caracteres exprimat; cui quin reditus tuus suffragetur, cum bonis faveas, veri quidem simile non est. Ego eodem in loco ubi me reliquisti non parum laboris fero.

De rebus vero civilibus ni ad te et ad alios nonnulli isthuc scriberent, non nihil dicerem. Annona hic non cara, aër saluberrimus, et contenti satis fere omnes, preter qui scabie gallica seu neapolitana laborant. Invalescit enim morbus huiusmodi in dies magis, atque repullulat, ut intelligas alium veretrum sive mutonem perdidisse, alii videas nasum cecidisse, alium luscum evasisse, alium Vulcano simillimum. Hoc tibi pro iure amicitie recensui, ut caveas et sospes incolumisque ad nos revertaris. Tuosque Martellum, Casavecchiam Raphaëlem Girolamum, B. Valorium, Fratancroiam, D. Federicum et multos alios familiares et amicos, qui se tibi commendant, letusque et serenus revisas. Dux Valentinus facit mirabilia magna solus in Flamminia, jactaturque vulgo, et rumor increbrescit, quod ubi Faventiam Bononiamque expugnaverit, velit ferro aperire iter Petro Medici, ut hic plus quam civis (facinus magnum) tante civitati imperitet. Avertat Deus jam omnia a nobis mala; quorum quinquennium [6 annos] pars magna fuimus. Literas tuas expecto britannicas. Bene vale, rescribe, redi, nostrique memor nos dilige et mutuiter ama.

Die xxma Octobris md. Tenuta a dì 29 et ecchoti et.m n.m

Augustinus Vespuccius tuus tuississimus in Cancellaria

 

 

019

Totto Machiavelli a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 4 novembre 1500

Egregio viro Nicholò Machiavelli.

In Francia.

Jhesus. Al nome di Dio, a dì iiii di novembre 1500.

Frater honorande, etc. Questo è l'anno delle disgratie nostre. Dapoi che morì la Primavera, Giovanni, suo figluolo, è stato per morire; infine appunto [ ... ] può ire. E, per non avere fatto testamento lei, e lui non era anchora [ ... ] di potere testare, la roba se n'andava a choloro. Pure, al presente, el fanciullo è in termine che di questo male non morrà e potrà testare [ ... ] questo mese in che siamo, imperò che finiscie il tempo de' 14 anni, dal quale in là iuridichamente può testare. Aspetterò voi, che doverrete essere di ritorno; e prima che tale tempo, si sarebbe fatto nulla; e però, nel tempo stava chosì grave, non ci parve di fargliene fare. Avisate del vostro parere in questo chaso.

Da' signori passati non s'è potuto trarre danari, né la licemzia vostra, la quale chiesi perché, non potendo trarre un soldo né per lo avenire vedere ordine, parevami fussi un giuocho da farvi di chostà stentare; sì che giudichavo fusse molto meglio tornarsi di qua, dove potevi stare honorevolmente, che stare di chostà chon istento.

Lionardo Guidotti, che in verità s'è dimostro vostro amicho grande e vi stima, el quale è de' Dieci, à fatto ogni opera che voi siate o proveduto di danari o che voi ritorniate, e à più volte sollecitato a' Signori e a' sua chompagni che voi torniate, dicendo che e Dieci ànno necessità di vostra presenzia: il che non v'à fatto pocho d'onore e d'utile, perché è huomo che à credito assai. Infine, voi li siate obrigato per altra chosa, che amchora più è d'importanzia, la quale vi si farà intendere quando sarete di qua. E danari non s'è possuto avere, né si può, se provedimento non si farà; ma la licemzia credo in fra pochi dì sarà.

Né altro. Iddio vi guardi.

Per Totto Machiavelli, in Firenze

 

 

020

Francesco Machiavelli a Niccolò Machiavelli

 

Firenze, 5 novembre 1500

Magnifico viro Nicholò Malchiavelli, oratori florentino apud christianissimam maiestatem. Per da Lione, alla corte.

Al nome d'Iddio, a di v di novembre 1500.

Magnifice orator, etc. Io non voglio per la presente, caro e honorando mio messer Nicholò, innovare el dolore né a voi né a·mme delle perdite abbiamo fatte e voi e·nnoi, ancora la nostra sia suta maggiore per l'esser suta in sexso più nobile, in riserbandomi fallo di bocha, stimando abbia ad esser fra pocho tempo, che assai lo desideriamo, e·ssappiamo fate el medesimo voi. Fovvi per la presente intendere, che, ancora la buona memoria di Giovani Baptista non sia, a·lLione, in casa di Rinieri, vi sono le cose vostre, e·lla Maria massime, che a questa ora debbe esser arrivata là con suo marito Rinieri: sonvi e figliuoli sua; èvi tanta relìqua di bonità e d'amore in detta casa, che sempre tutti e parenti e ancora amici della detta buona memoria saranno con amore, benivolenzia visti e fatto loro ogni commodo e piaceri, e tutto potete usare come cosa vostra. So non v'è di nuovo e a·mme è parso farvi questo verso, avendo massime a mandarvi vostre lettere, che in questa fiano.

El parente di Stiatta Ridolfi, vostro collegha, Francesco della Casa, conprendo sia malato, e detto Stiatta m'à·ppiù volte domandato di lui, dicendo non avere nuove da voi come si stia, e mostra maravigliarsi. Io stimo abbiate fatto vostro debito in ogni cosa, ché so così è vostra natura: ò voluto dirlo, quando sia a·pproposito, ancora sappia ora vostra magnificentia esser verso Nansi, e·llui verso Parigi.

Desidererei, avendo alchuna commodità (che stimo di sì), facessi intendere alla signoria di messer Giulio che io mi racomando a quella e che ogni sua avuta ò dato a tutte buono ricapito; e perché so arà raghuaglio da' sua amici e ancora da Nicholò de' sucessi d'ogni sua cosa, farò sanza tediare sua signoria e ancora me.

Quando vedete Ugholino Marteli, apiacavi racomandarmi a·llui e·ssalutallo per mia parte mille volte.

Questo dì parte Adovardo Buglione, cameriere della maestà christianissima, e spacciato da' nostri signori per il suo ritorno. A·nnoi pare d'avere fatto resoluzione debba essere grata a·ssua maestà, come dal publicho sarete raghuagliato.

E per questa farò sanzza altro dirvi.

Son vostro e·mmi racomando a voi.

Christo vi etc.

Vostro Francesco Malchiavelli, in Firenze

 

 

021

Pier Francesco Tosinghi a Niccolò Machiavelli

 

Moulins, 22 novembre 1500

Nobili et egregio viro Nicolao Malchiavello, mandatario et secretario florentino dignissimo, etc.

Nobilis et egregie vir, tanquam frater etc. Da Lione vi scripsi per mano di Giovan Francesco Martelli, dandovi aviso della arrivata mia lì, et resposi a una vostra trovata qui de' 27 di ottobre; et dixivi come in brevi dì mi invierei per a cotesta volta di corte. Et così feci, che, essendo quivi arrivato a dì xii, mi partii adì 17, et hiersera venni qui a Molins. Dove, volendo questa mattina partire per seguitare il cammino, mi sopraggiunse uno corriere da Lione con le infrascripte lettere indiricte a voi et con l'ordine che io le aprissi, come vedrete. Le quali havendo bene examinate, et parendomi che summa rei consistat in celeritate, et visto di non potere così advolare io respecto a' carriaggi et al sinistro cammino, m'è parso spacciarvi Mathio del Vechio, nostro cavallaio et presente apportatore, con dette lettere, acciò che voi possiate intanto operare secondo la importantia del contenuto loro et secondo la fede nostra in voi. Et, non obstante, io m'ingegnerò di studiare il venire quanto fia possibile. Parendovi, havuto le lettere, di rimandarmi il cavallaio incontro con aviso del luogho dove habbia a incontrare et il re et voi, potete farlo, che credo sarà bene a proposito. Et interim mi raccomandate devotamente alla sua maestà et bene valete. Ex Molinis, die xxii novembris 1500, hora xvi.

Vester Petrus Franciscus Thosinghus, orator

 

 

022

Agostino Vespucci a Niccolò Machiavelli

 

Roma, 16 luglio 1501

Spectabili viro Nicolao domini Bernardi de Maclavellis, secundo Cancellario florentino, secretario honorando. Florentiae.

Spectabilis vir honorande etc. È sul mezo dì et io spiro del gran chaldo è a Roma, et per non dormire fo questi pochi versi et etiam mosso da Raffaello Pulci che si trastulla con le muse. Spesso alle vigne di questi gran maestri et mercanti dice inproviso, et comprendo dica con uno ser Francesco da Puligha di costà, che non so che si faccia a Roma. Et costui a' dì passati fe' uno sonetto per contro a Francesco Cei nostro, che mi pare un poco troppo dishonesto; et ho facto ogni cosa da haverlo scripto, et non ho possuto; et questo ser Francesco non lo ha dato a persona, ma sì bene letto o vero recitato: potendolo havere ve lo manderò. El Pulcio si trastulla, et sempre è in mezo di 4 puttane: con sanctà lo udiamo, et èmmi detto lui havere qualche dubio, che sendo di lui opinione et certeza di esser poeta, et che l'Academia di Roma lo vuole coronare ad sua posta, non vorria venire in qualche pericolo circa pedicationem, perché è qui Pacifico, Phoedro et della altri poeti, qui nisi haberent refugium in asylum nunc huius, nunc illius cardinalis, combusti iam essent.

Evenit etiam che in questi proximi dì in Campo di Fiore fu abrusciata viva una femina, et assai di grado, venitiana, per havere lei pedicato una puttana di xi in 12 anni, che la si teneva in casa, et fattole etiam altro che taccio, per esser troppo dishonesto, et simile alle cose di Nerone romano. Il che etiam conferma detto Raffaello in dovere stare continue per li giardini fra donne et altri simili ad sé, dove con la lyra loro suscitent musam tacentem, diensi piacere et si trastullino. Ma, bone Deus, che pasti fanno loro, secondo intendo, et quantum vini ingurgitant, poi che li hanno poetizato! Vitellio romano et apud hesternos Sardanapalo, si reviviscerent, non ci sarieno per nulla. Hanno li sonatori di varii instrumenti, et con quelle damigelle danzono et saltono in morem Salium vel potius Bacchantium. Honne loro invidia, et mi bisogna rodere la cathena in camera mia, che è ad tecto, chalda, et con qualche tarantola spesse volte, et moro di chaldo, ut vix possim ferie aestum; ché se non fussi uno respecto, il quale sa Biagio, me ne verrei in costà. Voglovi pregare che rispondiate a Raffaello o ad me, et traheteci mattana del capo, ché so lo saprete fare.

El Papa mi pare entrato nel pensatoio in su questo romore de' Turchi, che già risuona forte; et comincia sospirando a dire: « Heu quae me tellus, que me equora possunt / accipere? ». Dupplica le guardie al Palazo dì et nocte, prebet se quibuscumque difficillimum, et tamen animus eius sullaturit et proscripturit in dies magis; ché, omnibus videntibus, ad chi togle la roba, ad chi la vita, et chi manda in exilio, chi in galea ad forza, ad chi togle la casa et mettevi entro qualche marrano: et haec nulla aut levi de causa. Lascia oltre ad questo fare ad di questi baroni et sua amici molti oltraggi, et tòrre roba et votare fondachi, et huiusmodi 1000. Sono qui più venali li beneficai che non sono costì e poponi o qui le cyambelle et acqua. Non si sequita più la Ruota, perché omne ius stat in armis et in questi marrani, adeo che pare necessario il Turcho, poi li Christiani non si muovono ad extirpare questa carogna del consortio humano: ita omnes qui bene sentiunt, uno ore locuntur.

Restavami dire che si nota per qualche uno, che, dal Papa in fuori, che vi ha del continuo il suo greggie illecito, ogni sera xxv femine et più, da l'avemaria ad una hora, sono portate in Palazo, in groppa ad qualche uno, adeo che manifestamente di tutto il Palazo è fattosi postribulo d'ogni spurcitie. Altra nuova non vi voglo dare hora di qua, ma se mi rispondete ve ne darò delle più belle. Ghodete et valete.

Ex Roma, 16 Julii 1501.

Augustinus vester

 

 

023

Ugolino Martelli a Niccolò Machiavelli

 

Lione, 17 luglio 1501

Spectabili viro, messer Nicholò Machiavelli, secretario della excelsa signoria di Firenze.

Ihesus, a dì 17 di luglio 1501.

Messer Nicholò mio carissimo. Io ho avuto a questi dì una vostra de' 4 di questo, tanto chara quanto voi vi sapete, e priegovi ch'alle volte voi mi scriviate, e me ne farete uno grande piaciere, e io farò il simile.

Io ho visto la provisione m'à fatto chotesta excelsa signoria, che di tutto sia ringraziato il buon Ihesus. Voi sapete chome si può estare con il pregio in cortte, non faciendo più ispedizione. Io ho senpre fatto il debito mio verso la patria, e chosl farò senpre, e di quello ho fatto e voi e li altri ne possono esere testimoni, e, pure che le chose piglino sesto, non mi darà noia altro, e voi richorderete dove bixogna che m'è suto fatto tortto.

A il chonlega ho fatto le rachomandazione vostre, e duplichate indrieto ve le rimanda.

Chosì a messer Antonio di Bolonge, il quale à chominciato a scrivervi una lettera, che stimo vi si manderà con questa o con la prima altra, e va in villa. All'usato, Fraschone si rachomanda a voi.

Priegovi mi diate qualche nuova alle volte. Qui non vi saprei che dire, che non si ci fa nulla. Vittorio va a Milano, e stimo pure che li oratori vostri vi debbono esere per andare: qualche chosa di buono sia, se potrà, uno tratto! Mandando qui inbasciadori, fate sieno della sortte ne achostumate. Qui viene li inbasciadori dello arciducha, 5 de' principali. Per ancora de la Mangnia, non ci è nulla, né noi non la stimiàno puntto.

Il reame di Napoli a questa hotta debbe esere ispaciato. Siatemi testimone quanti mesi è che io ve·llo iscrissi che la inpresa si farebbe, e il nostro generale non lo voleva credere.

Giovanni Martelli n'è venuto in costà: fate in modo che li scudi XXXV si risquotino.

Rachomandatemi per tutto dove fa di bixogno, e fate che io vi sia a mentte inne' fatti mia.

Voi non m'avete risposto né sopra al marescial di Giè, né sopra Rubertto: il quale Rubertto è suto trattato alla gianizola, e voi sapete se serve d'amicho.

Né altro per questa. Vostro

Ugolino in Lione

 

 

024

Ugolino Martelli a Niccolò Machiavelli

 

Lione, 12 agosto 1501

Spectabili viro, messer Nicholò Machiavelli, secretario della excelsa signoria di Firenze.

Messer Nicholò mio charisimo. Io ho avuta una vostra de' dì 6 di questo, molta chara; e, quanto alle nuove di Napoli, chome vi scrissi per una mia pichola, noi fumo li primi: di che vi prometto il re à commendato e lodato assai la signoria.

Quanto alle chose di Milano, questa lungeza va troppo in là, e io ne sto con dispiaciere, né posso istimare, per li rischontri ho di qua, che le chose ne piglino sesto. Non sarà se non chome li passati, a mio aviso, cioè a nostro disavantagio. Attendo chon desidèro. Io fo l'ufizio mio, né lascio a dire nulla. Il re mi hode volentieri e alsì mi vede volentieri. Io non lascio a dire nulla. Vedreno che sarà. Voi non ci avete uno amicho, che per Dio avete pure dilegiato Rubertto. Io non sono più per dirlli chazole, che me ne risulta danno e vergognia: pensiero sia poi alla fine vostro; per me non s'è lasciato a ricordare nulla, e, in quello ho potuto, ho aiutato senpre.

La rachomandazione vostra ho fatta a messer Antonio e a messer Fraschone, e tutto homo desiderebbe che voi venisti.

Io n'ò tocho allo inbasciadore, ma non so che mi dire, perché lui vòle lo schanbio suo, che se il re si partte di qui, vi prometto non se ne tornerà con lui.

Io sono tutto vostro, e abbiatemi a mente dove bixogna. Io farò il debito mio, provisto che non vi metti di mio, che [ ? ] ducati non posso fare nulla di buono.

Il chonlega se rachomanda a voi. Né altro per questa. Vostro

Ugolino Martelli in Lione,

a dì 12 d'agosto 1501

 

 

025

Agostino Vespucci a Niccolò Machiavelli

 

Roma, 25 agosto 1501

Spectabili viro Nicolao de Maclavellis secretario, maiora honorando.

Alli Signori Dieci.

                               In Firenze.

Spectabilis vir etc., Nicolò Machiavello mio amantissimo. Sommi spogliato in pitoccho; sarei in giubbone, nisi austrum nocentem per auctumnos corporibus metuerem. Sendo il desiderio vostro di volere intendere utrum la heredità del cardinale di Capua sia restata al Papa o vero instituerit alios haeredes, in risposta vi dico, serio loquens (nam secus fortasse quam claudam istas) il Papa non permettere ad alcuno cardinale che loro faccino herede, immo circa il testamento la vuol vedere molto pel sobtile. Il che testifica il caso del cardinale di Lysbona, quale ne' dì passati, sentendosi grave, non possendo lasciare de' danari che si trovava, che furono 14 mila, ad chi harìa desiderato, più tosto se ne volle spotestare vivente, che il Papa, se mortuo, li havessi ad godere lui. Et chiamando tutta la sua famiglia, a giumelle in sul suo lecto, ad vista, tutti li spartì in dono per li sua di casa; et così rinuntiò tutti li sua beneficii veramente, in modo che non si truova nulla in questo mondo, se non la gratia grande, non solo della sua famiglia, ma di tutta Roma. È dipoi sanato, benché sia vecchio, et hieri parlò con lo ambasciatore, me presente, una hora o più sempre in latino, et constabat sibi in omnibus. Onde il Papa dette l'arcivescovado di Capua che vale vi mila ducati l'anno, al cardinale di Modina, il quale benché sia, overo paia, in gratia del Papa, sborsò 15 mila ducati per la Santità di N. S.; uno altro suo arciveschovado che è in Hispania diè a Monreale, con questo che lasciassi al cardinale da Esti il vescovado di Ferrara. Delli altri beneficij non dico nulla, se non che il Papa (quod pace sua dixerim) ne ha di pretio numerato hauto insino in xxv mila o più, perché era il prefato molto richo. Se volessi intendere quo genere mortis obierit, qui vulgo tenetur che veneno, per esser lui poco amico al gran Vexillifero, ché di simil morte si intende spessissimo in Roma: et omnia ex fonte, nec non ex primo rivo emanant. Habes, puto, plus quam petieras; et però resta che ser Antonio, Biagio, ser Luca, et ser Octaviano faccino quanto mi scrivete.

Circa al Pulcio lo troverrò, et leggerolli la vostra: credo haremo poi materia da respondere et piacevole: è un mal muscione, fa più facti che parole, et non pare quel desso.

Hoggi, benché siamo a dì 25, qui si celebra la festa di san Bartholommeo, et dicesi è per honorare più la festa di san Ludovico re di Francia, che è questo medesmo dì. È in Roma una chiesecta di questo santo, ignobile et che mai più vide 50 persone insieme; et questo anno, per havere facto la invitata l'oratore di Francia a tutti li cardinali, oratori, prelati et baroni di Roma, stamattina vi è stato ogni uno, videlicet 16 cardinali, tutti l'imbasciatori si truovono in Roma, tutti li baroni et altri signori, et tutti stati a la messa che durò 3 hore di lungo. Fuvi la Capella del Papa, che è cosa mirabile; li sua pifferi che ad ogni cardinale arrivando li faceano lor dovere; tutti li trombecti; altri dilicatissimi instrumenti, idest l'armonia papale, che è cosa dulcisona et quasi divina; non so per hora nominare nissuno de' sei instrumenti per nome, di che non credo Boetio facci mentione, quia ex Hispania. Fu etiam ad meza la messa per uno dottissimo huomo recitato una oratione latina, contenente breviter la somma della vita di san Ludovico, dipoi latissime (fatta in transgressu aliqua mentione de regibus Gallorum) della grandeza, sublimità et maestà del presente Re, in cuius virtutibus recensendis, videlicet in dotibus corporis et animi, quantumque adversam fortunam egerit sub pedibus, prosperae vero quam bene moderetur frenis, consummò circa una grossa hora. Et veramente, Nicolò mio, qui è l'arte de l'oratore, perché costui è uno ignobile, et non più visto, né udito circulare o poco; et nondimeno per esser romano è piaciuto più che o il Fedra o il Marso o il Sabellico o el Lappo, che habentur optimi; et ha dimonstro havere auto in primis memoria grande, sapere bene distinguere et aperte narrare; monstrò quantum valeat pronuntiatio, quantum verborum copia et gestus, qui et ipsi voci consentit et animo, cum ea simul paret; ut equidem affirmare ausim, che spessissimo, non solum manus sed notus ipsius harìa dimonstro alli auditori la sua volontà. Et non so come tam feliciter costui mai havessi potuto orare nisi imitatus sit Demosthenem, qui actionem solebat componere grande quoddam speculum intuens. Et lassando la dottrina, la eloquentia, i colori infiniti, molti flosculi et aculei quibus inspersa sua oratio est, illud, mehercule, prestitit, ut sibi conciliaret, persuaderet, moveret, ac denique delectaret. Et in calce orationis tantam eloquentiae procellam effudit, ut omnes admirarentur ac stupescerent; ob que factum est, ut plausus ei quasi theatralis, quamvis in templo, a multis datus sit. Credono molti che, sendo suto alla presentia il Re, che lo harìa facto in quello instanti grande homo apresso di sé.

Una sol' cosa mi resta, che alli dì passati, sendo il Papa in fregola di volere ire a spasso, et sendo in camera del Pappagallo uno circulo di 5 in 6 dotti (ché invero ce ne è assai, benché anche delli scelerati et ignoranti), ragionando et di poesia et astrologia etc., uno di loro fu che dixe esser solo uno a Roma ad chi il Papa prestava fede in astrologia, et costui havere male, et è in miseria et povertà per la gran liberalità di questo principe. Et il Fedra dicendomi costui havere predicto al Papa che sarìa pontefice, sendo ancora cardinale, li mossi che si vorrìa fare qualche procnostico sine auctore, et lasciarselo cadere, et ita factum est. Prima ci partissimo di lì, questi 3 versolini furono facti, videlicet:

 

Praedixi tibi papa, bos, quod esses,

Praedico moriere, hinc abibis

Succedet rota, consequens bubulcum.

 

La rota è insignia di Lysbona, el bubulco è lui. Questo effetto se ne è visto, che mai poi ha ragionato di partirsi, se bene ci è opinione che, se si scuopre il parentado con Ferrara, lui vorrà ire là, et vagare per la Romagna. Vedreno quello seguirà; et se il Valentino tornerà qui, che ce ne è varie opinioni, tornando assai delle sue genti alla sfilata, et etiam havendo mandato Vytellozo a·ffare quello che vorria ragionevolmente poter fare presentialmente da sé. Et venendo la beatitudine del Papa in costà, voi et altri che volessi qualche dispensa o di tòrre o di lasciare la moglera, la harete benignamente, modo gravis aere sit manus. In questo mezo Camerino teme, Urbino fila, perché dubita delle relliquie di casa Sforzescha, et di Piombino non dico nulla. Bene vale et excusatum me habe, se io non vi scrivo lungo, perché non ho tempo. Alias.

Romae, xxva Augusti 1501.

Deditissimus Augustinus

 

 

026

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

 

Lomel, 20 settembre 1501

Spectabili viro Nicolao Maclavello, populi florentini secretario, suo honorando. In palatio florentino.

Niccolò mio honorando. Ad dirvi il vero, io mi rallegrai tutto quando vidi la soprascripta di vostra mano alla lettera di ser Luca, et aprendola rimasi sbeffato; et però non vi scriverrò niente di quello havevo deliberato: né del parlare del vescovo, il quale fu cosa miracolosa, benché breve, perché il cardinale era in faccenda, né del Giamba, né del rubaldo alloggiamento in che noi siamo etc.; et quando voi facciate il debito, io ho da darvi uno mondo di raguagli d'i ragionamenti havuti con questi magnifici oratori et nuovi et vechi. Sì che hora sta a voi.

Bene valete. Ex Lomel, die xx septembris 1501.

Blasius

Io non posso fare non vi dica che la eloquentia et il procedere sanza fare uno minimo errore et il sapere bene entrare in sulle pratiche ci habbi ad giovare poco.

Perché io monstri di essermi adirato, io non sono, perché, scrivendo voi sì lungo allo oratore, siate excusato.

 

027

Niccolò Valori a Niccolò Machiavelli

 

Pistoia, 30 ottobre 1501

Prestanti juveni Nicolao Machiavello secretario dignissimo.

Florentiae.

Carissime tanquam frater. Io ho tanto piacere d'una vostra lettera, quanto di alcuna altra ne potessi havere: non sarò molto lungho per non havere che dirvi et sono straccho. Parlerete con Lanfredino, et benché non possit civitas abscondi supra montem posita, gli ho replicato per più di una mia la fede vostra, et in fra l'altre cose non guardi a quello gli scrivo, che judico sia mancho male fare così, ma a quello gli referirete a bocha, che sono le cose ragionamo. Et di più qui bisongna havere ordine a questi fanti, che non siamo ridotti a 500. Andiamo componendo queste cose di fuori et della città; et ne habiamo, poi partisti, impiccati qualche uno; et così si sono rassettate tutte queste fortezze. A Antonio non ho potuto fare intendere nulla perché è cavalcato in montangnia, ma lo farò subito, ché so gli sarà gratissimo, maxime per lo scrivere vostro amorevole. Et in verità è huomo da bene. Raccomandomi questa a Bernardo che m'importa per una mia causa privata, et se v'avanza mai tengo fateci dua versi. Et raccomandovi senpre a voi. Christo vi guardi. Et vi priegho tocchiate la mano al nostro Juliano Lapi, che è gentile cosa. Iterum sono vostro.

Niccolò Valori in Pistoia

A dì 30 d'ottobre 1501

 

 

028

Luca Antonio degli Albizzi a Niccolò Machiavelli

 

Blès, 24 novembre 1501

Spectabili viro Nicolao Maclavello, secretario florentino, suo carissimo.

Spectabilis vir, etc. Delli 8 del presente furono l'ultime mia; dipoi si ha l'ultime vostre de' 9, ad che non accade altra risposta, se non che dà piacere che la città si ordini al danaio, che non ne sarà poco bisogno; et tanto più me ne rallegro, quanto più cognosco che ogni nostro bene ha ad procedere di costì, et chi starà ad speranza di altri si troverà ingannato, perché per tutto si fonda in aria.

Della pace che advisate, qui non s'è ragionato, et chi l'usa debbe dire quello che fa per lui. Ringratiovi et mi vi raccomando.

Ex Blesis, die 24 novembris MDI.

Lucas Antonius Albitius, orator, etc.

 

Il nostro Ugolino tutto da bene desidera fare quello che vi piaccia.