Frammento d'un'ode alle muse

Alessandro Manzoni (1803?)

 

Nove fanciulle d'immortal bellezza,
Vergini tutte e d'un sol padre nate,
Di diversa vaghezza
M'han preso il cor, che fra lor dubbio stassi,
Né sa qual segua o lassi;
Ché varia è in lor, non disugual, beltate:
Io chiamato le seguo e con lor vivo,
Di lor sol penso ed ho tutt'altro a schivo.
Una sorge tra lor quasi primiera,
Signoreggiando con la regia chioma;
E su la fronte altera
Si legge ben che suo valor l'è conto;
E dal passo e dal pronto
Sguardo e da gli occhi belli, onde si noma,
Manda virtù che doppio effetto figlia,
E amore insieme e reverir consiglia.
Ma il crin disciolto e più negletto il manto
Un'altra porta, e un duolo in fronte ha scolto.
Ed ha su gli occhi un pianto
Tal che letizia fa parer men bella.
Ma ben di Lei sorella
L'accusan gli atti e il portamento e il volto
Che par che dica: io de' miei tristi e negri
Pensier mi godo; alcun non mi rallegri.
Ecco saltante per la sacra riva,
Con pie' securo e con allegra faccia,
Venir la terza Diva,
Bruna la chioma e bruna la pupilla,
Dal cui mover scintilla
L'ira faceta e il riso e la minaccia,
Che del vile nel cor mette paura,
Ed il miglior conforta e rassecura.