Guido Guinizelli

 

Canzoni e Sonetti

 

 

Edizione di riferimento: Guido Guinizzelli: Rime, in Poesie, a cura di Edoardo Sanguineti, Mondadori, Milano 1986

 

 

 


I

 

Tegno de folle 'mpres', a lo ver dire,

chi s'abandona inver' troppo possente,

como gli occhi miei che fér' esmire

incontr' a quelli de la più avenente,

che sol per lor èn vinti                                                               5

senza ch'altre bellezze li dian forza:

ché a ciò far son pinti,

sì come gran baronia di segnore,

quando vuol usar forza,

tutta s'apresta in donarli valore.                                                 10

 

Di sì forte valor lo colpo venne

che gli occhi no'l ritenner di neente,

ma passò dentr' al cor, che lo sostenne

e sentési plagato duramente;

e poi li rendé pace,                                                                   15

sì come troppo agravata cosa,

che more in letto e giace:

ella non mette cura di neente,

ma vassen disdegnosa,

ché si vede alta, bella e avenente.                                              20

 

Ben si tener alta quanto vòle,

ché la plu bella donna è che si trove

ed infra l'altre par lucente sole

e falle disparer a tutte prove:

ché 'n lei èno adornezze,                                                           25

gentilezze, savere e bel parlare

e sovrane bellezze;

tutto valor in lei par che si metta;

posso 'n breve contare:

madonna è de le donne gioia eletta.                                           30

 

Ben è eletta gioia da vedere

quand' apare 'nfra l'altre più adorna,

ché tutta la rivera fa lucere

e ciò che l'è d'incerchio allegro torna;

la notte, s'aparisce,                                                                   35

como lo sol di giorno dà splendore,

così l'aere sclarisce:

onde 'l giorno ne porta grande 'nveggia,

ch'ei solo avea clarore,

ora la notte igualmente 'l pareggia.                                             40

 

Amor m'ha dato a madonna servire:

o vogl'i' o non voglia, così este;

saccio certo ben ragion vedere

como sia caduto a 'ste tempeste:

da lei non ho sembiante                                                             45

ed ella non mi fa vist' amorosa,

per ch' eo divegn' amante,

se non per dritta forza di valore,

che la rende gioiosa;

onde mi piace morir per su' amore.                                           50

 

 

II

 

Madonna, il fino amor ched eo vo porto

mi dona sì gran gioia ed allegranza,

ch'aver mi par d'Amore,

che d'ogni parte m'aduce conforto,

quando mi membra di voi la 'ntendanza,                                    5

a farmi di valore,

a ciò che la natura mia me mina

ad esser di voi, fina,

così distrettamente innamorato

he mai in altro lato                                                                    10

Amor non mi dar fin piagimento:

anzi d'aver m'allegra ogni tormento.

 

Dar allegranza amorosa natura

senz'esser l'omo a dover gioi compire,

inganno mi simiglia:                                                                   15

ch'Amor, quand'è di propïa ventura,

di sua natura adopera il morire,

così gran foco piglia;

ed eo, che son di tale amor sorpriso,

tegnom' a grave miso                                                                20

e non so che natura compire,

se non ch'audit' ho dire

che 'n quello amare è periglioso inganno

che l'omo a far diletta e porta danno.

 

Sottil voglia vi poteria mostrare                                                 25

come di voi m'ha priso amore amaro,

ma ciò dire non voglio,

ché 'n tutte guise vi deggio laudare;

per ch'e' più dispietosa vo'n declaro

se blasmo vo'nde toglio.                                                            30

Fiemi forse men danno a sofferire,

ch'Amor pur fa bandire

che tutta scanoscenza sia in bando,

e che ritrae 'l comando

a l'acusanza di cului c'ha 'l male:                                                35

ma voi non blasmeria; istia, se vale.

 

Madonna, da voi tegno ed ho 'l valore;

questo m'avene, stando voi presente,

che perd' ogni vertute:

ché le cose propinque al lor fattore                                            40

si parten volentero e tostamente

per gire u' son nascute;

da me fanno partut' e vène 'n voi,

là u' son tutte e plui;

e ciò vedemo fare a ciascheduno,                                              45

ch'el si mette 'n comuno

più volenteri tra li assai e boni,

che non stan sol', se 'n ria parte no i poni.

 

In quella parte sotto tramontana

sono li monti de la calamita,                                                      50

che dàn vertud' all'aire

di trar lo ferro; ma perch' è lontana,

vòle di simil petra aver aita

per farl' adoperare,

che si dirizzi l'ago ver' la stella.                                                  55

Ma voi pur sète quella

che possedete i monti del valore,

unde si spande amore;

e già per lontananza non è vano,

ché senz' aita adopera lontano.                                                  60

 

Ahi Deo, non so ch'e' faccia ni 'n qual guisa,

ché ciascun giorno canto a l'avenente,

e 'ntenderme non pare:

ché 'n lei non trovo alcuna bona entisa

und' ardisc' a mandare umilemente                                            65

a lei merzé chiamare;

e saccio ch'ogni saggio e' porto fino

d'Amor che m'ha 'n dimino;

ch'ogni parola che a ciò fòri porto

pare uno corpo morto                                                               70

feruto a la sconfitta del meo core,

che fugge la battaglia u' vince Amore.

 

Madonna, le parole ch'eo vo dico

mostrano che 'n me sïa dismisura

d'ogni forfalsitade;                                                                    75

né 'n voi trova merzé ciò che fatico,

né par ch'Amor possa per me drittura

sor vostra protestade;

né posso onqua sentire unde m'avene,

se non ch'e' penso bene                                                            80

ch'Amor non pori' aver in voi amanza;

e credolo 'n certanza,

ch'elo vo dica: «Te·llo innamorato,

ch'a la fine poi mora disamato».

 

D'ora 'n avanti parto lo cantare                                                 85

da me, ma non l'amare,

e stia ormai in vostra canoscenza

lo don di benvoglienza,

ch'i' credo aver per voi tanto 'narrato:

se ben si paga, molto è l'acquistato.                                           90

 

 

III

 

Donna, l'amor mi sforza

ch'eo vi deggia contare

com' eo so 'nnamorato,

e ciascun giorno inforza

la mia voglia d'amare:                                                                5

pur foss' eo meritato!

Sacciate in veritate

che sì pres' è 'l meo core

di vo', incarnato amore,

ca more di pietate,                                                                    10

e consomar lo faite

in gran foch' e 'n ardore.

 

Nave ch'esce di porto

con vento dolze e piano,

fra mar giunge in altura;                                                             15

poi vèn lo tempo torto,

tempesta e grande affanno

li aduce la ventura;

allor si sforza molto

como possa campare,                                                               20

che non perisca in mare:

così l'amor m'ha colto

e di bon loco tolto

e miso a tempestare.

 

Madonna, audivi dire                                                                25

che 'n aire nasce un foco

per rincontrar di venti;

se non more 'n venire

in nuviloso loco,

arde immantenenti                                                                     30

ciò che dimora loco:

così 'n le nostre voglie

contrar' aire s'accoglie,

unde mi nasce un foco

lo qual s'astingue un poco                                                         35

in lagrime ed in doglie.

 

Grave cos' è servire

signor contra talento

e sperar guiderdone,

e mostrare 'n parere                                                                  40

che sia gioia 'l tormento

contra su' oppinïone.

Donqua si gradire

di me, che voglio ben fare,

e ghirlanda portare                                                                    45

di molto orgoglio ardire:

che s'eo voglio ver dire,

credo pinger l'aire.

 

A pinger l'air son dato,

poi ch'a tal sono adutto:                                                            50

lavoro e non acquisto.

Lasso, ch'eo li fui dato!

Amore a tal m'ha 'dutto,

fra gli altri son più tristo.

O signor Geso Cristo,                                                               55

fu' i' però sol nato

di stare innamorato?

Poi madonna l'ha visto,

megli' è ch'eo mora in quisto:

forse n'avrà peccato.                                                                60

 

 

IV

 

Al cor gentil rempaira sempre amore

come l'ausello in selva a la verdura;

fe' amor anti che gentil core,

né gentil core anti ch'amor, natura:

ch'adesso con' fu 'l sole,                                                            5

sì tosto lo splendore fu lucente,

né fu davanti 'l sole;

e prende amore in gentilezza loco

così propïamente

come calore in clarità di foco.                                                   10

 

Foco d'amore in gentil cor s'aprende

come vertute in petra prezïosa,

che da la stella valor no i discende

anti che 'l sol faccia gentil cosa;

poi che n'ha tratto fòre                                                              15

per sua forza lo sol ciò che li è vile,

stella li dà valore:

così lo cor ch'è fatto da natura

asletto, pur, gentile,

donna a guisa di stella lo 'nnamora.                                            20

 

Amor per tal ragion sta 'n cor gentile

per qual lo foco in cima del doplero:

splendeli al su' diletto, clar, sottile;

no li stari' altra guisa, tant' è fero.

Così prava natura                                                                     25

recontra amor come fa l'aigua il foco

caldo, per la freddura.

Amor in gentil cor prende rivera

per suo consimel loco

com' adamàs del ferro in la minera.                                           30

 

Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno:

vile reman, né 'l sol perde calore;

dis' omo alter: «Gentil per sclatta torno»;

lui semblo al fango, al sol gentil valore:

ché non dar om                                                                 35

che gentilezza sia fòr di coraggio

in degnità d'ere'

sed a vertute non ha gentil core,

com' aigua porta raggio

e 'l ciel riten le stelle e lo splendore.                                           40

 

Splende 'n la 'ntelligenzïa del cielo

Deo crïator più che 'n nostr'occhi 'l sole:

quella intende suo fattor oltra cielo,

e 'l ciel volgiando, a Lui obedir tole,

e consegue, al primero,                                                             45

del giusto Deo beato compimento:

così dor dovria, al vero,

la bella donna, poi che 'n gli occhi splende

del suo gentil talento,

che mai di lei obedir non si disprende.                                       50

 

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,

sïando l'alma mia a Lui davanti.

«Lo ciel passasti e 'nfin a Me venisti

e desti in vano amor Me per semblanti:

ch'a Me conven le laude                                                           55

e a la reina del regname degno,

per cui cessa onne fraude».

Dir Li porò: «Tenne d'angel sembianza

che fosse del Tuo regno;

non me fu fallo, s'eo li posi amanza».                                         60

 

 

V

 

Lo fin pregi' avanzato,

ch'a lo meo cor sarrea,

a ciò come sarrea,

ch'ell' ha ogne valore

inver' me comprovato?                                                             5

Per fin amor sarrea,

ché a dir non sarrea

tutto quanto valore:

per ch'e' non vorrea dire,

perché m'incresce dire,                                                             10

ché non posso 'l meo core

dimostrare finero,

acciò che non finero – la mia vita.

 

Finare mi convene,

ch'e' mi son miso a tale                                                             15

che non dice mai tale,

anzi mi fa orgoglianza;

com' om che pinge bene

colora viso tale

che li conven mal, tale                                                               20

è soffrire orgoglianza:

per che a me convene

soffrir ciò che avene,

ma eo voglio soffrire

tutto le meo penare,                                                                  25

per ch'e' non ho penar – lungia stagione.

 

La sua beltà piagente

e 'l fin amor ch'è puro

inver' me che son puro,

in lei tutt' ha piagenza;                                                               30

regn' a pregio valente

e valor che non pur'ò

dire sì alt' o puro,

tant' ha vera piagenza:

già per cui lo meo core                                                             35

altisce in tal lucore

che si ralluma come

salamandra 'n foco vive,

ché 'n ogne parte vive – lo meo core.

 

D'un'amorosa parte                                                                  40

mi vèn voler ch'è sole,

che inver' me più sòle

che non fa la pantera,

ched usa in una parte

che levantisce sole:                                                                   45

ché di più olor s'ole

su' viso che pantera.

Anche in vo' i' spero

merzé che non dispero,

perch' è 'n voi pïetate,                                                               50

fin pregio, bon volere,

per ch'è a voi voler – lo meo cor pare.

 

Radobla canoscenza

che 'n voi tuttora mira,

ché chïunque vo mira                                                                55

non ha consideranza;

m'avete ben saccenza

che chi voi serve e smira

non fallir, se mira

vostra consideranza:                                                                 60

per ch' eo non arò fallo,

perch' eo dimori 'n fallo,

ch'è già lunga speranza

in voi d'amor ch'eo v'aggio,

ch'e' non credo, s'e' v'aggio, – altro venire.                                65

 

 

VI

 

Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo

che fate quando v'encontro, m'ancide:

Amor m'assale e già non ha reguardo

s'elli face peccato over merzede,                                               4

 

ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo

ched oltre 'n parte lo taglia e divide;

parlar non posso, ché 'n pene io ardo

sì come quelli che sua morte vede.                                            8

 

Per li occhi passa come fa lo trono,

che fer' per la finestra de la torre

e ciò che dentro trova spezza e fende:                                       11

 

remagno como statüa d'ottono,

ove vita né spirto non ricorre,

se non che la figura d'omo rende.                                              14

 

 

VII

 

Vedut' ho la lucente stella diana,

ch'apare anzi che 'l giorno rend' albore,

c'ha preso forma di figura umana;

sovr' ogn' altra me par che dea splendore:                                 4

 

vi so de neve colorato in grana,

occhi lucenti, gai e pien' d'amore;

non credo che nel mondo sia cristiana

sì piena di biltate e di valore.                                                     8

 

Ed io dal suo valor son assalito

con sì fera battaglia di sospiri

ch'avanti a lei de dir non seri' ardito.                                          11

 

Così conoscess' ella i miei disiri!

ché, senza dir, de lei seria servito

per la pietà ch'avrebbe de' martiri.                                             14

 

 

VIII

 

Dolente, lasso, già non m'asecuro,

ché tu m'assali, Amore, e mi combatti:

diritto al tuo rincontro in pie' non duro,

ché mantenente a terra mi dibatti,                                              4

 

come lo trono che fere lo muro

e 'l vento li arbor' per li forti tratti.

Dice lo core agli occhi: «Per voi moro»,

e li occhi dice al cor: «Tu n'hai desfatti».                                    8

 

Apparve luce, che rendé splendore,

che passao per li occhi e 'l cor ferìo,

ond'io ne sono a tal condizïone:                                                 11

 

ciò furo li belli occhi pien' d'amore,

che me feriro al cor d'uno disio

come si fere augello di bolzone.                                                 14

 

 

IX

 

Ch'eo cor avesse, mi potea laudare

avante che di voi foss' amoroso,

ed or è fatto, per tropp' adastare

di voi e di me, fero ed argoglioso:                                              4

 

ché subit'ore me fa isvarïare

di ghiaccio in foco e d'ardente geloso;

tanto m'angoscia 'l prefondo pensare

che sembro vivo e morte v'ho nascoso.                                     8

 

Nascosa morte porto in mia possanza,

e tale nimistate aggio col core

che sempre di battaglia me menaccia;                                        11

 

e chi ne vol aver ferma certanza,

riguardimi, se sa legger d'amore,

ch'i' porto morte scritta ne la faccia.                                          14

 

 

X

 

Io voglio del ver la mia donna laudare

ed asembrarli la rosa e lo giglio:

più che stella dïana splende e pare,

e ciò ch'è lassù bello a lei somiglio.                                            4

 

Verde river' a lei rasembro e l'âre,

tutti color di fior', giano e vermiglio,

oro ed azzurro e ricche gioi per dare:

medesmo Amor per lei rafina meglio.                                        8

 

Passa per via adorna, e sì gentile

ch'abassa orgoglio a cui dona salute,

e fa 'l de nostra se non la crede;                                            11

 

e no·lle apressare om che sia vile;

ancor ve dirò c'ha maggior vertute:

null' om mal pensar fin che la vede.                                       14

 

 

XI

 

Lamentomi di mia disaventura

e d'un contrarïoso distinato,

di me medesmo ch'amo for misura

una donna da cui non sono amato;                                            4

 

e dicemi Isperanza: «Sta' a la dura,

non ti cessar per reo sembiante dato,

ché molto amaro frutto si matura

e diven dolce per lungo aspettato».                                           8

 

Donqua creder vogl' io a la Speranza:

credo che mi consigli lealmente

ch'eo serva a la mia donna con leianza.                                      11

 

Guigliardonato serò grandemente

ben mi rasembra reina di Franza,

poi de l'altre mi pare la più gente.                                              14

 

 

XII

 

Gentil donzella, di pregio nomata,

degna di laude e di tutto onore,

ché par de voi non fu ancora nata

né sì compiuta de tutto valore,                                                   4

 

pare che 'n voi dimori onne fïata

la deïta de l'alto deo d'amore;

de tutto compimento siete ornata

e d'adornezze e di tutto bellore:                                                 8

 

ché 'l vostro viso dà sì gran lumera

che non è donna ch'aggia in sé beltate

ch'a voi davante non s'ascuri in cera;                                         11

 

per voi tutte bellezze so' afinate,

e ciascun fior fiorisce in sua manera

lo giorno quando vo' vi dimostrate.                                            14

 

 

XIII

 

Madonna mia, quel dì ch'Amor consente

ch'i' cangi core, volere o maniera,

o ch'altra donna mi sia più piacente,

tornerà l'acqua in su d'ogni riviera,                                             4

 

il cieco vederà, 'l muto parlente

ed ogni cosa grave fia leggera:

sì forte punto d'amore e possente

fu 'l giorno ch'io vi vidi a la 'mprimiera.                                      8

 

E questo posso dire in veritate:

ch'Amore e stella fermaron volere

ch'io fosse vostro, ed hanlo giudicato;                                       11

 

e se da stella è dato, non crediate

ch'altra cosa mi possa mai piacere,

se Dio non rompe in ciel ciò c'ha firmato.                                  14

 

 

XIV

 

Si sono angoscïoso e pien di doglia

e di molti sospiri e di rancura,

che non posso saver quel che mi voglia

e qual poss' esser mai la mia ventura.                                        4

 

Disnaturato son come la foglia

quand' è caduta de la sua verdura,

e tanto più che m'è secca la scoglia

e la radice de la sua natura:                                                       8

 

sì ch'eo non credo mai poter gioire,

né convertir – la mia disconfortanza

in allegranza – di nessun conforto;                                             11

 

soletto come tortula voi' gire,

solo partir – mia vita in disperanza,

per arroganza – di così gran torto.                                             14

 

 

XV

 

Pur a pensar mi par gran meraviglia

come l'umana gent' è sì smarrita

che largamente questo mondo piglia

com' regnasse così senza finita,                                                 4

 

e 'n adagiarsi ciascun s'assottiglia

come non fusse mai più altra vita:

e poi vène la morte e lo scompiglia,

e tutta sua 'ntenzion li vèn faallita;                                              8

 

e sempre vede l'un l'altro morire

e vede ch'ogni cosa muta stato,

e non si sa 'l meschin om rifrenire;                                             11

 

e però credo solo che 'l peccato

accieca l'omo e sì lo fa finire,

e vive come pecora nel prato.                                                   14

 

 

XVI

 

Fra l'altre pene maggio credo sia

sopporre libertà in altrui voglia:

lo saggio, dico, pensa prima via

di gir, che vada, che non trovi scoglia.                                       4

 

Omo ch'è priso non è 'n sua bailia:

conveneli ubedir, poi n'aggia doglia,

ch'a augel lacciato dibattuta è ria,

che pur lo stringe e di forza lo spoglia.                                       8

 

In pace donqua porti vita e serva

chi da signore alcun merito vòle:

a Dio via più, che volontate chere;                                             11

 

a voi, messer, di regula conserva,

pensate a lo proverbio che dir sòle:

«A bon servente guiderdon non père».                                      14

 

 

XVII

 

Chi vedesse a Lucia un var capuzzo

in tenere, e como li sta gente,

e' non è om de qui 'n terra d'Abruzzo

che non ne 'namorasse coralmente.                                           4

 

Par, sì lorina, figliuola d'un tuzzo

de la Magna o de Franza veramente;

e non se sbatte de serpe mozzo

come fa lo meo core spessamente.                                            8

 

Ah, prender lei a forza, ultra su' grato,

e bagiarli la bocca e 'l bel visaggio

e li occhi suoi, ch'èn due fiamme de foco!                                  11

 

Ma pentomi, però che m'ho pensato

ch'esto fatto poria portar dannaggio

ch'altrui despiaceria forse non poco.                                          14

 

 

XVIII

 

Volvol te levi, vecchia rabbïosa,

e sturbignon te fera in su la testa:

perché dimor' ha' in te tanto nascosa,

che non te vèn ancider la tempesta?                                          4

 

Arco da cielo te mandi angosciosa

saetta che te fenda, e sïa presta:

che se fenisse tua vita noiosa,

avrei, senz' altr' aver, gran gio' e festa.                                       8

 

Ché non fanno lamento li avoltori,

nibbi e corbi a l'alto Dio sovrano,

che lor te renda? Già se' lor ragione.                                         11

 

Ma tant' ha' tu sugose carni e dure,

che non se curano averti tra mano:

però romane, e quest' è la cagione.                                           14

 

 

XIX a

 

Bonagiunta a Guinizzelli.

 

Voi, ch'avete mutata la mainera

de li plagenti ditti de l'amore

de la forma dell'esser là dov'era,

per anvasare ogn'altro trovatore,                                          4

 

avete fatto como la lumera,

ch'a le scure partite dà sprendore,

ma non quine ove luce l'alta spera,

la quale avansa e passa di chiarore.                                      8

 

Così passate voi di sottigliansa,

e non si può trovar chi ben ispogna,

cotant' è iscura vostra parlatura.                                           11

 

Ed è tenuta gran dissimigliansa,

ancor che 'l senno vegna da Bologna,

traier canson per forsa di scrittura.                                       14

 

 

XIX b

 

Guinizzelli a Bonagiunta.

 

Omo ch'è saggio non corre leggero,

ma a passo grada sì com' vol misura:

quand' ha pensato, riten su' pensero

infin a tanto che 'l ver l'asigura.                                                  4

 

Foll' è chi crede sol veder lo vero

e non pensare che altri i pogna cura:

non se dev' omo tener troppo altero,

ma guardar so stato e sua natura.                                         8

 

Volan ausel' per air di straine guise

ed han diversi loro operamenti,

né tutti d'un volar né d'un ardire.                                                11

 

Dëo natura e 'l mondo in grado mise,

e fe' despari senni e intendimenti:

perzò ciò ch'omo pensa non dire.                                         14

 

 

XX a

 

Guizzinelli a Guittone.

 

O caro padre meo, de vostra laude

non bisogna ch'alcun omo se 'mbarchi,

ché 'n vostra mente intrar vizio non aude,

che for de sé vostro saver non l'archi.                                        4

 

A ciascun rëo sì la porta claude,

che, sembr', ha più via che Venezi' ha Marchi;

entr' a' Gaudenti ben vostr' alma gaude,

ch'al me' parer li gaudii han sovralarchi.                                     8

 

Prendete la canzon, la qual io porgo

al saver vostro, che l'aguinchi e cimi,

ch'a voi ciò solo com' a mastr' accorgo,                                    11

 

ch'ell' è congiunta certo a debel' vimi:

però mirate di lei ciascun borgo

per vostra correzion lo vizio limi.                                               14

 

 

XX b

 

Guittone a Guinizzelli.

 

Figlio mio dilettoso, in faccia laude

non con descrezïon, sembrame, m'archi:

lauda sua volonter non saggio l'aude,

se tutto laudator giusto ben marchi;                                           4

               

per che laudar me te non cor me laude,

tutto che laude merti e laude marchi:

laudando sparte bon de valor laude,

legge orrando di saggi e non di Marchi.                                     8

 

Ma se che degno sia figlio m'acorgo,

no amo certo guaire a·tte dicimi,

ché volenteri a la tua lauda accorgo.                                          11

 

La grazia tüa che 'padre' dicimi,

ch'è figlio tale assai pago, corgo,

purché vera sapienzia a·ppoder cimi.                                         14

 

 

XXI

 

Donna, il cantar soave

che per lo petto mi mise la voce

che spegne ciò che nuoce,

pensieri in gioia e gioia in vita m'have.

 

 

XXII

 

Conoscer sé, a voler esser grande,

è sempre il fondamento principale,

e mal diritto sale

colui che crede sé magior che sia;

ché sol questa follia                                                                   5

è quella per che l'uom più ci disvale.